Giovani Business angel italiani crescono

Un’indagine della Bocconi fotografa il mondo degli investitori informali. Che hanno un’età media inferiore rispetto agli altri paesi

E’ un uomo, mediamente ha 48 anni, risiede al Nord e ha un patrimonio personale che nel 50% dei casi non supera i cinquecentomila euro. E’ questo il sintetico ritratto del business angel italiano (o investitore informale) che emerge da una ricerca realizzata dalla Bocconi in collaborazione con l’Iban (Italian business angel network association).


Figura importante nel mondo dell’innovazione e dei finanziamenti alle start up, il Business angel è “Un portatore di risorse non solo finanziarie” nelle aziende in cui investe come ha sottolineato Emil Abirascid, il giornalista del Sole 24 Ore che ha moderato l’incontro di presentazione della ricerca.


Per i suoi investimenti, che crescono del 50-60% rispetto allo scorso anno, il Ba predilige le prime fasi di vita di una nuova azienda dove oltre ai soldi può apportare anche la sua competenza manageriale. La maggioranza si considera infatti un imprenditore e rispetto al passato diminuiscono le figure dei consulenti e pensionati.
Il Business angel italiano, infatti, ha un’età media di gran lunga inferiore rispetto ai colleghi europei o americani (la metà dice di avere iniziato a investire prima dei 35 anni). Sembra quasi che la sua attività non corrisponda a quella sorta di “give back” in voga nei paesi anglosassoni (a una certa età ci si ritira dal lavoro attivo per dedicarsi ad altre attività che in genere permettano di restituire alla società parte di quello ricevuto in una vita di successo), ma a una reale attività imprenditoriale. Più probabilmente, però, il Ba affianca questa attività ad altre tanto che nell’investimento dichiara di cercare, oltre all’ovvio alto rendimento, la gratificazione personale, il ruolo di imprenditore e un ruolo sociale.


Presumibilmente la metà del campione di 110 Ba ha un patrimonio superiore al milione di euro, il 70% afferma di investire una quota fino al 30% e gli altri il 50%. Di solito fanno più di una operazione l’anno, con punte fino a cinque, che conoscono grazie a una solida rete di relazioni. Più difficile che il contatto arrivi da banche e ancora meno da università e centri di ricerca.


La forma societaria preferita è la Srl e al momento di decidere se e quanti soldi piazzare il Ba valuta soprattutto il livello manageriale della squadra, la validità del prodotto o del servizio e il potenziale di crescita. L’exit non pare fondamentale anche se due su tre sono convinti che è importante definirlo prima di entrare nella società.


A proposito di exit, in ordine di importanza, si parla soprattutto di riacquisto da parte di chi ha proposto l’investimento, di ingresso di un investitore di maggiori dimensioni o di un partner industriale. Il mondo Ict/Internet è il settore principale di investimento, mentre cala il manifatturiero e sale l’energia.


Seed, start up ed early stage sono le fasi di vita dell’azienda in cui di solito interviene il Business angel che acquista una quota di minoranza, opera prevalentemente da solo (ma il 40% ha uno o più partner), sta in media 3,3 anni nell’azienda e alla fine si porta a casa un guadagno medio del 17% (con punte del 40%).
Ma il 40% i suoi soldi non li ha più visti.

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