Grazia Neri: il digitale rivoluziona le agenzie

Una delle principali necessità è l’ottimizzazione degli archivi

Gestire in “catena di montaggio” gli scatti
fotografici. È questa l’esigenza delle agenzie fotografiche e fotogiornalistiche
che stanno vivendo sulla loro pelle la stessa rivoluzione che tocca da vicino i
fotografi, meglio conosciuta come passaggio dall’analogico al digitale.
«Rivoluzione è proprio il termine adatto» conferma Giovanni
Picchi, responsabile del settore digitale
di una fra le principali
agenzie fotogiornalistiche del pianeta: la milanese Grazia Neri.
Reseller
Business lo ha intervistato per capire quali sono i profondi mutamenti in atto,
nonché le esigenze dei vari operatori del settore.

Come sta cambiando, nell’era del digitale, la
complessa attività della vostra agenzia?
La prepotente affermazione del
digitale ha stravolto il nostro lavoro. La cosa risale a circa due anni e mezzo
fa, quando abbiamo iniziato a organizzarci con una intranet aziendale. Grande
attenzione è stata dedicata all’aggiornamento della rete, e da allora siamo
impegnati in continui upgrade. La ristrutturazione della rete di comunicazione
ha rappresentato un passo necessario, in quanto una delle logiche priorità di
un’agenzia è la massima velocità possibile nella trasmissione di dati o, meglio,
di immagini che diventano sempre più pesanti. Passo necessario, dunque, ed
estremamente impegnativo, poiché riorganizzare e collegare tutti i reparti,
ossia le postazioni di 40 dipendenti (più 10 addetti alla vendita), in un
edificio dallo scheletro strano e complesso come questo, non ha certo
rappresentato un momento semplice nei 35 anni di vita dell’agenzia Grazia
Neri.
Così a poco a poco sta cambiando tutto: mentre otto anni fa ricevevamo
immagini per via telematica, utilizzando strumenti come il classico telefax, ora
i sistemi si sono assolutamente  evoluti.

Ovvero?
Ormai si ragiona in termini di
file, di byte, di pixel, in ogni caso di supporti non più fisici. La
trasmissione non richiede più di partire dall’immagine stampata, poiché lo
scatto diventa immagine elettronica, viene processato e memorizzato tramite un
qualche tipo di chip, e può dunque essere trasmesso attraverso i nuovi canali di
comunicazione.

Qual è il settore che subisce i maggiori
cambiamenti all’interno dell’agenzia?
Certamente la parte relativa
all’archiviazione. Il metodo cambia enormemente, il supporto fisico diventa
l’hard disk e scaffali pieni di diapositive possono essere immagazzinati in
pochi metri quadri. Scaffali che, in ogni caso, continuano a esistere, poiché
l’archivio digitale deve convivere (e dovrà essere così ancora per molto tempo)
con quello analogico, costituito da decenni di immagini.

Quali sono gli investimenti tecnologici più
rilevanti che l’agenzia ha dovuto effettuare?
Rete e connettività sono
gli investimenti prioritari, anche per quanto riguarda i costi: abbiamo bisogno
di linee sempre più potenti, in termini di capienza e velocità. L’acquisto dei
computer può essere effettuato con scadenze più lunghe: ciò che conta è
l’adattamento degli hard disk, sempre più grossi a fronte di una crescente
pesantezza delle immagini. In generale, dunque, le spese sono difficilmente
quantificabili, considerando proprio l’impegno necessario ai vari aggiornamenti
dell’infrastruttura.

Come cambia il lavoro dei vostri fornitori, i
fotografi? E in che percentuale i professionisti si stanno convertendo al
digitale?

Una parte di fotografi continua a operare in maniera
analogica, ma è altissima la percentuale di coloro che passano al digitale. E il
modo di operare cambia profondamente, non solo nella tecnica: sempre più spesso
il fotografo si evolve al ruolo di piccolo imprenditore, svolgendo funzioni che
prima erano di dominio assoluto dell’agenzia, dall’archiviazione alla promozione
delle immagini. Oggi il digitale offre maggiore consapevolezza rispetto a un
anno fa: come sappiamo, un lasso di tempo relativamente breve per la normale
attività di una piccola impresa; estremamente lungo, invece, per il progresso
delle tecnologie informatiche. Potrei azzardare nel valore dell’85 per cento la
quantità di fotografi che sono passati al digitale, ma la percentuale aumenterà
a breve, poiché il processo innovativo coinvolgerà tutti quanti, volenti o
nolenti.

