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La stampa 3D a polimeri verso la fabbrica del futuro

La stampa 3D continua nella sua crescita, ma per arrivare all’utilizzo nella produzione di serie servono ancora miglioramenti.

La qualità degli oggetti stampati deve essere più costante, il costo per pezzo prodotto deve scendere, le stampanti devono potersi integrare con i software collegati al manufacturing. Con questi obiettivi la tedesca EOS ha progettato la sua nuova stampante top di gamma per la stampa a sinterizzazione di polimeri plastici: siglata P 500, sarà sul mercato l’anno prossimo.

La P 500 rappresenta l’inizio di una nuova linea di prodotti, battezzata FactoryLine, pensata per l’utilizzo intensivo in fabbrica e per abilitare in prospettiva un modello di produzione digitale completamente automatizzata e integrata con i software d’impresa e la catena produttiva già esistente. Non a caso – ha spiegato Fabian Stoever, Product Manager per la parte polimeri di EOS – è concettualmente la stessa evoluzione che hanno fatto le macchine per lo stampaggio plastico tradizionali.

Uno degli obiettivi chiave della P 500 è avere una qualità di produzione costante grazie a un attento controllo del processo di stampa 3D. Per questo è dotata di telecamere (ottiche e termiche) che riprendono la stampa e di molti sensori che rilevano i parametri ambientali della camera di stampa.

Ad esempio, se i sensori rilevano variazioni eccessive della temperatura il software di stampa cerca di compensare i loro effetti per garantire comunque una costanza di produzione, rallentando il laser di sinterizzazione o variando la sua potenza. La stampante P 500 inoltre memorizza qualsiasi evento che potrebbe aver influito sulla qualità dei prodotti, una funzione necessaria in ambiti “regolati” come l’aeronautico e il medicale.

La nuova P 500 è stata inoltre studiata per raggiungere temperature di stampa 3D superiori ai modelli precedenti: sino a 300 gradi circa. Questo per usare polimeri che hanno una temperatura di fusione più elevata e che offrono proprietà fisiche particolarmente interessanti. “Sarebbe stato inutile aver progettato una macchina del genere se poi non potessimo usare nuovi materiali“, sottolinea Stoever. Il primo candidato certo è il PEKK (polieterchetonechetone), tramite collaborazioni con università e centri di ricerca si arriverà anche ad altri polimeri ad alte prestazioni.

Tra costi e integrazione

Abbassare il costo per oggetto stampato è un obiettivo per tutta la produzione additiva in generale. EOS per la P 500 indica una riduzione del 30 percento circa che viene ottenuta principalmente aumentando la produttività della stampante. Innanzitutto rendendola veloce nella sua componentistica, con un doppio laser (in prospettiva anche un terzo) e un recoater da 600 mm/sec.

Per raggiungere la produttività prevista – si parla di tre tonnellate di prodotti polimerici l’anno – EOS ha poi in particolare cercato di minimizzare i fermi macchina. Nasce per questo una progettazione modulare che ha portato “fuori” dalla stampante tutte le operazioni a minor valore aggiunto: il pre-riscaldamento delle polveri di polimeri, il raffreddamento e l’unpacking. In questo modo il fermo macchina alla fine della stampa è ridotto a 15 minuti: il tempo che serve per estrarre tutto il frame di stampa dalla P 500 e sostituirlo con un altro.

Ultimo punto importante: l’integrazione software. La piattaforma software che controlla la P 500 si basa su una API aperta che permette di condividere i dati di produzione con piattaforme esterne. In questo modo una P 500 può ad esempio indicare al MES o all’ERP che potrà gestire un nuovo ordine di produzione entro un determinato lasso di tempo. Lo scambio dati avviene anche con le piattaforme CAD, evitando passi intermedi tra il design e il software di preparation della P 500, ad esempio lo slicing. Questo anche grazie a collaborazioni mirate con aziende come Materialise o Dassault Systemes.

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