Critiche sulla mancanza di uno standard per i Web services

Oggetto di polemiche è soprattutto il W3C, organismo che non avrebbe sin qui svolto con efficienza il proprio compito. Nascono così i dissidenti, come le quattro aziende che hanno di recente dato vita all’alternativo Ws-I.

Proprio mentre Microsoft si appresta a lanciare il proprio ambiente di sviluppo .Net e tutta l’industria del software si concentra su questa problematica, il principale organismo standardizzatore del Web, il consorzio W3C, viene sommerso dalla critiche di chi lamenta il vuoto propositivo in materia. A testimonianza del senso crescente di impazienza nei confronti delle lentezze burocratiche del World Wide Web Consortium, alcune aziende scelgono la strada della standardizzazione fai-da-te. La scorsa settimana Microsoft, Ibm, Bea Systems e Intel, quattro imprese direttamente coinvolte nel processo di trasformazione di Internet in un ambiente per l’erogazione di applicazioni e servizi, hanno dato vita alla Web Services Interoperability Organization, altrimenti detta Ws-I.

Anche se i partecipanti a questa nuova iniziativa e i portavoce del W3c sottolineano il fatto che i due organismi lavoreranno sempre a stretto contatto, le fonti consultate in seno al primo dicono che le relazioni tra il W3C e aziende come Microsoft e Ibm in particolare sono sempre più tesi. Le critiche riguardano in particolare le decisioni relative a una controversia su alcuni brevetti, la decisione di costituire un gruppo separato che si occuperà di decisioni e risoluzioni strategiche e la controversa spinta verso una applicazione di intelligenza artificiale chiamata Semantic Web. Il W3C, dicono i suoi detrattori, trascura colpevolmente la questione dei Web services, considerandoli poco importanti e preferendo al loro posto progetti troppo nebulosi. Ma il W3C ribatte: anche i fantomatici servizi non sono meno sperimentali e confusi.

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