Dal Fisco i chiarimenti sulla Tremonti-ter

Si applica a tutti i titolari di reddito d’impresa l’agevolazione prevista dalla c.d. Tremonti Ter, come viene precisato dall’Agenzia delle entrate che fornisce alcuni chiarimenti sui meccanismi della detassazione degli investimenti in impianti ed attrezzature

Il Fisco illustra, nella circolare n. 44/2009, i meccanismi della detassazione degli investimenti in impianti ed attrezzature disposta ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Dl 78/09 (c.d. Tremonti Ter).


Il riscontro è certamente favorevole in relazione alle indicazioni delle Entrate sulla rilevanza di componenti non autonome, incorporate nei beni agevolabili, e per l’apertura nei confronti di hardware e software necessari al funzionamento degli stessi.


Qualche perplessità rimane sul criterio adottato dal legislatore per l’inquadramento dell’ambito oggettivo della detassazione, attraverso il rimando ad una specifica divisione della Tabella Ateco 2007, che lascia indenne il rischio di incertezze interpretative che potrebbero portare alla revoca del beneficio.


Nessuna sorpresa a proposito dei soggetti beneficiari dell’incentivo. Confermata, infatti, l’estensione indiscriminata a tutti i titolari di reddito d’impresa. L’accesso all’agevolazione, comunque, è condizionato al comprovato adempimento degli obblighi previsti dal Dlgs 17 agosto 1999, n. 334, in attuazione della direttiva 96/82/CE, relativo al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, come modificato dal Dlgs 21 settembre 2005, n. 238, per l’attuazione della direttiva 2003/105/CE.


Beni agevolabili per la detassazione
Nel testo della circolare applicativa n. 44/2009, il Fisco ha confermato la posizione molto flessibile tenuta nelle precedenti versioni della Tremonti, in relazione alle modalità di acquisizione e di impiego dei beni agevolati. Per l’amministrazione, infatti, è assolutamente irrilevante il titolo di acquisto degli impianti e dei macchinari da parte dell’impresa.


Libero spazio, quindi, non solo all’acquisizione diretta da terzi, ma anche alla realizzazione degli impianti e dei macchinari in economia o mediante contratto di appalto. Segnatamente a tali modalità di acquisizione, l’agenzia ha ritenuto opportuno soffermarsi, visto il periodo limitato di applicazione dell’agevolazione (che terminerà il prossimo 30 giugno 2010), sul momento rilevante per il computo dei beni realizzati in economia o appalto. Ai sensi dell’art. 109 del Tuir, per i beni commissionati in appalto, i costi di realizzazione si considerano sostenuti dal committente alla data di ultimazione della prestazione. In questa ipotesi, resterebbero esclusi dal beneficio fiscale quei beni completati e consegnati al committente successivamente al 30 giugno 2010. In alternativa, sarà possibile ricorrere alla certificazione degli stati di avanzamento lavori. In questa ultima ipotesi, precisa il Fisco, risulteranno ammessi alla detassazione i corrispettivi liquidati nel periodo in cui si applica l’agevolazione in base allo stato di avanzamento lavori (Sal), indipendentemente dalla durata infrannuale o ultrannuale del contratto. Tuttavia, a tal fine sarà necessario che il Sal sia liquidato in via definitiva, in quanto accettato dal committente.


In riferimento ai beni costruiti in economia, la circolare ha segnalato come rilevante l’insieme dei costi, imputabili all’investimento, sostenuti nell’intervallo 1° luglio 2009-30 giugno 2010. Fra questi, la circolare ha ricordato: la progettazione dell’investimento, i materiali acquistati o prelevati dal magazzino, la mano d’opera diretta, gli ammortamenti dei beni strumentali impiegati nella realizzazione del bene e i costi industriali imputabili all’opera (stipendi dei tecnici, spese di mano d’opera, energia elettrica degli impianti, materiale e spese di manutenzione, forza motrice, lavorazioni esterne, eccetera). La detassazione si applica anche alle opere già in corso al 1° luglio 2009, limitatamente ai costi sostenuti nel menzionato periodo di vigenza dell’agevolazione.


