Dalla Francia più interventi per le Pmi innovatrici

Serge Boscher, direttore dell’Agenzia francese per gli investimenti internazionali, spiega le nuove misure per favorire le attività R …

Dall’atomo a un pannello fotovoltaico, il passo può essere breve. Se il recente accordo tra Italia e Francia sul nucleare mette in campo le grandi compagnie nazionali (Edf ed Enel), aumenta di pari passo lo spazio per la cooperazione tra le Pmi dei due paesi. Non solo in campo energetico – pur con gli evidenti problemi di un ritorno italiano al nucleare – ma anche in tutti quei settori dove la tecnologia gioca un ruolo dominante.

Serge Boscher, direttore dell'Agenzia francese per gli investimenti internazionali (Afii)Il governo francese sta puntando moltissime carte sulle attività di ricerca e sviluppo, attraverso misure fiscali come il credito d’imposta e interventi nel diritto del lavoro. La Francia ha capito l’antifona: così come bisogna spostare certe produzioni manifatturiere nei paesi emergenti (dove i costi sono inferiori), è altrettanto vitale mantenere e attirare i centri creativi delle aziende.
Dell’importanza dell’innovazione come motore per la crescita economica, B2B24.it ha discusso con Serge Boscher, direttore dell’Agenzia francese per gli investimenti internazionali (Afii).

Partiamo dall’attualità: Francia e Italia hanno appena firmato un accordo di cooperazione sul nucleare. Il tema dell’energia è all’ordine del giorno, con particolare attenzione anche alle fonti rinnovabili. In quali direzioni si sta muovendo il governo francese?
«La Francia ha lanciato un forte programma nucleare già all’inizio degli anni ’70. Questa è una delle ragioni per cui il costo dell’energia è molto competitivo rispetto all’Italia. Considerando le fonti rinnovabili, possiamo parlare di un “New Deal verde” per la Francia. Seguiamo l’obiettivo europeo di produrre almeno il 20% di energia pulita entro il 2020, ma vogliamo superare questo traguardo arrivando al 33% di fonti rinnovabili. Un ampio dibattito tra compagnie, associazioni e società civile ha contribuito a tracciare gli indirizzi di questa politica, che diventerà concreta con le due leggi “Grenelle environnement”. La prima è una legge quadro che si dovrebbe votare in parlamento nelle prossime settimane. Entro la fine del 2009 avremo la seconda Grenelle con le misure specifiche».

Oltre all’energia, in quali altri settori le aziende italiane e francesi possono collaborare? Quante sono le nostre imprese presenti sul vostro territorio?
«Sono circa 950 imprese. L’Italia è sesta nella classifica dei paesi che stanno creando posti di lavoro in Francia; il settore trainante è quello della produzione, con una forte competenza in alcune nicchie industriali. Al primo posto c’è la metallurgia con il 37% dei posti di lavoro creati dalle vostre società nel nostro paese, poi il tessile e abbigliamento e varie attività nel campo della ceramica, legno, carta e vetro. Al quarto posto c’è il comparto automobilistico. In base alle ultime cifre disponibili, le aziende italiane contano per 2mila posti e 25 progetti aperti nel 2007; le stime per il 2008 sono in crescita. Finora, queste aziende hanno mantenuto molte attività di R&S in patria, ma potrebbero approfittare del nostro ecosistema per le innovazioni».

Perché ha utilizzato il termine “ecosistema”?
«In Francia abbiamo un ecosistema per il business molto interessante, non solo per le aziende straniere ma anche per quelle francesi. Perché se un’impresa italiana arriva in Francia, ha bisogno di partner, di una catena di fornitori e di Pmi che siano vicine a loro. L’obiettivo è attrarre sempre più competenze qualificate. Gli investimenti diretti esteri forniscono un vasto contributo, perché nel 2007 abbiamo creato o salvato circa 44mila posti di lavoro in questo modo. Ci sono anche riforme nel diritto del lavoro. Ora le aziende e i dipendenti possono negoziare con più flessibilità le ore supplementari settimanali (dalle 35 di base al massimo di 48), con sgravi fiscali che innalzano la remunerazione di queste ore del 25 per cento».

Come si stanno configurando, quindi, le misure della Francia per favorire l’innovazione?
«La Francia sta puntando sull’innovazione tecnologica in due direzioni: la prima è lo sviluppo dei poli scientifici e tecnologici cui saranno destinate ingenti risorse nei prossimi anni. La seconda è il credito d’imposta per la ricerca (Cir), nella nuova versione operativa dal primo gennaio 2008. È il miglior sistema di questo tipo in Europa. Il primo anno si può dedurre, dalla base imponibile dell’imposta sulle società, il 50% delle spese sostenute per attività di R&S. L’aliquota è del 40% per il secondo anno e del 30% per i seguenti. Le basi per la definizione delle spese di R&S sono ampie e il meccanismo è semplice e intuitivo. L’impegno pubblico è molto elevato: il costo per lo stato è di circa tre miliardi di euro per il nuovo credito d’imposta. Ritengo però che sia un investimento, piuttosto che un semplice costo».

Può già fornire un primo bilancio del Cir rinnovato?
«Ancora non conosciamo con precisione il numero delle aziende che fruiscono del nuovo Cir. È molto importante evidenziare il fatto che il governo ha incrementato i fondi per il Cir nell’ultima legge finanziaria, passando da 1,5 a circa tre miliardi di euro. Anche considerando il vecchio sistema, le cifre mostrano un notevole aumento: nel 2007, oltre 8mila imprese avevano depositato una dichiarazione per il Cir. Le aziende titolari hanno così ricevuto 1,5 miliardi, il doppio dei fondi stanziati nel 2006».

Secondo lei, qual è la via migliore per superare l’attuale crisi economica internazionale?
«La fiducia è la parola chiave: per i consumatori, le aziende, i banchieri. All’inizio è stata una crisi finanziaria, poi evoluta in crisi economica. Dobbiamo impedire che diventi anche sociale. Per fermare il processo bisogna comunicare un forte messaggio di fiducia, senza la quale non c’è futuro per gli investimenti».

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