Ecco perché il Ced deve essere “Green”

Sette motivi per virare al verde il proprio sistema informativo. Dai costi all’immagine aziendale, la lista compilata da Apc.

Apc by Schneider Electric, in qualità di fornitore di sistemi di alimentazione e raffreddamento, si confronta ogni giorno con le esigenze di efficienza energetica dei datacenter. Prova ne è che promuove l’adozione di un approccio globale denominato Efficient Enterprise. Apc ritiene che adottare soluzioni di Green It sia qualcosa che va oltre il risparmio dei costi, per tutta una serie di motivi.

Il primo è comunque il costo: secondo dati dell’Authority dell’Energia di giugno scorso, riporta una nota di Apc, fra il 2000 e il 2007 la spesa per l’energia in Italia è aumentata del 40%, con un impatto importante sulle attività delle aziende di ogni dimensione. In particolare, una ricerca diffusa dall’Ufficio Studi di Confartigianato nell’agosto 2008 ha segnalato che da luglio 2007 il costo dell’energia per le piccole imprese è salito del 14,9% determinando una spesa complessiva di 502,1 milioni di euro in più.

Secondo motivo è la crescente densità degli ambienti It. A fronte di una previsione di Gartner che stima che già entro quest’anno il 50% dei data center nel mondo non avrà sufficiente alimentazione, come osserva nella nota Fabio Bruschi, Country Manager per l’Italia di Apc, adottare tecnologie green efficienti significa garantirsi la possibilità di crescere e consolidare le proprie sale Ced. Fra i motivi della tendenza c’è anche la diffusione dei blade server. Sempre secondo Gartner, nei prossimi cinque anni le consegne di questo tipo di prodotti cresceranno a un tasso medio annuo del 19%. Secondo Apc sono sistemi particolarmente esigenti in termini di consumi, un motivo per cui le aziende per utilizzare al meglio le infrastrutture It dovranno ottimizzarne i consumi.

Terzo motivo: adottare strategie di business sostenibili permette alle aziende di ottenere un ritorno di immagine positivo presso il pubblico e i cosiddetti stakeholder. Un fatto che avrebbe risvolti positivi anche in termini operativi, poiché per ridurre la propria impronta ecologica la prima cosa da fare è rivedere i processi aziendali nel senso di una maggiore efficienza.

Il quarto viene dalle normative in materia di emissioni nocive. In Europa le emissioni di Co2 sono regolamentate nell’ambito di un sistema di emission trading, che prevede limiti alle emissioni tollerate per tutte le aziende di alcuni settori industriali, ed applica un costo ad ogni tonnellata di emissioni aggiuntive emesse. Nel 2008 si è concluso un periodo di avvio del sistema, che ha previsto costi piuttosto bassi per ogni tonnellata di CO2 prodotta oltre il livello stabilito: dal 2009 il prezzo da pagare salirà e secondo uno studio di Greenpeace pubblicato in agosto il prossimo anno le sole aziende italiane interessate potrebbero trovarsi a dover pagare 700 milioni di euro per coprire un disavanzo di emissioni pari a quello registrato per il 2007, che ha visto la produzione di 25,4 milioni di tonnellate di CO2 fuori quota.

Il quinto riguarda le strategie dei vendor It, che oggi propongono ai Cio che devono rinnovare le proprie infrastrutture prodotti e soluzioni che sposano la filosofia green.

Il sesto ha a che fare con l’opinione pubblica, guidata dai media, ha un peso sulla valutazione green.

Il settimo motivo riguarda la concorrenza: le aziende da sempre sentono la pressione che proviene da ciò che fanno i diretti concorrenti. Ciò accade anche nel campo del green It, dove il fattore imitativo non mancherà di esercitare la propria influenza.

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