Etichette e carrelli elettronici esperimenti in divenire

Prendendo spunto da alcune applicazioni estere vediamo le reali opportunità tecnologiche per questo settore. Riflessioni anche sulla fiscalizzazione dei punto cassa

Dicembre 2004, A un anno circa dall’entrata in vigore del concordato
legato all’utilizzo del registratore di cassa presso i negozi si possono tirare
le prime somme. E i commenti, tutto considerato, sono positivi: chi pensava
di perdere delle opportunità, ne ha invece trovate di nuove. Ciò
malgrado ci sia anche chi propende molto per la defiscalizzazione totale del
punto vendita. è di questa idea Luigi Loda, direttore
vendite della Retail solution di Ibm South Region: «Spagna, Portogallo
e Israele già lo hanno fatto e lì il retail investe ancora di
più in tecnologie»
. Roberto Sironi, amministratore
delegato di Sid (la realtà che distribuisce i prodotti Wincor Nixdorf),
commenta che da «un anno a questa parte sicuramente hanno sofferto
le realtà più deboli, ma l’apertura a più marchi sta facendo
sì che i concessionari siano sempre più preparati e pronti a gestire
l’integrazione degli standard che stanno affermandosi nel nostro settore»
.

Perché Sironi non lo nasconde: «Per il primo anno dal dopoguerra
a oggi la Gdo non è cresciuta»
.
In compenso ci sono molte idee in giro che si traducono in nuove tecnologie
a disposizione dei negozi. Come il carrello elettronico, per esempio. Oppure
le etichette, pure queste elettroniche che, facendo i conti della serva, potrebbero
richiedere un investimento di un 70mila euro nel caso in cui si avessero dalle
cinque alle seimila referenze in magazzino. «Un esempio di questa
soluzione gestita da noi
– sollecita l’attenzione Sironi – la si può
trovare presso un Cityper Sma romano appartenete al Gruppo Rocca, che ha adottato
17mila etichette su un impianto di 2.500 metri quadrati»
.
E hanno fatto la propria comparsa anche i videomultimediali che niente hanno
che fare con i chioschi. Si tratta invece di pannelli Lcd A4 che, posti accanto
agli scaffali, forniscono informazioni relative ai prodotti posti nelle vicinanze.
Vero è che tutto ciò serve se a monte il negozio (e ovviamente
stiamo parlando di grossi negozi) ha un cervellone in grado di muovere i passi
dell’acquirente. Intelligentemente, ovviamente. Per cui sono indispensabili
competenze di analisi e di sviluppo di soluzioni ad hoc.

Esperimenti in atto
E l’Rfid? Secondo Sironi, perché entri con forza in un punto vendita
italiano bisogna aspettare almeno sei o sette anni. La conferma di questa affermazione
avviene dall’analisi che ben poche aziende distributive vantano l’avvio di un
progetto pilota. Ma «a Francoforte – riprende il manager – abbiamo
già delle installazioni presso i negozi T-Punkt della Telecom tedesca.
Lì hanno a che fare con 1.500 prodotti per una superficie di vendita
di 250 metri quadri»
. Vero è che è proprio la tecnologia
Rfid che appare sotto stretta osservazione.

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