I distretti italiani evolvono per uscire dalla crisi

Lo dice il secondo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani, che ha analizzato 101 distretti per un totale di 286.000 aziende. Ne è emerso che le imprese hanno saputo reagire alla crisi mettendo in atto importanti trasformazioni organizzative.

I distretti italiani nel 2010 hanno saputo reagire alla crisi e i
dati sull’ export evidenziano un’importante accelerazione che riguarda in
maniera trasversale tutti i comparti. E per il 2011 le imprese
distrettuali prevedono aumenti di produzione e di vendite, a fronte di
investimenti in crescita.

Questi sono alcuni dei dati emersi dal 2° Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti
Italiani, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento 101 distretti (9 in più
rispetto al 2010). Di questi, il 38% ha interessato il settore
tessile-abbigliamento, il 22% l’arredo-casa, il 12% l’agroalimentare, il 26%
l’automazione e metalmeccanica, il 2% la cartotecnica-poligrafici e l’1% la
cultura.

Le imprese operanti nei distretti dell’Osservatorio sono
circa 286.000, occupano 1,57 milioni di addetti, pari al 9% del totale delle
imprese manifatturiere, con una dimensione prevalentemente piccola (il 98,3%
non supera i 49 addetti, mentre l’85,5% non va oltre i 9 addetti) e realizzano
un export pari a 75 miliardi di euro.

Ma ciò che emerge da questo
rapporto è l’evoluzione che stanno attraversando i distretti, caratterizzata da
importanti trasformazioni organizzative realizzate dalle aziende. In primo
luogo, la dimensione media delle imprese localizzate nei distretti tende ad
aumentare ed è superiore rispetto alla media nazionale. In particolare, nel
Nord-Est, dove maggiore è l’intensità dei distretti, le aziende grandi (con più
di 50 milioni di fatturato) sono pari al doppio di quelle piccole (con meno di
10 milioni di fatturato). Alla luce di questa nuova realtà, si registra però una
forte dispersione dei risultati delle imprese distrettuali. Le aziende migliori
crescono sempre di più, mentre quelle marginali rischiano la chiusura. La
differenza tra i due “poli” è determinata dalle strategie applicate: le imprese
che registrano performance brillanti di bilancio sono quelle che, oltre a
puntare sulla qualità di prodotto e sull’affermazione del marchio, hanno
orientato gli investimenti sul controllo diretto dei canali distributivi,
soprattutto all’estero.

Il 2° Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti
Italiani, grazie a un sondaggio tra le aziende condotto da Banca
d’Italia nell’autunno del 2010 e ai dati economici-finanziari forniti da Intesa
Sanpaolo, ha evidenziato inoltre che le imprese distrettuali che hanno
registrato un incremento del fatturato nei primi nove mesi del 2010 superano
quelle che hanno accusato un calo (il saldo tra le risposte è di circa il 20%).

Oltre a ciò, un’indagine condotta
dal Centro Studi di Unioncamere su un campione di 1.500 aziende sottolinea che nel
2010 il 34,3% delle imprese ha registrato un incremento del fatturato rispetto
al 2009 (era il 4% l’anno precedente), mentre quelle che hanno registrato un
calo di fatturato sono state il 19,3%. Per il 2011 le imprese che prevedono un
incremento del fatturato sono il 24%, il 69% indica una tenuta dei livelli
raggiunti nel 2010 e soltanto il 7% una diminuzione.

Nell’indagine di Unioncamere
l’occupazione resta, invece, l’aspetto più problematico e preoccupante: se nel
2010 il 12% delle aziende dichiara di
avere
aumentato il numero di occupati contro il 28% che, invece, ha registrato
una sensibile diminuzione, per il 2011 soltanto il 5,8% prevede un incremento
degli occupati contro un 13,4% che dichiara l’intenzione di diminuire
sensibilmente il personale (l’80,9% dovrebbe mantenere inalterato il livello
occupazionale).
Il nodo dell’occupazione, secondo gli intervistati, va risolto in modo rapido,
forse con azioni organiche distretto per distretto, che non si limitino solo al
ricorso agli ammortizzatori sociali ma che contemplino forme di
riqualificazione e reinserimento della forza lavoro manifatturiera, anche non
necessariamente nello stesso settore.

