Hillary o Marco? Big Data, Big Money

L’elezione della persona più importante del mondo, in programma l’anno prossimo, è dal 2006 una guerra le cui battaglie economiche si combattono on-line. E’ interessante  raccogliere spunti anche da questo punto di vista.
Dan Siroker, già direttore degli analytics per Obama nel 2008, è stato intervistato da Emily Chang su Bloomberg Tv sull’uso dei big data nelle attuali campagne presidenziali statunitensi per le elezioni del 2016. Senza nessuna sorpresa, ma ricco di spunti, il successo dei big data nel fundraising.
HIllary CLintonNon è morta la tradizionale raccolta con cene ed incontri in hotel la cui partecipazione costa parecchio ai singoli partecipanti, ma sta salendo moltissimo l’impatto sui websites con piccole donazioni, amplificate da un continuo A/B testing: “se hai dato dieci dollari, allora devi avere risposte diverse da chi ne ha dati migliaia”.
“Marco Rubio ha una strategia molto intelligente”, dice Siroker; “non lo dice esplicitamente, ma Rubio ha esperienza dal fratello e dal padre su come raccogliere denaro, determinando le aree nelle quali hanno maggior impatto”.
L’esperienza del 2008, che vide Obama contro Hillary Rodham Clinton, fu proprio il rapporto tra raccolta tradizionale e raccolta on-line. Nel primo trimestre Hillary era leggermente sopra nella raccolta tradizionale, ma successivamente Obama ebbe ottimi risultati sul web laddove Hillary non raccoglieva nulla.
marco rubioOggi Hillary potrebbbe avere entrambi i canali, tradizionale e innovativo”, afferma Dan, che quindi non si sbilancia, avendo dato un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Possono i big data diventare big money? Chiede Emily. “Nel 2008 il nostro staff fu piccolo, appena 8 persone”, ricorda Dan, mentre “nel 2012 Obama e Rooney investirono con dozzine di addetti”. Ma per avere soldi, ovvero big bucks, dai big data, basta un big staff? La risposta è no. “Ci vuole creatività con idee da verificare sul campo in tempo reale”, spiega Siroker.

Big Data e Good Data
Parlando di big data conviene ricordare sempre l’importanza della qualità dei dati e della loro validità nei campi di applicazione.
Spesso le aziende si convincono di avere dati validi e analisi corrette, ma in genere non è così”, dice Stuart Evans, Cto di Invu. L’acquisizione di dati provenienti da molti luoghi diversi -email, moduli e dati manuali- è fonte di disomogeneità che causano errori di analisi, quindi nelle decisioni. Inoltre spesso non c’è coscienza su quali siano i dati corretti da analizzare, e se ne rilevano di irrilevanti.
Catturare i dati giusti significa, ad esempio, che i dati restano rappresentativi se l’analisi viene fatta su sei mesi, un anno o un intervallo più lungo. Si tratta di indicazioni valide anche per le presidenziali.

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