Dove si sta dirigendo il software di Ibm? “Verso l’interoperabilità”

Dall’autonomic computing al grid, dall’on demand ai Web service, passando dallo sviluppo in comunità, la parola d’ordine di Big Blue è “integrazione orchestrata”. Lo afferma Jeanette Horan, responsabile mondiale dello sviluppo strategico dell’intera offerta software di Big Blue.

 


In qualità di vice president della divisione software di Big Blue, Jeanette Horan è la responsabile mondiale dello sviluppo strategico dell’intera offerta Ibm, da WebSphere a Db2, passando per i tool di collaborazione Lotus, quelli di gestione Tivoli e i prodotti di design applicativo di Rational Software. Linea Edp l’ha incontrata per mettere a fuoco le direzioni di marcia della società.

Come si stanno muovendo investimenti e ricerche sull’autonomic computing? E come pensate di risolvere il problema di integrazione tra la vostra offerta "autonomica" e quella dei concorrenti?


"I fronti su ci stiamo muovendo riguardano la facilità d’installazione, di update e di configurazione. In particolare, abbiamo un team di sviluppo che lavora su ciascun prodotto e un’organizzazione trasversale, focalizzata sul rilascio di componenti integrabili in tutta l’offerta. Questa seconda organizzazione collabora con i laboratori di ricerca per riuscire ad abbassare il costo di gestione delle infrastrutture It tramite tool di autogestione e autoriparazione. Tra le nuove iniziative, per esempio, c’è la realizzazione di una console in grado di tenere sotto controllo tutta l’infrastruttura informatica aziendale e la creazione di alcuni strumenti per individuare i problemi. Contestualmente alle nostre, poi, ci sono le iniziative promosse da un consorzio indipendente attivo nella realizzazione di un framework aperto, capace di rendere trasversali le soluzioni di ciascuna azienda. In ogni caso, il nostro portal framework offre già un’integrazione con applicazioni terze tramite portlet".

Recentemente avete condotto esperimenti di grid computing con Tivoli nel ruolo di middleware. Sarà questo il futuro dell’offerta e, più in generale, degli strumenti di system management?


"Il grid computing offre la possibilità di applicare simultaneamente le risorse di diversi computer in rete per la soluzione di un problema che, diversamente, richiederebbe numerosi cicli di elaborazione o l’accesso a enormi quantità di dati. In questo senso Tivoli può partecipare alla gestione, al deployment e al provisioning delle maggiori aree in cui il grid ha applicazione, ma nel futuro non c’è solo questo. Ormai stiamo entrando in una nuova era, caratterizzata dalla standardizzazione nell’accesso alla potenza informatica e allo storage. L’adozione di questi protocolli aperti offrirà la possibilità di scegliere tra la proprietà e la gestione dell’infrastruttura e-business, accedendo ai servizi come utility".

WebSphere è ormai una piattaforma ricca di tool. State pensando di consolidarne l’offerta?


"Il portafoglio dell’offerta WebSphere è ampio. Accanto all’application server, che è la tecnologia abilitante, si sono moltiplicati i tool. Parlando con i clienti ci siamo accorti che le maggiori loro richieste concernevano l’analisi e l’integrazione dei processi di business, differenziabili per settore. Per questo è possibile trovare nell’offerta WebSphere un ampio set di tool di supporto ai clienti, già verticalizzati per settori industriali, come il retail e l’automotive. In questo modo siamo in grado di offrire strumenti di integrazione facendo risparmiare tempo alle aziende con soluzioni scalabili, sicure e robuste".

L’on demand è un tema ormai noto. L’eventuale freno a questo tipo d’offerta It non sembra essere tecnologico, quanto di un’integrazione infrastrutturale da sostenere con budget limitati. Come pensate di risolvere queste problematiche?


"L’on demand ha più a che fare con il business che non con la tecnologia. Una società, i cui processi sono integrati con quelli di partner e fornitori, può rispondere con tempismo alle richieste dei clienti e cogliere al meglio le opportunità che il mercato offre. Le ultime analisi relative ai budget aziendali riferiscono che mediamente il 70/80% della spesa It è assorbito da problematiche che riguardano la gestione delle infrastrutture, lasciando solo il 20/30% all’ottimizzazione. Per fronteggiare con efficacia il problema integrativo e dei costi, Ibm ha sviluppato una strategia a due livelli. Da una parte lavora all’integrazione della propria offerta, dall’altra all’integrazione delle infrastrutture che i clienti hanno già implementato. Questo è il motivo che ci ha portato alla recente acquisizione di CrossAccess, una società che dispone di strumenti in grado di facilitare questo secondo tipo di operazione".

Prima di CrossAccess, Ibm ha acquisito Rational Software. Come integrate gli strumenti di application design di questa società?


"Rational, con cui abbiamo collaborato per anni, dispone di un’offerta che presenta diverse opportunità di mercato, ma anche alcune sovrapposizioni con i nostri prodotti. Tra i primi traguardi che ci siamo prefissi c’è il passaggio dei tool della società sulla piattaforma aperta Eclipse, oltre alla loro totale adesione al modello on demand tramite quattro aree di business: modeling, change management, quality-by-design e sviluppo delle best practice. In precedenza, la nuova divisione di Ibm annoverava strumenti di sviluppo applicativo per più ambienti, da J2Ee a .Net, un supporto che contiamo di mantenere, anche se J2Ee sarà privilegiato. Pensiamo, quindi, di integrare i tool Rational in WebSphere Studio, mantenendo tutte le opzioni di integrazione con le terze parti".

Cosa pensate riguardo delle soluzioni di gestione delle comunità di sviluppo orientate all’open source, come SourceForge.Net di cui siete utenti?


"Linux è la quintessenza degli standard aperti. La sua forza sta nel fatto che tutti contribuiscono allo sviluppo. In tal senso, supportiamo le iniziative in merito, come Eclipse, fornendo codice, prodotti e soluzioni. Oltre al patrocinio, però, Big Blue non ritiene di dover andare".

Web service: un limite al loro utilizzo è rappresentato dalla mancanza di standard. Come si risolve il problema?


"Per far decollare i Web service serve la garanzia di una vera interoperabilità tra le applicazioni, oltre alla creazione di un’architettura service oriented. Microsoft e Ibm hanno lavorato da tempo a questo problema supportando la creazione di standard come Soap, Uddi e Wsdl. Il secondo livello di sviluppo è rappresentato dall’elaborazione di un framework capace di orchestrare applicazioni composite. Una tematica a cui stanno lavorando Oasis e altri consorzi trasversali a cui partecipiamo".

Nell’ambito delle soluzioni collaborative vi confrontate con Microsoft, Oracle e Novell. Quali saranno gli elementi per differenziare l’offerta?


"La modularità. Il successo di soluzioni come Lotus Workplace è dato dalla scalabilità, oltre che dalle caratteristiche di sicurezza. Le aziende danno per scontati gli strumenti di messaggistica. La sfida, oggi, è quella di offrire, a costi contenuti, cose che le aziende hanno già. Bisogna, allora, garantire funzionalità di Instant messaging, integrandole nelle applicazioni".

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