Gli alberghi italiani pagano la crisi del turismo

Neppure il calo dei prezzi riesce a compensare le difficoltà del settore, che ha chiuso il 2008 con una flessione dell’8,2%

La crisi economica mondiale non ha risparmiato l’industria turistica italiana: il comparto, che vale circa il 10% del Pil italiano, sta attraversando un periodo di grandi difficoltà, come ha evidenziato l’indagine condotta dall’Osservatorio di Confindustria Aica (Associazione italiana compagnie alberghiere). Nei primi otto mesi del 2009 il livello di occupazione delle strutture alberghiere (ovvero il numero di camere effettivamente assegnate ai clienti) è infatti sceso al 54,8%, contro il 60,5% del 2008 (-5,7%). In particolare, ad eccezione del mese di agosto, in cui l’occupazione ha registrato un aumento di 0,6 punti percentuali, tutti gli altri mesi sono stati peggiori rispetto al 2008. Molto negativo è stato il primo bimestre del 2009, quando si è osservato un calo dell’8,3% nel mese di gennaio e dell’8,6% a febbraio.

La caduta dei margini
La mossa automatica degli albergatori italiani per contenere la flessione è stata quella di adottare una politica di taglio dei prezzi, decisione che ha però comportato una consistente diminuzione dei margini per gli hotel. Il ricavo medio per camera occupata è infatti sceso a 123,16 euro, contro i 137,30 euro dell’analogo periodo 2008 (-10,29%). Di conseguenza anche il RevPar (fatturato generato per camera disponibile) nei primi otto mesi dell’anno si è attestato a 67 euro, in flessione del 18,67% rispetto al 2008, che pure era stato un anno in cui gli effetti della crisi avevano già iniziato a farsi sentire. Secondo i dati provvisori Istat relativi all’indagine “Capacità e movimento degli esercizi ricettivi” (definizione che include strutture alberghiere e anche case in affitto), nel 2008 gli arrivi in Italia erano infatti stati pari a 93,1 milioni, in flessione del 3,1% rispetto al 2007 (i soggiorni degli italiani erano stati a 52,6 milioni, in calo dell’1,3%, mentre quelli degli stranieri 40,5 milioni, in diminuzione del 5,5%). Nello stesso periodo i nostri principali competitor (Grecia, Francia e Spagna) erano invece riusciti a mantenere gli stessi livelli del 2007.

Ripresa ancora lontana
L’andamento dei flussi turistici ha ovviamente impattato sul fatturato del comparto alberghiero nazionale: dopo due anni consecutivi di crescita del fatturato, nel 2008 si è attestato a 1,4 miliardi di euro, contro gli 1,6 miliardi del 2007, per una flessione dell’8,2%. Secondo le previsioni elaborate da Confindustria Aica, gli ultimi quattro mesi del 2009 non consentiranno di recuperare la situazione, nonostante il positivo andamento atteso per settembre e novembre: il tasso di occupazione delle camere nel 2009 dovrebbe infatti fermarsi al 55,1% contro il 59,2% del 2008 (-4,8%), il risultato peggiore dal 1998. Un parziale miglioramento è atteso per il 2010, ma è probabile che ci vorranno diversi anni perchè il settore turistico possa ritornare ai livelli precrisi.

La soluzione franchising
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha insistito sulla necessità di nuovi investimenti in infrastrutture (“Le località di vacanza devono essere facilmente raggiungibili e i progetti di nuove opere devono tenere conto dell’impatto sul turismo”), mentre il presidente di Confidustria Aica, Elena David, ha chiesto una revisione delle aliquote sull’Iva. La crisi potrebbe comunque avere l’effetto positivo di spingere il settore a una maggiore concentrazione. «Al contrario di quello che succede negli Usa – ha spiegato Luis dell’Olmo, executive vicepresident di Sol Melià – in Europa soltanto il 17,5% degli alberghi è legato a un brand. Penso che le piccole catene, che in questo momento hanno sicuramente difficoltà a ricevere credito dalle banche, dovrebbero sfruttare maggiormente l’opportunità del franchising».

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