Downtime e perdita dati: in Italia in fumo 14,1 miliardi di dollari

logo emcOltre 14 miliardi di dollari, di cui 9 da attribuirsi alla perdita di informazioni sensibili.
A tanto ammonta il costo pagato dalle aziende italiane negli ultimi 12 mesi, anche a causa delle inattese interruzioni operative dei sistemi It.

Lo dice lo spaccato per nazioni estrapolato dal Emc Global Data Protection Index secondo cui, nel Bel Paese, solo il 10% delle aziende sarebbe allineato alle moderne misure presenti sul mercato a protezione dei dati aziendali.

Nessuno stupore, dunque, se all’interno dello studio il 79% dei professionisti It di casa nostra afferma di non nutrire piena fiducia nella capacità della propria impresa di recuperare le informazioni a seguito di un blocco inaspettato dei sistemi informatici o di una perdita di dati sensibili.

Il risultato, però, è che nell’ultimo anno ben il 44% delle aziende italiane si è trovato a fronteggiare blocchi inaspettati dei propri sistemi informativi subendo, nel 26% dei casi, “gravi perdite di dati”.

Non solo.
Nell’ultimo anno, lo scenario nazionale offerto dalle aziende intervistate riporta nell’80% dei casi un blocco inaspettato nei sistemi informatici o una perdita di dati sensibili da cui derivano, nel 38% dei casi, perdita della produttività, decremento del fatturato (22%) e ritardo nello sviluppo di un prodotto (36%).

E in un contesto di perdurante crisi economica, poco consola che lo studio condotto per Emc da Vanson Bourne interpellando 3.300 decision maker It di medie e grandi aziende in 24 Paesi nel mondo attesti che, a livello mondiale, le perdite derivanti dallo smarrimento di dati sensibili e dalle interruzioni operative dei sistemi It ammontino a 1,7 trilioni di dollari, per una perdita globale di dati del 400% in più rispetto al 2012.

Ciò detto, secondo quanto contenuto nel Emc Global Data Protection Index, appena il 13% delle realtà indagate a livello mondiale può dirsi al passo con i tempi in materia di misure volte alla protezione dei propri dati sensibili.

Per giunta, con il 30% di tutti i dati principali residenti in una qualche forma di cloud storage, il dato secondo cui, a livello globale, il 51% delle aziende non possiede un piano di disaster recovery per Big data, mobile e cloud, lascia presagire perdite sostanziali di dati per il futuro.

 

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