Cresce la difficoltà del Hr director nel gestire la conoscenza aziendale

I responsabili delle risorse umane devono saper trovare leve gestionali efficaci per valorizzare la cultura presente nell’impresa e creare motivazione e consenso presso manager e dipendenti. Un’indagine condotta da Ibm a livello mondiale ha cercato di confrontare i vari approcci.

 


Il 50% di tutte le scoperte tecnologiche si è affermato negli ultimi 15 anni. Non è strano, dunque, che il mondo industrializzato abbia qualche difficoltà a gestire l’onda dei cambiamenti che queste innovazioni hanno portato, soprattutto a livello organizzativo.


Secondo Federico Butera, presidente Irso (Istituto ricerca intervento su sistemi organizzativi) e professore di sociologia Università Milano Bicocca "fino a oggi si chiamavano in causa Edp manager, amministratori delegati o Ceo. La questione, invece, non va vista sotto il profilo delle tecnologie quanto, piuttosto, della qualità dei rapporti tra i vari team Hr e le extranet, Internet, il Krm, il Crm e via dicendo. È necessario che l’impresa abbia una sorta di coadiuvatore interno capace di relazionare le risorse umane e che sappia identificare tutti gli aspetti chiave relativi a una conoscenza non generale, ma corrispondente alle specificità dell’azienda in cui opera".


Se l’integrazione di una serie di elementi che permettano una gestione ottimizzata della conoscenza non è una fiaba degli analisti, non sempre è necessario coinvolgere consulenti esterni. Rispetto al passato, infatti, oggi i team aziendali sono capaci di operare in condizioni estreme e funzionano bene. L’ipotesi di identificare in azienda un gestore del capitale umano che si proponga come un banchiere della conoscenza, in grado di generare interesse, di stimolare il management e di facilitare la comunicazione interaziendale presuppone una capacità di disegnare nuovi processi informativi, attraverso nuove forme di leadership. Perché, come suggeriscono gli esperti, la gente non vuole essere amministrata ma guidata. "La resistenza al cambiamento – commenta Claudio Poli, amministratore delegato Isvor Fiat – va gestita come un problema culturale di disponibilità e di competenze a disposizione da giocare. Non essendoci dei modelli di riferimento, lo sviluppo di queste capacità impone un atteggiamento nuovo da parte delle imprese e questo si può ottenere soltanto puntando sul fattore Hr. Le risorse umane dovranno essere sempre più competenti, integrate e identificate con l’impresa, capaci di condividerne vision aziendali e business. Gli input devono venire da responsabili Hr preparati e capaci di generare leve gestionali efficaci in grado di creare motivazione e consenso".


Certo è che la gestione del capitale umano rappresenta una sfida strategica per molte organizzazioni. Mentre la mobilità della forza lavoro cresce e le competenze specializzate scarseggiano, agli Hr manager è richiesto, in un’ottica di riduzione costi, di garantire livelli di prestazione delle persone adeguati agli obiettivi aziendali. A questo proposito può essere utile confrontarsi con organizzazioni leader a livello mondiale, cercando di capire cosa fanno per proteggere e sviluppare queste risorse. Si spiega, così, l’indagine che nel corso del 2002 Ibm Business Consulting Services ha realizzato a livello mondiale, coinvolgendo più di 1.300 aziende su 47 Paesi, per una rappresentanza di 6,6 milioni di risorse.

La percezione del ruolo


"Il primo dato che conferma la trasformazione in atto – spiega Maurizio Caponi, managing consultant di Ibm-Bcs e responsabile della survey per l’Italia – è rappresentato dal posizionamento acquisito dall’Hr director nell’organigramma aziendale, che quasi sempre riporta ai vertici e occupa a pieno diritto un posto nei comitati direttivi delle aziende. Per contro, però, solo il 15% dei direttori del personale si dichiara molto soddisfatto dell’impatto su strategie e obiettivi aziendali; evidentemente la percezione è di ruolo poco incisivo al riguardo".


Le priorità di business e quelle relative alla funzione del personale risultano, di fatto, non sempre allineate e coerenti. In un momento in cui il perseguimento dei recuperi di efficienza e del taglio dei costi viene indicato come priorità di business assoluta, la funzione del personale ritiene di dover concentrare le proprie forze su differenti priorità, quali lo sviluppo della leadership, che richiedono investimenti il cui ritorno è previsto nel medio termine.


L’avvertimento degli esperti è semplice: solamente quelle organizzazioni nelle quali la funzione del personale sarà in grado di implementare e utilizzare le nuove tecnologie per lo sviluppo del capitale umano e la condivisione delle conoscenze, potranno presentarsi con le carte in regola, qualificando a pieno diritto la funzione del personale quale partner strategico di business.

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