Enterprise 2.0 fra prospettive e realtà

Anche in Italia ci sono aziende che hanno iniziato raccogliere la sfida della “nuova generazione di knowledge management” (da non confondere con il social networking). Come gli utenti interpretano il mondo 2.0 e quali solo i principali ostacoli all’implementazione.

Analisti ed esperti sottolineano una tendenza generale a confondere l’Enterprise 2.0 con il social networking; non a caso c’è chi definisce questo tipo di tecnologia come una nuova generazione di knowledge management o di Enterprise content management.

L’aspetto collaborativo, però, rappresenta solo uno dei tanti che connotano questo nuovo modo di sfruttare la Rete, che prevede diverse modalità tattiche e strategiche, a seconda della canalizzazione dei progetti e delle risorse coinvolte. In Italia il fenomeno comincia a diffondersi a macchia di leopardo.

I dati in Italia
In base ai dati riportati dai ricercatori dell’Osservatorio 2.0, ralizzato da Nextvalue, il mercato italiano mostra un’attitudine molto positiva verso il Web e un crescente livello di interesse per l’Enterprise 2.0.

I ricercatori, che per il secondo anno consecutivo hanno intervistato un panel di C-level operanti in 100 grandi aziende italiane, segnalano come esista un’ampia convergenza di iniziative Web 2.0 riportate in ambito business su una segmentazione di mercato diversa, dall’industria (21%) al comparto finance e assicurazioni (29%), dal retail (11%) alle utility e altri servizi, (14%) dalla sanità (5%) ed enti locali (6%) ai trasporti e distribuzione (8%), alle Tlc e media (6%). Il 29% degli intervistati già nel 2007 aveva dichiarato di aver adottato o messo in pista progetti di questo tipo. Le motivazioni? Nuove prospettive rispetto a un incremento di fatturato e margini di miglioramento nell’efficienza operativa.

Gli ultimi dati raccolti dagli analisti Nextvalue descrivono un fenomeno che fa un distinguo tra i pionieri che sono passati alla messa in produzione e una moltitudine di sperimentatori. Favorito da una quantità elevata di nuovi strumenti utilizzabili anche in modalità open source e Saas, il processo di maturazione sta accelerando notevolmente.

Approfittando del trend linguistico, possiamo affermare che stiamo vivendo una vera e propria Integrazione 2.0: mixando prodotti e servizi on line, operatori e utenti, capitalizzano skill, know how, soluzioni e verticalizzazioni. «L’Enterprise 2.0 non è un sistema stand alone – commenta Alfredo Gatti, managing partner di Nextvalue – è piuttosto un catalizzatore e una parte organica di tutto ciò che implementa la strategia aziendale e i suoi processi». Non più compartimentato, il servizio erogato via Web diventa soluzione dinamica, progettata e realizzata secondo nuove modalità di customizzazione, che includono criteri tecnologici innovativi come mashup, podcasting, Rss, Tag e via dicendo.

La killer application del marketing
A identificare e caratterizzare l’Enteprise 2.0, rispetto a quanto si sia indotti a credere, non sono le tecnologie ma il contesto: ben il 43% del panel intervistato ritiene indispensabile o molto significativa l’introduzione di iniziative Web 2.0 ai fini del business, mentre un ulteriore 30% ritiene che abbia una buona importanza.

Moltissime aziende indicano negli strumenti e nei sistemi di comunicazione un metodo per migliorare il dialogo anche tra i vari reparti o le varie filali, come contributo alla costruzione di vision condivise e unitarie.

Altre lo vedono come un modo di intercettare meglio i bisogni della clientela per affinare le modalità di produzione. Altri ancora iniziano a testare l’onda montante del social networking, per capire i volumi generati in modo da fasare il nuovo business, secondo varie declinazioni dinamiche.

«Paradossalmente, sebbene la materia sia considerata dalla maggioranza come importante ai fini aziendali – puntualizza Gatti -, ben il 39% delle organizzazioni dichiara di averne solo intuito le potenzialità, mentre un 31% ammette di non avere le idee molto chiare. Una spiegazione potrebbe essere che mentre a livello personale l’esperienza del social networking è diffusa e conferisce padronanza di termini e tecnologie, in ambito aziendale, anche se l’adozione di progetti sul piano meramente tattico è consentita, è ancora presto per comprendere a pieno risultati e potenzialità future».

