I 7 errori dell’email marketing

Le regole da osservare per non buttare tempo e denaro. Tratte dal libro “Email marketing di Gorni e Maglio

I sette consigli sono tratti da “Email Marketing”, il libro di Nazzareno Gorni e Marco Maglio che hanno sintetizzato così gli errori più comuni della comunicazione attraverso l’email.



1) Non avere il consenso preventivo
Inviare in modo massivo messaggi a utenti che non si sono iscritti volontariamente e in modo verificabile, significa fare spam. Non importa quale che sia il contenuto del messaggio o la rilevanza ipotetica per il destinatario: si tratterà comunque di una pessima figura che non potrà che avere effetti negativi sulla reputazione, rispettabilità, immagine, deliverability e ovviamente efficacia del messaggio.



2) Non effettuare dei test di invio
Gli errori più banali si possono evitare semplicemente dedicando 10 minuti in più nell’eseguire una prova di invio verso indirizzi di prova, meglio se verso altre persone. Per chi opera nel settore b2c è fortemente consigliato provare un invio verso i principali portali di posta (Hotmail, Gmail, Yahoo!, Virgilio…). Si raccomanda in particolare di provare i link, la presenza di immagini e gli errori di ortografia.


Nei casi più evoluti si provano invii con piccole varianti (ad esempio nell’oggetto) su un campione ristretto di destinatari, per verificare sul campo il più efficace. Questa pratica è chiamata A/B testing o test multivariato.



3) Sottovalutare l’oggetto e il mittente
La chiave del successo risiede in due elementi che spesso sono sottovalutati. La coppia oggetto/mittente infatti sono determinanti nella decisione dell’utente di aprire o no il nostro messaggio. Dobbiamo essere prima di tutto riconosciuti da tutti i destinatari (quindi mai cambiare il mittente) e occorre proporre un contenuto già interessante nell’oggetto.


Presentandosi con “Newsletter di Settembre” risulterà sempre meno efficace di un “I 7 modi migliori per inviare email”. Niente trucchi: la coerenza tra oggetto e testo del messaggio è inoltre fondamentale se non si vuole perdere rapidamente la fiducia dei destinatari.



4) Gestire male le cancellazioni
Il messaggio finisce nello spam? Non sempre la colpa è del sistema utilizzato per spedire. Senza procedure di cancellazioni automatiche (con massimo 2 click, senza invio di email o necessità di digitare alcunchè) il rischio è che l’utente trovi più comodo altre strade: cliccare sul bottone “spam”, bloccare il mittente…


Queste azioni, se ripetute da più destinatari, possono compromettere in modo grave la reputazione del mittente, che improvvisamente vedrà i propri messaggi finire nella cartella della posta indesiderata, o peggio bloccati a monte dai server antispam.



5) Improvvisarsi grafici
Preparare un messaggio email non è come scrivere un documento word, e neppure come preparare una pagina html di un sito web. Vi sono alcune particolarità che possono condizionare fortemente il successo di una campagna, una checklist degli elementi critici da verificare è disponibile qui: Come creare email html.


Una grafica improvvisata viene subito riconosciuta dai destinatari più sensibili ed evoluti, oltre che rischiare deformazioni al limite dell’illeggibilità se consultata su un client di posta diverso da quello del mittente. L’impaginazione è fondamentale: non dare per scontato che il messaggio venga letto integralmente, che venga capito e che l’utente sappia di cosa stiamo parlando e cosa ci aspettiamo da lui.


L’eventuale azione richiesta deve essere ben evidente e spiegata, non associata ad immagini ma a testo. Relegare infatti il contenuto più importante alla sola forma grafica (cioè un’immagine), significa rinunciare a priori a tutti quei destinatari che leggeranno il messaggio senza scaricare le immagini (vuoi perché bloccate dal client, vuoi perché di fretta, vuoi perché il messaggio è aperto da un telefonino…).



6) Ignorare i report statistici
Non basta disporre di tool statistici evoluti, occorre anche avere la pazienza di leggerli, analizzarli, confrontarli per capire dove si può migliorare. Ogni indicatore ha significati importanti: il tasso di apertura è legato alla frequenza di invio, alla coppia oggetto/mittente e alla capacità di sviluppare nel tempo una relazione. Il tasso di click (pesato sulle aperture) è invece un ottimo indicatore della qualità del messaggio e della nostra “call-to-action”, nonché della rilevanza del messaggio rispetto alla lista di destinazione.


Altri tassi come il tasso di email recapitate e di disiscrizione sono utili per capire la qualità della lista e delle nostre comunicazioni. Confrontando le variazioni nel tempo, di questi indicatori si possono anticipare criticità, profilare i destinatari, scoprire le frequenze migliori e monitorare la percentuale di utenti “attivi” su quelli che invece ignorano i nostri messaggi.



7) Inviare in modo artigianale
Senza un sistema di invio professionale, la probabilità di andare incontro a scarsi risultati si moltiplica, solo per il fatto che una percentuale che può superare tranquillamente il 50% dei destinatari, semplicemente il messaggio non lo riceverà mai. Un’analisi delle statistiche e dei messaggi di errore, oltre che ovviamente a qualche test sui sistemi di posta e antispam più diffusi, non potrà che confermare questo fenomeno.


L’invio in copia nascosta (Ccn) infatti, oltre ad essere estremamente macchinoso, lento, a rischio di errore, denota una scarsa serietà da parte del mittente, una scarsa attenzione da parte del destinatario che si vede recapitato un messaggio chiaramente “massivo” e non personalizzato, tipico tra l’altro degli spammer di prima generazione.


Senza opportuni accorgimenti tecnici (Spf, open relay, Dkim, Ptr inverso, Ip statico con buona reputazione, header ben formati, bilanciamento del carico, consistenza degli invii nel tempo, configurazioni particolari in base ai server di destinazione, feedback loop sottoscritti, list-unsubscribe header, la gestione degli hard bounce…) non si può pensare di riuscire a competere con i filtri antispam che ogni giorno sono più competitivi nell’arginare lo spam.


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