Ecco i risultati del nostro censimento dei distributori italiani

Un appuntamento ormai tradizionale quello dell’Almanacco della distribuzione informatica, ma che quest’anno presenta una novità: non è più cartaceo, ma su Internet. Vediamo quali dati sono emersi dalla nostra ultima indagine

Anche quest’anno si ripete puntuale il tradizionale appuntamento con il censimento del variegato mondo dei distributori italiani. Il nostro Almanacco è giunto ormai alla nona edizione e la prima novità è che non lo troverete più in versione cartacea, bensì su Internet, all’interno del nostro portale.




L’analisi di quest’anno ha coinvolto 184 distributori, tanti quanti hanno risposto alla richiesta di aggiornamento fatta durante la scorsa estate. I distributori presenti nell’Almanacco on line sono però 210, in quanto abbiamo come sempre inserito anche quelli con i dati aggiornati all’edizione precedente.




L’Almanacco edizione 2001-2002 ha preso atto dell’uscita di scena di Karma e della nascita di Freshbit, volto nuovo della distribuzione italiana, come anche di Allasso Italia. Rinnovata è la presenza di Assotrade e Pisani, nomi storici, ma assenti nella scorsa edizione.
I nomi nuovi sono in tutto 26. Nuovi rispetto alla scorsa edizione, ma presenti sul mercato da diverso tempo e che adesso abbiamo potuto censire anche grazie alle auto-segnalazioni giunte all’indirizzo almanacco@cdv.agepe.it. Continuiamo ad auspicare e promuovere le segnalazioni di tutti gli addetti ai lavori, che ci permettono di conoscere nuove società e che possono esser fatte durante tutto l’anno, in modo da poter aggiornare l’almanacco continuamente.




Un’altra caratteristica di quest’anno è la presenza di società che hanno cambiato nome. Nel settore della componentistica c’è stata la fusione tra Incas e Industrial Service, che hanno dato vita a Is Products, realtà lecchese con un fatturato compreso tra i 100 e i 200 miliardi di lire. Rk Distribution è stata inglobata da Avnet ed è diventata Avnet Applied Computing, da non confondersi con Avnet Computer Marketing Hall-Mark Division, nome ormai acquisito per quelle che erano Pcd Italia e Matica. La romana Spin è diventata Bludis, Lifeboat Associates Italia si chiama adesso Systematika e System Wave è ritornata al vecchio nome Data Base. Ricordiamo che Atd e Opc Lan sono confluite in Opengate , per cui i distributori del gruppo di Malnate sono adesso, oltre a Opengate, J.Soft e Raphael Informatika. Digitronica, infine, è stata definitivamente inglobata da Algol Products. In questo modo sono quindi scomparse tre storiche ragioni sociali.




La scorsa edizione aveva poi registrato l’ingresso al Nuovo Mercato dei primi distributori italiani (Opengate, Cdc e Tecnodiffusione), ai quali quest’anno si sono aggiunti Algol, Esprinet e It Way.
La schiera degli operatori quotati in Borsa accentua ulteriormente il divario tra i vari operatori per quanto concerne il fatturato. Ben l’83% dei distributori ha un giro d’affari inferiore ai 100 miliardi di lire, compreso un 33% di operatori con un fatturato inferiore ai 10 miliardi di lire. Se si esclude il 2% che ha preferito non rispondere, il restante 15% dei distributori naviga in acque proficue, ma soltanto il 5% supera i 500 miliardi di fatturato, facendo sì che la piramide si restringa ancora di più al vertice, dove svetta un 2% di distributori che oltrepassano i 1.000 miliardi di fatturato. Soglia che l’anno scorso rappresentava una pietra miliare, ma che quest’anno sarà già raddoppiata. Opengate ha infatti previsto di chiudere a 2.000 miliardi, anche se ovviamente una cifra del genere riguarda tutto il Gruppo e non è confrontabile con quelle di chi vive “di sola distribuzione”. Per quanto siano ormai sempre meno i distributori in senso stretto e si rafforzi ormai l’immagine del distributore che si allontana in modo più marcato rispetto al passato da quella del classico box mover per aprirsi a una serie molteplice di attività collegate.




Sono sempre più numerosi, infatti, i distributori che si definiscono “a valore aggiunto” e che ci tengono ad aggiungere questa definizione alla griglia da noi predefinita. Il valore aggiunto si esprime spessissimo in corsi di formazione per i rivenditori, in azioni di co-marketing congiunte con i vendor e con i partner e tanti, tanti servizi. Questi sempre più spesso passano dal sito Internet, sempre meno vetrina e sempre più strumento per comunicare in modo più efficace con i rivenditori. Dal sito del 40% del nostro particolare campione è possibile controllare la disponibilità dei prodotti in tempo reale e per il 70% è possibile controllare le promozioni in corso. Controllare lo stato dell’ordine e della spedizione sono altre due funzionalità che tengono banco sul sito di circa il 30% dei distributori censiti. Dalle pagine Web di una percentuale più risicata (il 13 per cento) i rivenditori possono anche controllare il fido concesso e vedere le fatture on line.




Se queste sono funzionalità presenti su tutti i siti dei distributori, la percentuale di quanti fanno commercio elettronico è pari al 59% del totale. Il dato è abbastanza vicino a quello dello scorso anno (52 per cento) e allo stesso tempo contraddice quel 38% che lo scorso anno dichiarava di essere in procinto di farlo. A quanto pare molti sono ancora rimasti al palo.
A quel 59% che ha risposto positivamente abbiamo allora chiesto se fosse comunque necessario parlare al telefono con i rivenditori per concludere la trattativa. Pare che debba farlo soltanto il 4% del sottocampione, percentuale cui però si affianca quel 47% che ammette di dover a volte ricorrere ancora al telefono (raramente o quasi mai, ci tengono a sottolineare alcuni). Dalle risposte, ovviamente ingrigliate dentro un tris di risposte chiuse, non è possibile capire se questo succeda per un cattivo funzionamento del sito di e-commerce o per l’italica abitudine di ricorrere sempre al contatto umano. C’è da segnalare però anche una risposta in controtendenza: Microdata afferma infatti di invitare i rivenditori che fanno l’ordine al telefono a formalizzarlo via Web. Comunque, una volta fatto l’ordine on line, emerge che soltanto il 27% dei siti consente di pagare con la carta di credito, mentre la maggior parte (l’85 per cento) ammette i pagamenti tramite bonifico bancario. Un’altra buona fetta (il 62 per cento) dichiara di preferire altre modalità di pagamento, per esempio il classico contrassegno.




Per il 47% dei distributori che fanno commercio elettronico, questo genera un fatturato inferiore al 10% del giro d’affari complessivo e soltanto per il 7% il fatturato legato agli ordini on line è superiore al 70% del totale. Percentuali che rispecchiano grosso modo quelle dei rivenditori che preferiscono utilizzare il Web per fare i loro acquisti. Il 40% dei distributori afferma infatti che meno del 10% dei propri clienti preferisce ordinare via Internet. Insomma, il commercio elettronico deve ancora decollare e a quanto pare le abitudini dei rivenditori non si discostano molto dalla media degli italiani, ancora restii a fare shopping su Internet.

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