In sintesi, l’Enterprise 2.0 non ha ancora raggiunto quel livello di strategicità tale da farlo integrare ai processi esistenti e alle applicazioni legacy. Eppure è proprio il marketing che dovrebbe vedere nel Web 2.0 la sua killer application: nessuna azienda immagina oggi di poter prescindere dall’interazione con i propri consumatori. Come avvertono gli esperti, grazie ai nuovi strumenti di interazione e di comunicazione multimediale che stanno dimostrando di essere di gran lunga più efficaci di quelli tradizionali, in un prossimo futuro sarà possibile ridurre drasticamente i costi del marketing grazie alla graduale azione sostitutiva del Web che porta automazione riducendo la necessità di risorse.

Gli ostacoli all’implementazione dell’Enterprise 2.0

Nell’ambito organizzativo, se gli obiettivi sono chiari, chi deve sponsorizzare un’iniziativa 2.0 deve essere la prima linea del management. «Se per proprie convinzioni il senior manager non crede nella possibilità di incrementare fatturato e margini con l’Enterprise 2.0, non sono i suoi riporti diretti “a metterci una pezza” – spiega Alfredo Gatti, managing partner di Nextvalue -. Ai senior rimarrà una buona dose di insicurezza, anche se in cuor loro potrebbero sentirsi entusiasti. I più forti promoter, dunque, sono i manager di funzione, mentre all’It è lasciato solo un compito di realizzazione e di delivery del progetto».

Peraltro, sono molte le accuse del business all’It, giudicato un freno a un più veloce sviluppo e a una maggiore integrazione. Un dato su cui è necessario ragionare è quel 15% del panel che vede nel Cio un ostacolo all’implementazione.

In realtà, come segnalano gli esperti, l’anello debole della catena è costituito dalla reale indisponibilità di risorse e di competenze che impediscono anche all’It di intervenire in modo soddisfacente. Così, anche per il 2009, le previsioni sono che l’esternalizzazione di un progetto sarà la formula più gettonata, il che porterà a un crescente numero di esperienze in modalità Software as a service (Saas), a discapito di una maturazione interna dell’It aziendale.

Il Roi dipende dal valore
della community

Sul fronte dei costi e degli investimenti, è curioso notare come l’aspettativa di payback dei progetti 2.0 aziendali si concentri su periodi relativamente brevi, nell’arco temporale dei due anni.

«La nostra survey – spiega Gatti – mostra che ben il 37% delle imprese ritiene di dover svolgere una formale analisi del Roi preventiva al progetto, per stabilirne l’opportunità, mentre un 16% ha dichiarato che la propria organizzazione non prevede analisi formali del Roi preventive, pur raccomandandone l’introduzione. Si tratta di indicazioni positive che, peraltro, evidenziano una direzione tesa a dare trasparenza in merito all’It attraverso valori finanziari incontrovertibili, consentendo di far emergere la dimensione strategica».

Gli esperti segnalano come questo valore debba provenire dalla comunità stessa, in quanto la migliore collaboration porta contributi decisamente superiori rispetto a quanto potrebbe fare un’azione aziendale calata dall’alto. I contenuti, infatti, devono venire soprattutto dai partecipanti, altrimenti il sistema rimane solo uno dei tanti canali di comunicazione aziendale.

L’Enterprise 2.0 come deriva tecnologica del Crm
Il proliferare dei contenuti consente obiettivi ambiziosi: da un lato l’azienda può usare il Web per fornire una versione unica e personale di un prodotto o di un servizio al proprio cliente, sfruttando tecnologie che consentono di prelevare informazioni preziose da sorgenti multiple per riformulare l’offerta in termini di prodotto o di servizio, secondo linee di massima personalizzazione, in base alle specificità del cliente, che può selezionare i propri contenuti, in base alle combinazioni più opportune.

Questo modus operandi permette all’azienda di disporre di una profilazione accurata, vagliata dagli stessi clienti, con modalità di relazione di tipo interattivo e proattivo. Conclude emblematicamente Gatti: «Sappiamo tutti come conoscere meglio il cliente, dialogare con lui e fornirgli esattamente ciò che vuole, sia l’obiettivo di tutte le imprese moderne. In momenti in cui il ciclo economico è avverso, l’Enterprise 2.0 potrebbe avere un enorme impatto sulle bottom line».

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