E l’Italia entra nella Convenzione di Budapest

Con il voto definitivo del Senato, è stata ratificata anche in Italia, lo scorso 25 febbraio, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, firmata a Budapest il 23 novembre del 2001. Si tratta del primo accordo internazionale ch …

Con il voto definitivo del Senato, è stata ratificata anche in Italia, lo scorso 25 febbraio, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, firmata a Budapest il 23 novembre del 2001. Si tratta del primo accordo internazionale che riguarda i crimini commessi su Internet o utilizzando altre reti informatiche. Prevede una serie di misure penali tese a reprimere atti quali l’accesso illegale a un sistema It, le intercettazioni illecite di dati, gli attentati alla loro integrità (danneggiamento, cancellazione, deterioramento, alterazione o soppressione) o a quella dei sistemi It, così come l’abuso di dispositivi e programmi informatici. In realtà, molti dei temi affrontati dalla Convenzione, quali le frodi informatiche, l’accesso illecito a sistemi It, la pedopornografia, le intercettazioni di dati telematici, sono già contemplati dalla nostra legislazione. Tuttavia, la normativa europea introduce disposizioni decisamente più rigide in merito alla responsabilità amministrativa su queste tipologie di reati. «In pratica – sottolinea l’avvocato Andrea Monti, esperto di bioinformatica e computer crime -, le imprese che non dimostrino di aver adottato idonee misure di prevenzione dei misfatti commessi internamente al proprio organico andranno incontro a gravi sanzioni patrimoniali, che potranno arrivare fino alla revoca della licenza a operare. Il recepimento di questo documento obbliga, quindi, le organizzazioni a definire un elenco di regole di comportamento in merito all’utilizzo interno dei mezzi informatici. Inoltre, le forza a creare una funzione di polizia interna, che vigili sul rispetto di questo codice deontologico da parte dei propri dipendenti e dirigenti, nello svolgimento delle attività di lavoro. Le conseguenze, per chi non rispetta la norma, possono essere anche gravi, specie per quanto attiene a duplicazione abusiva o accesso abusivo a file, come nel caso di spyware commesso con finalità di pubblicità o promozione per l’azienda».

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