Cybercrime: conoscerlo non vuol dire evitarlo

Dal Norton Cybercrime Human Impact Report commissionato da Symantec a StrategyOne emerge che contro i crimini informatici c’è ancora poca coscienza sui comportamenti corretti da adottare. Tuttavia, bastano pochi e semplici accorgimenti per ridurre notevolmente i rischi.

Internet senza barriere, Internet culla della democrazia, Internet terreno sempre più fertile per i cyber criminali. Nell’era dei social network, il Web non sta solo modificando le relazioni fra gli internauti ma apre a nuovi dibattiti sulla sicurezza online. Una sicurezza che, analizzata a livello globale dalla società di ricerca indipendente StrategyOne, mette in luce una serie di comportamenti più o meno conformi ripresi all’interno del Norton Cybercrime Human Impact Report 2010.

Commissionata da Symantec, l’indagine condotta in 14 Paesi del mondo attraverso la somministrazione di un questionario online, ha messo in luce come il 65% dei 7.066 adulti interpellati sia stato vittima di un crimine informatico. Come da copione, la Cina si conferma capitale mondiale del cybercrime, con l’83% degli utenti che ha affermato di essere stato vittima di un attacco informatico, mentre con il 36% il Giappone si posiziona agli antipodi di una classifica che vede l’Italia al 6° posto, con un risultato più alto della media mondiale di quattro punti percentuali.

E se questo è il trend, a colpire è senz’altro il dato secondo cui il 79% degli intervistati totali ritiene che le possibilità di identificare e punire i criminali siano poche o nulle. Nonostante il fenomeno dell’hacking stia assumendo sempre più le sembianze del crimine organizzato, infatti, solo il 21% degli interpellati si dice cosciente del fenomeno in corso. In questo rincuora che, con il 51% pronto a rivolgersi alla Polizia Postale, gli italiani siano i più fiduciosi nella giustizia.

Peccato che per proteggere i propri dati, l’italico internauta interpellato evita sì, per il 67%, di comunicare in Rete informazioni personali ma poi, nel 76% dei casi, non effettua il regolare back up dei propri file, non utilizza (74%) carte di credito e indirizzi e-mail differenti per i propri acquisti online e non possiede (71%) un sistema di controllo del browser per identificare siti pericolosi. E poco consola che giapponesi e cinesi risultino i più negligenti preoccupandosi in minima parte di cambiare password di frequente o di eliminare le e-mail con allegati sospetti.

Se un dato accomuna tutti i Paesi del mondo è quello che le azioni volte a eliminare un crimine informatico comportano costi sia in termini economici che temporali. Gli stessi che, in Italia, sono quantificabili in 93 euro per ciascun utente e in 36 giorni impiegati per debellare una minaccia. Una media che per Ida Setti, consumer marketing director Symantec Italia, penalizza il nostro Paese che, «ben lontano dai 9 giorni impiegati dagli svedesi, si posiziona al 4° posto collocandosi, però, alle spalle dei tedeschi, in pole position davanti a India e Brasile con ben 58 giorni necessari per trovare una soluzione».

Così – udite, udite – nonostante dall’indagine emerga che gli uomini siano più sprovveduti delle donne nei comportamenti online queste ultime sono però molto meno attente quando si tratta di fornire i propri dati per acquistare sul Web un qualsiasi oggetto del desiderio, i consigli per un’efficace protezione dagli attacchi rimangono i medesimi di sempre. Sia firmata o meno Symantec, una soluzione per la sicurezza Internet che combini antivirus, firewall, rilevamento delle intrusioni e gestione delle vulnerabilità non dovrebbe mai mancare.
Come pure un attento controllo delle patch di sicurezza, affinché siano aggiornate e vengano applicate tempestivamente a tutte le applicazioni vulnerabili.

Un altro utile consiglio è assicurarsi che le password scelte contengano sia lettere sia numeri e che vengano modificate frequentemente. Aggiornare le definizioni dei virus con regolarità consente, poi, di proteggere i propri computer, mentre una buona regola di sempre resta quella di non aprire o lanciare in esecuzione alcun allegato di posta elettronica inaspettato o di cui non sia chiara la funzione.

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