Cresce l’interesse verso gruppi e consorzi

Unioncamere e Istituto Tagliacarne hanno pubblicato i risultati del rapporto 2002 sulle piccole e medie imprese

<i>10 luglio 2003</i>
Unioncamere e l’Istituto Tagliacarne hanno pubblicato i risultati del rapporto
2002 sulle Pmi che certifica “una crescita qualitativa e un
generalizzato ispessimento del sistema produttivo italiano, caratterizzati dallo
sviluppo delle reti e delle filiere, dalla progressiva affermazione dei gruppi
societari, dall’aumento delle forme associative e consortili”
. Ma non solo.
Il rapporto sottolinea che esiste una relazione diretta tra appartenenza a un
gruppo societario o a un consorzio di aziende e buone performance economiche,
misurabili in termini di crescita del fatturato, dell’occupazione, dell’export,
oltre che in propensione alla ricerca, all’innovazione, all’utilizzo
dell’Information and comunication technology e a una gestione
più flessibile della forza lavoro.


Fra gli imprenditori della Penisola si fa largo l’idea che piccolo non è più
tanto bello e che vale la pena di rinunciare a qualcosa in termini di
indipendenza per dare più forza alla propria azienda. Questo processo, definito
“lento ma costante”, vede un numero sempre maggiore di imprese aderire a
consorzi. Attualmente sono 122.000 le imprese che partecipano
ai 42mila gruppi societari presenti in Italia. Una scelta che paga anche in
termini di performance. L’indagine mostra infatti che le imprese in gruppo
indicano per il 2002, in percentuale maggiore rispetto al resto del campione, un
aumento del fatturato (44,7% contro 37,2%), dell’occupazione (38,4% contro
25,1%) e dell’export (50,5% contro 32,3%). Le imprese che fanno
parte di consorzi
fanno segnare risultati ancora migliori in termini di
fatturato (46,8% contro il 36,6% della media). Sull’export, invece, l’andamento
è leggermente inferiore, anche se l’effetto consorzio sembra significativo (il
44,2% delle imprese export oriented appartenenti a consorzi aumenta le
esportazioni, contro il 50,5% delle appartenenti a gruppo”
.


Significativi anche i dati della performance occupazionale.
Il 36% delle società appartenenti a un consorzio aumenta l’occupazione, contro
il 38,4% delle appartenenti a un gruppo. Il discorso vale anche per l’accesso
all’Ict. L’85,6% circa delle imprese in gruppo e l’84,8% delle imprese facenti
parte di consorzi dispone di collegamento Internet (contro il 65% delle imprese
isolate); il 57,8% delle imprese appartenenti a gruppo e il 57% delle imprese
appartenenti a consorzi dichiara di avere un proprio sito (contro il 46% di
quelle isolate), mentre non utilizzano Internet per parte delle proprie vendite
il 55% delle imprese facenti parte di gruppo, a fronte del 72% circa delle
imprese isolate. Infine, le imprese in gruppo dichiarano in percentuale maggiore
che l’innovazione rappresenta uno dei loro principali fattori
competitivi (10,3% contro 6,3%). Significativa è anche la differenza in
relazione al tema della ricerca e sviluppo. Investimenti in questo ambito sono
effettuati da circa il 52,6% delle imprese in gruppo e dal 41,5% delle imprese
facenti parte di consorzi, contro poco più del 25% delle imprese isolate. Per
quanto riguarda l’orientamento all’export, il 23,5% delle partecipanti a gruppo
e il 21,7% delle partecipanti a consorzio dichiarano di vendere prevalentemente
all’estero, contro 14% delle imprese isolate.


L’indagine conferma che il tessuto produttivo italiano è
organizzato secondo un modello relazionale, basato su segmenti produttivi con un
orientamento prevalente alla subfornitura. Infatti, sono subfornitrici il 53,2%
delle imprese in gruppo ed il 63% delle imprese autonome. La subfornitura,
inoltre, ha un peso significativo nei distretti, dove la quota di aziende legate
da rapporti di questo genere è pari al 64,3%.


 


Le Pmi in cifre


Su 5,8 milioni di imprese presenti in Italia il 95% ha meno di 10 addetti,
una media superiore di 6 punti percentuali a quella registrata a livello europeo
(89.1%). Inoltre il 4,5% delle imprese ha fra 10 e 50 dipendenti. Negli ultimi
cinque anni alle Pmi si deve il 90% della nuova occupazione creata (pari a circa
1.260.mila posti di lavoro). Queste stesse imprese realizzeranno, anche per il
2003, circa il 96% di tutta la nuova occupazione dipendente nelle aziende
italiane, pari a 254mila posti di lavoro. Le Pmi producono anche il 72,5% del
valore aggiunto e l’82,2% dell’occupazione.


 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome