I distretti tecnologici

Realtà che vedono industria privata, enti statali e università uniti sul fronte ricerca, sono una strada obbligata per un paese che vuole crescere e competere sul fronte dell’innovazione

L’allargamento dei mercati che il fenomeno della globalizzazione ha portato
con sé negli ultimi anni, ha fatto sì che si accendessero nuovi riflettori sul
tema dell’innovazione. Se da un lato, infatti, ricerca e sviluppo hanno da
sempre in un certo senso rappresentato il cuore del motore economico e
produttivo dei paesi avanzati, oggi nella nuova competizione con i mercati dei
paesi asiatici ed emergenti esse giocano un nuovo ruolo, se vogliamo ancora più
fondamentale e decisivo. Per affrontare questa nuova sfida che vede, nel
rilancio e nell’innovazione del sistema produttivo, la carta vincente dei paesi
industrializzati, il modello che maggiormente si è andato affermando a livello
internazionale, è quello dei Distretti tecnologici: ovvero di realtà che mettano
insieme stato, ricerca universitaria e industria con il preciso scopo di
innovare.


Con questa inchiesta Linea Edp ha voluto fotografare la situazione del
fenomeno in Italia, per capire in che direzione ci si sta muovendo, quali
obiettivi siano stati raggiunti, con quali difficoltà, e soprattutto quali siano
le prospettive e le visioni degli attori coinvolti, nel medio e nel lungo
periodo. Per avere un quadro dello stato dell’arte, sono stati coinvolti due tra
i più avanzati distretti: Veneto Nanotech e Torino Wireless, il Miur, il Cefriel
(Consorzio per la Formazione e la Ricerca in Ingegneria dell’Informazione)
struttura realizzata dal Politecnico di Milano e dalla Regione Lombardia insieme
ad alcune tra le principali aziende operanti nel settore dell’It sul territorio
lombardo, e Tecnalia, un’associazione nata con l’intento di riunire
professionalità legate alle nuove tecnologie dell’informazione, sotto l’egida di
un progetto di sviluppo che vede l’aggregazione di queste figure come vero e
proprio hub di opportunità. «Competiamo ormai in un settore globale – ha detto
Alessandro Musumeci, direttore generale dei servizi informativi del Miur – dove
esistono diversi player, non solo rappresentati da Stati Uniti ed Europa, ma
anche da Cina, India e Brasile. In futuro ce ne saranno sempre di più e
lavoreranno tutti per innovare». Secondo Musumeci, quindi, è necessario
perseguire l’eccellenza: premiare il meglio, perché è proprio quest’ultimo che
si dovrà confrontare su scala internazionale.


Della stessa opinione è anche Alfonso Fuggetta, amministratore delegato del
Cefriel, il quale è convinto che in questa sfida al rilancio delle produzioni
del Made in Italy, l’Ict e le nuove tecnologie possano giocare un ruolo
importante non solo dal punto di vista del miglioramento dei processi, ma anche
e soprattutto nel miglioramento e nell’innovazione dei prodotti. Secondo
Fuggetta l’Ict permette di innovare al tempo stesso, sia i prodotti di settore,
sia quelli che fanno parte di categorie invece anche molto lontane dal mondo
tecnologico, o della produzione materiale nel senso stretto del termine, come ad
esempio quelli del settore tessile o alimentare. Inglobata nei prodotti,
infatti, la tecnologia non rappresenta più unicamente uno strumento per
l’enhancement dei processi, bensì è in grado di innovare i prodotti fornendo un
valore aggiunto decisivo, una sorta di “intelligenza” in grado inoltre di
abilitare una serie di servizi legati agli oggetti. «Il nostro sistema
industriale – ha spiegato l’amministratore delegato del Cefriel – deve
rilanciare le proprie attività di produzione nel senso più ampio del termine,
mettendo sul mercato entità che abbiano un valore e che possano essere vendute
ed esportate, e che ci permettano di competere con gli altri paesi».


Secondo Fuggetta oggi questo valore può essere rappresentato ad esempio,
anche dalla formula di una molecola biochimica, che pur essendo qualcosa di
immateriale, ha però un valore per i nostri interlocutori internazionali. Siamo
forti consumatori, e se non poniamo la dovuta attenzione al rilancio di questa
attività di produzione di valore secondo questa nuova accezione del termine, la
domanda che si pone Fuggetta è: «Nel lungo periodo come pagheremo il petrolio,
le auto o l’elettronica che comperiamo da tutti i paesi del mondo?».

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