Franchising: regole chiare per tutelare il gruppo

Dallo scorso maggio è entrata in vigore una normativa che regolamenta l’affiliazione commerciale per proteggere la parte più debole ed evitare gli abusi

Dicembre 2004, Lo scorso 6 maggio 2004 è stata introdotta la
nuova legge n.129 sul franchising, entrata subito dopo in vigore. C’è
da dire che non stiamo parlando di qualcosa che stravolgerà la vita del
franchising attuale poiché, come dicono gli osservatori, la nuova legge
n.129 non brilla certo per completezza e, nonostante la sua lunghissima gestazione,
non contiene una disciplina organica. In più, molto è lasciato
alla libertà delle parti e soprattutto, ed è il suo più
grande limite, tenta di regolamentare solo la fase precontrattuale del franchising,
senza entrare nel merito della vita stessa dell’affiliazione, ovvero del suo
successivo sviluppo e divenire.
Le finalità della nuova legge possono riassumersi in due punti principali:
una funzione di corretta informativa delle parti nella fase precontrattuale,
sottolineando gli obblighi dell’affiliante al momento della proposta di affiliazione
e, più in generale, secondo i principi di "lealtà, correttezza
e buona fede", e una funzione di garanzia della parte più debole
con un articolo dedicato ai contenuti del contratto e alla sua durata minima.

In pratica, la nuova legge tende a evitare gli abusi e gli illeciti di vario
tipo che si sono fino a oggi verificati in assenza di una normativa specifica.
Le novità principali riguardano il contratto che ora deve essere redatto
per iscritto a pena di nullità e, secondariamente, deve avere una durata
minima di tre anni, sufficiente all’ammortamento dell’investimento
da parte dell’affiliato (fatta salva l’ipotesi di "risoluzione
anticipata per inadempienza di una delle parti").
Ma vediamo cosa dice la stessa legge nel primo articolo che definisce il franchising.
"L’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque
denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti,
in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso
corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale
relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità,
disegni, diritti di autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica
e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità
di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati
beni o servizi". Dopodiché la legge stabilisce che "si intende
per know how: un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti
da esperienze (…) e comprende conoscenze indispensabili all’affiliato per
l’uso, la vendita, la rivendita, la gestione o l’organizzazione dei beni o servizi
contrattuali…".

Il primo elemento costitutivo che emerge è dunque la licenza sui segni
distintivi (ovvero marchio e insegna) dell’affiliante, senza i quali,
evidentemente il franchisee non è tale. Il secondo è la licenza
sul know how e il terzo è l’assistenza o consulenza tecnica e commerciale.
Arriviamo poi, come dicono gli avvocati dello studio legale Mondini & Rusconi
che si sono occupati di questa legge, al suo paradosso più evidente.
La legge, infatti, a proposito della rete che definisce come "l’inserimento
in una pluralità di affiliati", dice che per la costituzione di
tale rete l’affiliante deve aver sperimentato sul mercato la propria formula
commerciale, con lo scopo di tutelare il franchisee da eventuali improvvisazioni
e per evitare truffe ai suoi danni. Ma, poiché non è possibile
stipulare un contratto di franchising senza disporre già di una rete
di affiliati sperimentata, come è possibile, si domandano gli esperti,
creare questa rete senza stipulare contratti? Evidentemente, spiegano, la sperimentazione
può avvenire senza un vero e proprio contratto, attraverso l’apertura,
per esempio, di proprie unità pilota, o attraverso contratti con affiliati
pilota.
Per quanto riguarda poi la fee d’ingresso e le royalty, anche se sono
citate nella legge, da quanto si evince non sono clausole obbligatorie ai fini
della stipula del contratto, e naturalmente rientrano nella negoziazione libera
che avviene tra le parti. La legge, infine, indica cosa il contratto deve espressamente
indicare, tra cui l’ammontare degli investimenti ed eventuali spese d’ingresso
che l’affiliato deve sostenere prima dell’inizio dell’attività;
le modalità di calcolo e di pagamento delle royalty e l’eventuale
indicazione di un incasso minimo che l’affiliato è chiamato a realizzare;
l’ambito di eventuale esclusiva territoriale; le caratteristiche dei servizi
offerti dal franchisee in termini di assistenza tecnica e commerciale.

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