E se Microsoft investisse in Dell?

Voci insistenti puntano a un interesse di Microsoft nell’operazione di buyout che potrebbe portare al delisting della società. Ma con quali conseguenze?

Il possibile, e finora non confermato, delisting di Dell ha senza dubbio tenuto banco negli ultimi giorni e sembrava fosse difficile aggiungere altra carne al fuoco delle speculazioni, se non fosse arrivata l’indiscrezione in grado di sparigliare il tavolo.

Che Silver Lake sia vicina a lanciare una operazione di buyout su 14 miliardi di dollari di azioni Dell era finora l’elemento più concreto trapelato dalle cronache americane.
Ora pare, però, che due o tre di quei quattordici miliardi siano pronti a essere sborsati da Microsoft, evidentemente intenzionata a rendere ancora più stretto il suo legame con i produttori di hardware.

La scelta di Microsoft non sarebbe casuale.
Il momento non è dei più favorevoli per il mercato dei personal computer, stretti, soprattutto per quanto riguarda il fronte consumer, da una sempre più incalzante concorrenza da parte dei tablet.
Ecco allora che l’investimento in Dell potrebbe essere letto come maggiore focus e impegno nel mondo business, ambito da sempre d’elezione per la società texana.

La scelta non sarebbe senza conseguenze.
Già lo scorso anno, con l’annuncio di Surface, Microsoft aveva dovuto fare i conti con una certa ostilità da parte di alcuni hardware vendor, poco o per nulla convinti dell’opportunità che Microsoft, partner da sempre per le piattaforme, improvvisamente si trasformasse in competitor diretto per quanto riguarda i dispositivi.

E non è difficile immaginare le reazioni a una più stretta alleanza con Dell.

Va detto, e tra gli analisti che in queste ore stanno commentando l’indiscrezione Bloomberg lo sottolinea parimenti, che timori analoghi di un possibile cambiamento dello scenario competitivo erano stati espressi a gran voce sia nel caso dell’acquisizione di Motorola da parte di Google, sia nell’investimento fatto da Microsoft in Nokia.
In entrambe le occasioni erano emersi scenari se non apocalittici per lo meno inquietanti di squilibri e unfair competition.
E va riconosciuto che nulla del peggio si è in realtà verificato.

Sarebbe allora più opportuno leggere la possibile mossa di Redmond, al momento naturalmente non confermata, non sulla linea della competitività, ma degli investimenti tecnologici.
Quelli cioè che negli anni hanno portato la società fondata da Bill Gates a riversare capitali in Facebook, Barnes & Noble o, in tempi passati in At&t e persino in Apple, la cui sopravvivenza, nel 1997, fu in parte garantita proprio dal contributo targato Microsoft.

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