Ritornando alle modalità di acquisto dei beni, la circolare ha espressamente contemplato gli acquisti di beni con patto di riservato dominio di cui all’art. 1523 del codice civile.


Stesso discorso per i beni acquisiti in locazione finanziaria. Anche nel caso dell’incentivo in esame, infatti, il Fisco ha voluto rispettare l’ormai consolidato principio di equivalenza tra l’acquisizione in proprietà e quella effettuata tramite contratto di leasing, purché, in quest’ultimo caso, il contratto contempli l’opzione di acquisto finale del bene a favore dell’utilizzatore. Ai fini del computo dell’agevolazione, rileva il costo sostenuto dal concedente per l’acquisto dei beni – limitatamente a quelli effettivamente consegnati all’utilizzatore nel periodo di vigenza – al netto delle spese di manutenzione.


L’agevolazione spetta anche nei casi in cui la società di leasing realizzi, in appalto, un bene rientrante tra quelli agevolabili allo scopo di concederlo in locazione finanziaria all’utilizzatore. In tal caso, rileveranno i soli corrispettivi che la società di leasing concedente ha liquidato, nel periodo di vigenza dell’agevolazione, all’appaltatore in base agli stati d’avanzamento lavori.


L’agevolazione non spetta, invece, per l’acquisizione dei beni mediante “leasing operativo”.


Quanto all’utilizzo dei beni acquisiti, sin dall’inizio ha colpito, nella definizione normativa, l’assenza di ogni riferimento alla strumentalità dei beni acquisiti. Da tale particolare, l’Agenzia fa discendere che, ai fini dell’agevolazione, conti esclusivamente l’acquisizione dei beni a prescindere dal loro impiego all’interno del processo produttivo (tanto è vero che la mancata entrata in funzione dei beni è irrilevante ai fini del beneficio), restando esclusi dall’agevolazione i soli beni trasformati o assemblati per l’ottenimento di prodotti destinati alla vendita.


Persiste, di contro, l’obbligo di novità dei beni acquisiti, restando esclusi dall’agevolazione i beni a qualunque titolo già utilizzati. Via libera, in ogni caso, ai macchinari e alle apparecchiature che sono state esposte precedentemente nello show room dal rivenditore e sia utilizzato esclusivamente da questi al solo scopo dimostrativo. Analogamente, per i beni complessi realizzati in economia, ove alla loro realizzazione abbia concorso anche un bene usato, il requisito della novità sussiste in relazione all’intero bene, purché il costo del bene usato non sia di prevalente entità rispetto al costo complessivamente sostenuto. Nel caso in cui il bene complesso, che incorpora anche un bene usato, sia stato acquistato a titolo derivativo, il cedente dovrà attestare che il costo del bene usato non è di prevalente entità rispetto al costo complessivo.


Agevolabili anche le componenti non “autonome”
La circolare ricorda che l’art. 5, comma 1, del decreto circoscrive i beni agevolabili alle apparecchiature ed ai macchinari espressamente contemplati nella divisione 28 della tabella Ateco 2007. Nonostante i chiarimenti delle Entrate, resta ancora “sibillino” l’inquadramento della categoria dei beni agevolabili in riferimento ai “produttori” e non, invece, al bene in se stesso.


La divisione 28 è denominata “Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature N.C.A. [non classificabili altrimenti]”. Tuttavia, le Entrate hanno espressamente chiarito che, al fine di verificare se un bene risulti o meno agevolabile, non è sufficiente controllare il codice attività del soggetto cedente, quanto l’astratta riconducibilità del bene ad una delle categorie produttive desumibili dalla divisione 28. Ciò, in sintesi, vuol dire che, se il cedente è registrato con un codice attività compreso nella divisione 28, ma fornisce un bene che non è contemplato in tale divisione, lo stesso non sarà agevolabile. Dovrebbe valere ovviamente (ma il Fisco non lo dice), anche l’inverso e, cioè, l’agevolazione di un bene riconducibile a detta divisione non è messa in discussione dal fatto che chi lo cede non sia in possesso di un codice attività classificabile nella divisione 28.