Nascerà una nuova categoria di fotografi, con
un più solido background informatico piuttosto che chimico?
Sta già
succedendo. Basti pensare al G8 di Genova, il cui – drammatico – svolgersi è
stato coperto soprattutto grazie alle fotografie e alle riprese video effettuate
dai dimostranti, amatori che a buon diritto si presentano alla porta del
professionismo in virtù della consacrazione dei media. La strada per diventare
fotografi oggi è resa facile dalla disponibilità sul mercato di apparecchi dai
prezzi sempre più ridotti e dalla qualità sempre più elevata.

Quali sono i settori di maggiore applicazione
della fotografia digitale?
Le nuove tecnologie si sono saldamente
affermate nel fotogiornalismo; con la guerra in Afghanistan ci sono state
inviate milioni e milioni di immagini. Poi c’è la fotografia sportiva, un
settore in cui da sempre l’innovazione è molto ricercata.
È l’editoria in
generale a offrire spazi sempre maggiori: ormai, infatti, diverse copertine di
giornali sono realizzate utilizzando immagini digitali. Un altro discorso vale
per la realizzazione di campagne pubblicitarie, manifesti e via dicendo: lavori
per la cui realizzazione viene preferito ancora il procedimento analogico,
essendo la qualità e non la rapidità ad avere importanza.

Quali sono
i software utilizzati in agenzia?
L’infrastruttura è composta da circa
50 macchine Apple. I pc Windows, invece, vengono impiegati nei reparti
contabilità e amministrazione. Il software più utilizzato per l’elaborazione
delle immagini è Adobe Photoshop, nelle sue varie versioni. Da sempre, per
l’archiviazione delle immagini utilizziamo Ajaris di Orkis, mentre per la parte
gestionale (videoscrittura, fogli calcolo e via dicendo), utilizziamo la suite
Microsoft Office. L’archivio delle foto in alta risoluzione di nostra
distribuzione ha ormai oltrepassato quota centomila. Circa sette milioni sono
invece “soltanto” le immagini gestite su Web, quelle cioè che stanno sui server
delle agenzie straniere come Sygma, Camera Press, Corbis, Seven, da noi
rappresentate in Italia.

Quali sono gli applicativi più utilizzati dai
fotografi?
Ancora Photoshop per elaborazione, ritocco e via dicendo. Per
quanto riguarda l’archivio e, in generale, la gestione delle immagini, mi sembra
che abbia una buona diffusione Photobase di Photoware (sistema multimediale di
database management, information retrieval e delivery multicanale per la
gestione digitale di archivi fotografici e di centri di media
brokering).

Quali sono le maggiori difficoltà che
un’agenzia fotografica incontra nell’era del digitale?
Abbiamo già
parlato della necessità di adeguare le proprie infrastrutture, opera che a volte
può rivelarsi molto faticosa. Anche la convivenza fra analogico e digitale
all’interno dei nostri locali, e intendo in termini di “banale” spazio fisico
per l’archiviazione, è difficile. Inoltre, molti fotografi stanno prendendo
l’abitudine di inviarci le loro immagini su cd, che necessitano dunque di un
terzo metodo di archiviazione, sia analogico, sia digitale. Siamo sommersi dai
cd, e la soluzione è ancora lontana…
Ma ci sono anche delle difficoltà
legate alla professionalità: probabilmente tocca alle agenzie, per prime,
spingere sulla foto digitale, sul cambio di mentalità dei direttori delle
riviste, che ancora preferiscono visionare foto stampate anziché prendere in
considerazione i cd rom che arrivano sulla loro scrivania, oppure degli art
director che non riescono ad abbandonare il tavolo luminoso. La soluzione?
Forse, più semplicemente, arriverà con un cambio generazionale…

Come le piacerebbe che si evolvesse la
fotografia digitale?
Recuperando alcuni valori propri della foto
chimica. Per esempio, dedicando maggiore attenzione al concetto di “originale”:
il supporto fisico, stampa o diapositiva che sia, lascia il posto ai pixel;
l’immagine rischia di perdere idealmente la sua unicità, considerando la
facilità con cui da un file si può ottenere sempre lo stesso risultato, ripetuto
nel tempo, quasi spersonalizzando l’opera creativa del fotografo. Anche per
questo, probabilmente, sta aumentando il numero di professionisti che
preferiscono evitare la compressione delle proprie immagini, per dare loro
qualità e valore (e, in tutti sensi, “peso”…), anche se su di un supporto
assolutamente diverso.
La selezione naturale del mercato premierà, ancora
una volta, i fotografi più validi: quelli che, una volta acquisita la padronanza
della tecnica e della gestione dei nuovi processi, sapranno sfruttare al meglio
la propria creatività, l’esperienza, nonché le proprie capacità imprenditoriali.
Offrendo così quella qualità che servirà anche alle stesse riviste per
sopravvivere sul mercato.  

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome