E-justice in ritardo, nel 2010 il processo telematico

Un’indagine del Cnr mette a nudo le lacune informatiche del mondo della giustizia. Intanto Mastella ha preparato il disegno di legge per il processo civile

L’e-justice? Ancora un miraggio. A cinque anni di distanza dal varo del
regolamento ministeriale per l’informatizzazione dei processi civili, l’Irsig,
(Istituto di ricerca sui sistemi giudiziari) del Consiglio nazionale delle
ricerche ha pubblicato nel volume “Tecnologie per la giustizia” i risultati di un’indagine che mostrano le lacune della giustizia
italiana dal punto di vista dell’informatizzazione delle attività.



Se nelle infrastrutture di base
i miglioramenti ci sono stati, secondo l’Irsig molto c’è ancora da fare nelle tecnologie che devono supportare il lavoro del personale che opera nel mondo della giustizia e nell’utilizzo delle reti per lo scambio di documenti. “Dal punto di vista meramente tecnologico – spiega Giuseppe Di Federico, direttore dell’Irsig-Cnr –, il ministero della Giustizia ha fatto passi in avanti nella realizzazione delle infrastrutture di base, grazie soprattutto ai cospicui e crescenti fondi investiti durante gli anni Novanta e sino al 2001. Tuttavia, se si guarda alle tecnologie di supporto al lavoro di cancellieri e magistrati, per non parlare dell’e-justice, cioè dell’utilizzo delle reti informatiche per scambiare dati e documenti giudiziari, i risultati sono assai poco soddisfacenti. Un significativo numero di iniziative avviate non sono state portate a termine, per motivi diversi. La successiva riduzione degli stanziamenti causata dalla contrazione della spesa pubblica, ha poi provocato la paralisi del ministero, intrappolato in progetti eccessivamente complessi che non riescono ad abbandonare la fase sperimentale per gli alti costi di sviluppo e implementazione”.

“Fra gli applicativi funzionanti, ma che necessiterebbero di radicali aggiornamenti – aggiunge Davide Carnevali dell’Irsig-Cnr, che insieme con i colleghi Marco Fabri e Francesco Contini ha svolto la ricerca –, vi è il Re.Ge (Registro Generale) per la gestione dei procedimenti penali, installato in tutti i 165 tribunali, nelle relative procure della Repubblica e nelle 26 corti di appello. Però, nei rari casi in cui si è cercato di migliorare l’applicativo a livello locale, abbozzando utili integrazioni con i programmi di videoscrittura per la creazione automatica dei provvedimenti, la Direzione generale Sistemi informativi automatizzati del ministero ha generalmente disincentivato tali iniziative, nel timore di assistere ad un utilizzo del software diverso da ufficio a ufficio senza offrire valide alternative”.

“Carenze consistenti
emergono
sul fronte dei servizi di interoperabilità
– interviene
Francesco Contini –. “La posta elettronica è diffusa, ma non essendo
considerata mezzo ufficiale di comunicazione spesso è ancora limitata a
preannunciare documenti inviati poi via fax o per posta. Il protocollo
informatico, invece, è stato attivato ma solo come registro e perciò non
consente l’archiviazione e lo scambio di documenti”.

Il processo civile telematico sembra generare le
aspettative più elevate, ma le ultime notizie parlano del 2010 come data per la
sua entrata a regime. Secondo il disegno di legge messo a punto dal ministro
Mastella fra tre anni decreti ingiuntivi, notifiche ai professionisti e processo
previdenziale dovranno passare solo attraverso la rete con l’abbandono
progressivo del doppio binario telematico-carta.


All’estero i casi di successo
mostrano
invece come un approccio più pragmatico sia in grado di
favorire l’evoluzione dei servizi elettronici. Money Claim
On-Line

, sviluppato in Inghilterra e Galles a partire da un data base preesistente, permette ad esempio al cittadino di ottenere un decreto ingiuntivo on line. In Finlandia, grazie a semplici cambiamenti del codice di procedura, è possibile iniziare un procedimento civile o penale attraverso una comunicazione via fax o e-mail con il risultato che il 65% dei documenti ricevuti dalle corti in materia civile sono depositati in forma elettronica. L’Austria, invece, “incentiva” l’utilizzo del proprio sistema di e-justice attraverso una riduzione dei cosiddetti diritti di cancelleria da applicare ai documenti giudiziari inviati per posta elettronica.


“L’approccio italiano ha finito per proiettare il nostro
paese in un tunnel di progetti costosi, difficili da sviluppare e da adottare, e
di un apparato normativo sovradimensionato
– conclude il Di Federico –. Se il ministero della Giustizia nei prossimi anni non sarà capace di semplificare sistemi informativi e regole di accesso ai servizi, focalizzando gli sforzi in base a priorità reali, l’e-justice in Italia difficilmente farà passi in avanti. I ritardi vengono sempre imputati alla mancanza delle risorse, senza spiegare perché i passati finanziamenti abbiano prodotto risultati tanto modesti. Senza variazioni nelle strategie, ulteriori risorse aumenteranno solo la sproporzione tra costi e benefici”.

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