Gli investimenti in nuovi macchinari e nuove apparecchiature compresi nella divisione 28 rilevano anche se gli stessi sono destinati ad essere inseriti in impianti e strutture più complessi già esistenti, non compresi nella divisione 28. Questo perché, come chiarisce la circolare, le note esplicative alla suddetta divisione chiariscono che i beni rientranti nella divisione 28 sono suscettibili di un utilizzo all’interno di una vasta gamma di attività economiche previste nella classificazione Ateco 2007.


L’amministrazione ha poi fatto cenno alla rilevanza dei beni che, pur considerandosi indispensabili ai fini del funzionamento degli impianti e delle apparecchiature di cui alla divisione 28, non sono essi stessi riconducibili a detta divisione. È il caso, per esempio, dell’hardware e del software necessari al funzionamento di questi impianti ed apparecchiature. A tal proposito, la circolare ha espressamente ammesso all’agevolazione i componenti e/o le parti indispensabili per il funzionamento degli stessi, ancorché non inclusi nella divisione 28. Tra questi, la circolare cita proprio i computer e i software che servono a far funzionare i macchinari e le apparecchiature. Il rapporto di “indispensabilità” è fondamentale ai fini dell’agevolazione di tali componenti, in quanto nella generalità dei casi rilevano le sole “parti e accessori” espressamente incluse nella divisione 28.


Infatti, l’investimento in un nuovo bene complesso non compreso nella divisione 28, costituito anche da nuovi macchinari e nuove apparecchiature compresi nella divisione 28, è agevolabile nei limiti del costo riferibile a questi ultimi beni oggettivamente individuabili.


Cumulo con altri benefici
Cumulabilità a maglie larghe fra la Tremonti Ter e le residue disposizioni di agevolazione a favore delle imprese, purché non siano queste ultime a prevedere una esplicita limitazione al cumulo. L’art. 5 del Dl 78/09, infatti, non accenna ad alcun limite nell’utilizzo congiunto della detassazione con altre forme di aiuto.


Purtroppo, però, nelle maglie larghe di tale apertura si incastra il bonus energetico di cui all’art. 1, commi 344 e 345, della legge n. 296 del 2006 che, stando alle conclusioni del Fisco nella circolare n. 44/2009, non può cumularsi con l’incentivo Tremonti per effetto di alcune specifiche indicazioni normative che regolano la detrazione del 55%.


Seguendo il ragionamento dell’amministrazione, a vietare il cumulo fra le due disposizioni sarebbe, in particolare, l’art. 10 del Dm 19 febbraio 2007 (Disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica) secondo cui “le detrazioni … non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge nazionali per i medesimi interventi”. Tanto basta all’Agenzia per concludere che “in relazione al medesimo bene oggetto di investimento il contribuente deve decidere se escludere dall’imposizione sul reddito d’impresa il 50 per cento del valore dell’investimento ovvero avvalersi della detrazione spettante per le spese di riqualificazione energetica di cui all’articolo 1, commi 344 e 345, della legge n. 296 del 2006”.


La fruizione congiunta delle due agevolazioni è stata suggestiva e controversa sin da quando le disposizioni sulla detassazione sono diventate operative.


Parte della dottrina si era mostrata favorevole al cumulo, pur riconoscendo quanto la questione potesse essere dubbia in virtù di alcune precisazioni del legislatore di ambigua lettura.


È fuori discussione, infatti, che l’art. 6, comma 3, del Dlgs 115/08 stabilisca che “a decorrere dal 1° gennaio 2009 gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell’efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori contributi comunitari, regionali o locali, fatta salva la possibilità di cumulo con i certificati bianchi e fatto salvo quanto previsto dal comma 4”.


Altrettanto indubbio è che le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’art. 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 debbano rientrare nella categoria degli “Strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell’efficienza energetica”.


Corretto è anche evidenziare – come fa il Fisco – che il Dm 19 febbraio 2007, all’art. 10 stabilisca che “Le detrazioni di cui al presente decreto non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge nazionali per i medesimi interventi di cui all’art. 1, commi da 2 a 5”.


Soffermiamoci, però, sulle disposizioni del Dlgs 115/08. Sul piano giuridico, il punto in discussione è: l’articolo 6, comma 3, del Dlgs 115/08, quando parla di “ulteriori contributi comunitari, regionali o locali” si riferisce a tutte le forme di aiuto o solo alla categoria degli “aiuti di stato”?


In verità, sembrerebbe più credibile questa seconda ipotesi. Per cui, non sussisterebbe alcun ostacolo al cumulo con la Tremonti Ter che aiuto di Stato non è.


Quanto al disposto del Dm 19 febbraio 2007, all’art. 10, dove si fa riferimento ad un’altra categoria concettuale, quella delle “altre agevolazioni fiscali”, il divieto di cumulo non sembra riferirsi solo agli “aiuti di Stato” ma a tutte le forme di incentivo fiscale, cui la Tremonti Ter effettivamente appartiene, pur non essendo classificabile come aiuto di Stato. Questo sembrerebbe effettivamente un punto a favore della non cumulabilità. In ogni caso, la norma citata fa riferimento ad un divieto di cumulo con altre disposizioni di agevolazione “per i medesimi interventi”, lasciando intendere che il cumulo fosse vietato solo qualora l’ulteriore norma di incentivo riguardasse specificamente interventi per la riqualificazione energetica.


D’altro canto, sul fronte negazionista, non è pienamente corretta l’affermazione per la quale il cumulo consentirebbe un “guadagno per l’impresa”. Infatti, a fronte di una spesa di 100 ammissibile ad entrambi i benefici, la detrazione del 55% assegna un beneficio (certo) pari a 55, che diminuisce l’imposta da versare. La Tremonti Ter, invece, assegna un beneficio (teorico) di 13,75 (se l’esclusione rileva solo ai fini Ires, e di poco più se rileva anche ai fini Irap), scaturente dalla variazione in diminuzione del reddito imponibile e, dunque, utilizzabile solo in caso di reddito positivo. Il tutto, comunque, non da un guadagno, a meno che non si consideri anche l’abbattimento d’imposta dovuto alla rilevanza fiscale del costo sostenuto.


Per tutte le residue forme di agevolazione, resta confermata la possibilità di cumulo con la Tremonti Ter, salvo che le norme disciplinanti le altre misure, alla stregua di valutazioni che rientrano nella competenza degli organi eroganti, non dispongano diversamente.


Sotto tale profilo, la circolare 44/2009 ha espressamente contemplato la cumulabilità tra la detassazione Tremonti Ter ed il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate previsto dall’art. 1, commi da 271 a 279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.


Via libera, inoltre, alla fruizione congiunta dell’agevolazione in esame con il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo previsto dall’art. 1, commi da 280 a 284, della medesima legge n. 296 del 2006.


Calcolo dell’agevolazione
L’importo da detassare sarà pari al 50% del valore cumulativo degli investimenti realizzati. Tale valore, ricorda il Fisco, dovrà essere assunto secondo i criteri ordinari per l’individuazione del costo dei beni rilevante ai fini fiscali previsti dall’art. 110, comma 1, lett. a) e b) del Tuir, indipendentemente dalle modalità (ordinarie, forfetarie, sostitutive) di determinazione del reddito da parte del contribuente.


Il costo del bene agevolabile, inoltre, deve essere rilevato al netto di eventuali contributi in conto impianti, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione, con l’eccezione di quelli non rilevanti ai fini delle imposte sui redditi.


Il valore degli investimenti comprende “anche gli oneri accessori di diretta imputazione” che l’impresa deve sostenere affinché il bene possa essere utilizzato (ad es. spese di trasporto, installazione, ecc.) e l’Iva totalmente indetraibile sull’acquisto.


Va da sé, per quanto detto in premessa sui soggetti ammessi al beneficio, che il valore dell’agevolazione, in presenza di attività solo parzialmente esercitate in regime di impresa, andrà ridotto proporzionalmente all’incidenza dell’attività d’impresa sul totale delle attività poste in essere dal beneficiario.


Per ciò che attiene l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione (1° luglio 2009 – 30 giugno 2010), dovranno seguirsi le regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir.


L’agevolazione viene fruita apportando una variazione in diminuzione della base imponibile del reddito di impresa del periodo di imposta di effettuazione degli investimenti agevolabili. Essa opera indipendentemente dal risultato di esercizio ottenuto (utile o perdita) e, pertanto, concorre a determinare il risultato reddituale anche in presenza di una perdita, la quale rileverà ai fini della determinazione del reddito secondo le regole ordinarie previste dal Tuir. La perdita sarà riportabile non oltre il quinto, se derivante dall’esercizio di imprese commerciali in contabilità ordinaria mentre potrà essere dedotta nei periodi d’imposta successivi senza alcun limite di tempo se realizzata nei primi tre periodi d’imposta. L’agevolazione è irrilevante al fine del calcolo degli acconti di imposta.


Revoca dei benefici
Il documento del Fisco ha ricordato che il comma 3 dell’art. 5 prevede la revoca dell’incentivo qualora l’imprenditore ceda a terzi o destini i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all’esercizio di impresa prima del secondo periodo di imposta successivo all’acquisto.


Stesso discorso vale per le ipotesi di dismissione, conferimento, donazione, assegnazione ai soci, destinazione al consumo personale o familiare dell’imprenditore del bene oggetto di investimento.


Per gli investimenti effettuati mediante contratti di leasing, la revoca scatta sia per il mancato riscatto del bene, sia la cessione del contratto di leasing a terzi prima del secondo periodo di imposta successivo a quello di realizzazione dell’investimento.


Non comporta revoca, invece, la cessione del bene oggetto di investimento alla società di leasing nel contesto di un’operazione di lease back.


La revoca non scatta nemmeno nel caso di furto del bene oggetto di investimento, comprovato dalla denuncia alle autorità competenti.


Inoltre, non costituisce causa di revoca dell’agevolazione il trasferimento del bene oggetto di investimento nell’ambito delle operazioni di fusione, scissione e trasformazione che interessano il soggetto che ha effettuato l’investimento, purché ciò non comporti l’uscita del bene dal regime d’impresa. Tuttavia, per evitare possibili abusi connessi con eventuali atti di disposizione del bene posti in essere dal cessionario/conferitario successivamente all’effettuazione delle predette operazioni entro il limite temporale del periodo di sorveglianza, al fine di rendere inoperante la revoca, è necessario che dagli atti relativi alla cessione o al conferimento risulti:



  • da un lato, la dichiarazione espressa del cedente/conferente che l’azienda o ramo d’azienda include investimenti oggetto dell’agevolazione, di cui andranno indicati tipologia, momento di effettuazione, valore ed ogni altra notizia utile;

  • dall’altro, l’impegno del cessionario/conferitario a mantenere il bene nell’ambito del compendio aziendale fino alla scadenza del periodo di sorveglianza dell’agevolazione.


In caso di mancato assolvimento degli oneri sopra indicati, interverrà la revoca dell’agevolazione con produzione dei relativi effetti in capo al soggetto che, a seconda delle circostanze, si è reso inadempiente.


Infine, costituisce causa di revoca dell’agevolazione anche il trasferimento del bene, ad opera del beneficiario dell’agevolazione, presso proprie strutture produttive situate al di fuori dello Spazio economico europeo.


(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

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