Lo scorso anno è stato caratterizzato anche da un ritrovato
slancio delle esportazioni dei distretti, con un’importante accelerazione nel
secondo e nel terzo trimestre.

In particolare, le
esportazioni dei 101 distretti nel periodo gennaio-settembre 2010 sono
cresciute del 10,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il
settore della meccanica torna a spingere, con un incremento del 14,9%, seguito
dall’abbigliamento-moda, protagonista di un buon recupero, tanto che è cresciuto
del 10,8%. L’export dei distretti dell’arredo-casa, a sua volta, è salito del
5,8%, quello dei distretti dell’alimentare-vini del 4,7% e, infine, quello dei
distretti hi-tech del 7,4%. Non sono più, dunque, solo i settori alimentare e
hi-tech a controbattere la crisi, bensì tutti i comparti dell’eccellenza
manifatturiera italiana. Tra i distretti con la crescita export maggiore
si segnalano quello delle macchine industriali di Treviso (+43,1%), quello
degli articoli in gomma e plastica di Bergamo (+40,8%), quello conciario di
Santa Croce Santa sull’Arno (+36,3%).

Per la prima
volta, dopo diversi anni, i distretti industriali hanno mostrato tassi di
crescita superiori a quelli di aree non distrettuali (+16% contro 15,6%).
Spicca, in particolare, il boom dell’export in Cina, dove i distretti hanno
ottenuto performance di gran lunga migliori rispetto ai già buoni risultati del
manifatturiero italiano (+81,6% contro +48,8%). E’ quindi salito ulteriormente
il ruolo assunto dal mercato cinese: Cina e Hong Kong insieme si collocano ora
al settimo posto nel ranking dei principali sbocchi commerciali e assorbono il
4,8% dell’export distrettuale.

In base a
un’indagine del Centro Studi di Unioncamere, per il 2° Rapporto
dell’Osservatorio Nazionale Distretti Italiani, anche le previsioni 2011
dell’export sono confortanti: il 30,6% delle imprese prevede un ulteriore
incremento, il 64,5% nessuna variazione e soltanto il 4,9% una diminuzione. Dalle
interviste effettuate dal Censis per il 2° Rapporto dell’Osservatorio Nazionale
Distretti Italiani. Interviste che hanno interessato 49 imprenditori dei
distretti e 52 testimoni privilegiati operanti in una struttura intermedia
(associazione di categoria, organizzazione sindacale, Camera di commercio)
all’interno dei distretti.

Ebbene, il 58% degli intervistati ha dichiarato che
il loro distretto è in una fase di ridimensionamento, contrassegnata ancora
dalla flessione del fatturato delle principali imprese, da perdite in termini
occupazionali e da difficoltà sui mercati esteri. Il 20% del campione ritiene
che il distretto abbia recuperato le posizioni perse a causa della crisi, il 5%
indica addirittura una fase di crescita e il 18% è convinto che, nonostante
tutto, il distretto abbia mantenuto le proprie posizioni. Ancora più incoraggiante
è il quadro relativo alle sole aziende. Solo il 24% parla di ciclo
congiunturale ancora negativo (era il 35% nel 2009), mentre il 20% si trova in
una situazione di stazionarietà, dunque in una condizione di sostanziale tenuta
delle proprie posizioni; il 29%, invece, è in una fase di consolidamento e
quindi di lento rafforzamento delle proprie attività e, infine, il 27% ha detto
di essere in ripresa e crescita.

Più di un quarto delle imprese
contattate dal Censis fa presente di essere in una fase di netta ripresa del
giro d’affari (era appena il 10% alla fine del 2009).

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