Deposito legale dei documenti: ma vale anche per Internet?

settembre 2004 La legge 15 aprile 2004, n. 106, intitolata “Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico”, entrata in vigore nel maggio di quest’anno, ha suscitato preoccupazi …

settembre 2004 La legge 15 aprile 2004, n. 106, intitolata “Norme
relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso
pubblico
”, entrata in vigore nel maggio di quest’anno, ha suscitato
preoccupazione e allarme presso la comunità degli utenti Internet e specialmente
tra coloro che gestiscono un sito, un forum o una mailing list.

Questo provvedimento, infatti, prevede un obbligo di deposito,
presso la Biblioteca centrale di Firenze e quella di Roma,
di tutti i documenti “pubblicati” e destinati alla diffusione presso
il pubblico. Questo obbligo, almeno a prima vista, sembra riferirsi anche alle
pagine Web e ai documenti multimediali che quotidianamente vengono resi disponibili
sulla rete.

Ma cosa c’è di vero? Bisogna davvero attrezzarsi per spedire
copia di ogni documento alle due Biblioteche di Stato? È il caso di leggere
con attenzione il nuovo provvedimento, cercando di interpretarlo in modo corretto.

Bisogna partire dal fatto che questa nuova legge ha come scopo, esplicitamente,
quello di garantire la conservazione della “memoria della cultura
e della vita sociale italiana”
.

È per questo motivo che il Parlamento ha previsto che, per impedire
che un domani un certo libro o un film non siano più reperibili siano
almeno rinvenibili presso una biblioteca di Stato. Questo obiettivo è
sicuramente condivisibile, anche perché oggigiorno molti libri, anche
di editori importanti, magari solo dopo un paio di anni non sono più
presenti nei normali circuiti di distribuzione ed è allora indispensabile
l’intervento pubblico per garantire che gli interessati in caso di bisogno
possano ancora reperirli.

Occorre, però, a questo punto vedere se questo sistema si deve ritenere
come riferito anche, ad esempio, alle pagine Web, che sono una cosa molto diversa
dalle vere e proprie opere editoriali, come le opere letterarie
o le pellicole cinematografiche. Da questo punto di vista, bisogna dire che
la nuova legge è stata scritta molto male e non poteva, per questa sua
ambiguità, non generare timori e preoccupazioni.

In realtà, non è affatto chiaro come debba essere interpretata,
perché alcune disposizioni sembrano deporre a favore del deposito limitato
alle sole opere editoriali, mentre altre espressioni sono molto più onnicomprensive.

Ad esempio, la legge dice che sono soggetti al deposito non solo i documenti
posti in vendita, ma anche tutti quelli “altrimenti distribuiti”,
quindi a rigore anche quelli messi a disposizione gratuitamente; all’art.
4, dove si fa un elenco dei documenti da depositare, si parla espressamente,
agli ultimi due punti, di “documenti diffusi su supporto informatico”
e, molto più in generale, di “documenti diffusi tramite rete informatica
non rientranti nelle lettere da a) a q)”, che riguardano gli altri tipi
di documenti.

D’altro canto, è però vero che non ha alcun senso ipotizzare
di sottoporre all’obbligo di deposito tutto quello che viene pubblicato
sulla rete Internet, per almeno tre buoni motivi.

1) In primo luogo, solo una minima parte di quello che viene diffuso
sulla rete ha veramente rilevanza
come espressione della cultura e
della vita sociale italiana; la rete è composta da una larga percentuale
di documenti di scarso o nullo valore, da una ulteriore fetta consistente di
documenti di valore personale – come ad esempio le classiche foto delle vacanze,
rese disponibili via Internet per la famiglia e per i parenti che vivono lontani,
ma che non interessano tutti gli altri – e da documenti e siti commerciali,
da forum e comunità che non hanno certo un contenuto di espressione artistica.

2) In secondo luogo, non ha utilità depositare un documento
telematico presso le biblioteche dello Stato
, dal momento che un documento
di questo genere è sempre comunque disponibile, per sua stessa natura,
o comunque per l’esistenza di servizi che consentono di risalire alle
versioni precedenti dei siti. È, in altri termini, impensabile che un
cittadino possa mai avere interesse a rivolgersi alla Biblioteca di Firenze
per visionare una pagina Web un tempo pubblicata su un certo sito, quando è
sufficiente connettersi comodamente da casa a un apposito servizio on line.

3) Infine, bisogna capire dove potrebbero mai immagazzinare, le due biblioteche
di Stato destinatarie del deposito, le tonnellate di informazioni
che riceverebbero se tutti gli italiani effettuassero realmente il deposito
delle pagine esistenti e delle nuove che man mano verrebbero create.

Tutto questo quando la stessa legge espressamente prevede che dal deposito
dei documenti legali “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica”.

Per tutti questi motivi, pur non potendosi ancora dare una risposta sicura
vista la pessima formulazione della nuova legge, sembra si possa concludere
che i documenti più comuni, pubblicati su Internet, non siano soggetti
al deposito legale, in quanto non espressione di “cultura e vita sociale
italiana”, e lo siano invece solo quando siano vere e proprie opere editoriali,
come ad esempio nel caso di un romanzo Web, una raccolta fotografica di pregio
o un “video d’artista”, come in quest’ultimo caso riconosce
la stessa legge. Al momento questa è l’unica conclusione che si
può abbozzare.

Tuttavia, entro sei mesi dovrebbe essere emanato il regolamento di attuazione,
che potrebbe chiarire molte cose, anche perché la nuova legge stessa
stabilisce che il regolamento potrà definire i “casi di esonero
totale e parziale dal deposito dei documenti”.
C’è da auspicare che questa volta il legislatore sia più
preciso e che in sede regolamentare si possa correggere una legge che rimarrà
comunque troppo ambigua.

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