Da Ssi a Cloud Buster: la system integration al 2.0

Alfredo Gatti di Nextvalue ipotizza la nascita di una nuova tipologia di reseller che, in veste di intermediario dell’offerta, consenta la fruizione in mash-up dei servizi più appropriati al business dei clienti.

Gartner lo sostiene ormai da tempo. Ora, nero su bianco, a scommettere sull’adozione del cloud computing «da parte delle aziende top e di quelle micro, molto meno per quanto concerne le realtà di medie e piccole dimensioni» è anche Alfredo Gatti (nella foto), managing partner e fondatore di Nextvalue che, impegnato «ad affrontare i trend emergenti», nel Rapporto Assintel 2010 recentemente presentato, ha dedicato un intero capitolo ai trend delle tecnologie.

Protagonisti, neanche a dirlo, i servizi di Platform as a service e di Infrastructure as a service «che – come sottolinea Gatti -, promettono ai responsabili It di far riprendere quota, sul piano strategico, alla propria azienda e di liberare risorse, budget e competenze da dedicare ad attività maggiormente “core”». Ciò detto, pur attestandosi in prima fila, le practice di virtualizzazione perdono appeal a favore di soluzioni e servizi di collaboration e social media in ambito business.

A dirlo sono i risultati del centinaio di interviste ad altrettanti Cio condotte da Nextvalue lo scorso luglio, secondo cui social networking e Web 2.0 sarebbero le tecnologie ritenute maggiormente abilitanti nei prossimi dodici mesi. Alle spalle della virtualizzazione, il cloud computing conquista il terzo posto e, ancora più sorprendentemente, viene associato sempre più frequentemente al corretto mix dei servizi “as a service” possibili: infrastructure, platform o software che siano.

Con questo, resta indubbio che tecnologie e modelli emergenti come il cloud computing abbiano apportato un profondo ridisegno dell’It tradizionale e della sua governance, così come li conosciamo. Supportato dai dati di CIOnet, business network indipendente dedicato alle figure dei Chief information officer di aziende top, che lo scorso giugno è approdato anche in Italia, Gatti entra nel dettaglio dell’assunto, secondo il quale, «nel gioco del Cio la posta si alza».

Riprendendo a piene mani i risultati della consueta ricerca condotta da Nextvalue e relativa alla domanda di software e servizi in Italia, per il panel composto da 500 aziende e organizzazioni stratificato per industry e dimensione d’azienda, «e dalla quale – è l’ulteriore precisazione – sono state escluse la Pubblica amministrazione centrale e le micro imprese con meno di dieci dipendenti e sotto i due milioni di euro di fatturato», la prima asserzione sottolineata da Gatti è «che per migliorare la produttività dell’It non serve solo tagliare i costi, ma puntare sui margini».

Ecco allora la volontà di impiegare quelle tecnologie che consentendo una migliore produttività, promuovono approcci più flessibili ai costi operativi. «In altre parole – suggerisce Gatti – il cloud che, nelle applicazioni enterprise, non è certo un gioco da consumatori». Perché se in azienda, supportati da un business che suggerisce loro priorità da affrontare, i responsabili dell’It e il loro team stanno riguadagnando posizioni, «nelle imprese manca ancora una strategia per essere cloud-ready».

Il che, secondo il numero uno di Nextvalue, porterebbe ad auspicare la nascita di nuovi modelli di imprese di software e servizi consapevoli che possedere un applicativo non è più un vantaggio competitivo e una sicurezza. Tanto che quella che Gatti ipotizza è la genesi (anche se per il nostro interlocutore una decina di operatori sono già presenti sul nostro mercato – ndr) di una nuova tipologia di reseller battezzati Cloud Broker o Cloud Buster che «intermediando fra più vendor di soluzioni e servizi sulla nuvola e creando e mantenendo altrettante relazioni con i provider, si spingono oltre il ruolo del tradizionale fornitore, mettendo il valore della relazione di business davanti a qualsiasi singola linea d’offerta». Visti i tempi che corrono, c’è da tenere gli occhi aperti.

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