Copyright: a Smau i riformisti dei Creative Commons

Tra le posizioni oltranziste che vorrebbero il diritto d’autore esteso ovunque e comunque e quelle che vogliono cancellarlo cresce la terza via “riformista” che permette di creare un copyright flessibile e personalizzabile sulle esigenze dell’autore

Il dibattito sul diritto d’autore è entrato anche in Smau e in particolare in e-Academy dove si è abbassato il volume della polemica che accompagna da tempo questo argomento e si è alzato il livello della proposta, non più basata solo sullo scontro frontale tra chi invoca l’applicazione del diritto d’autore sempre e ovunque e chi invece lo nega sistematicamente.

Sia chiaro i Creative Commons non sono una novità, sono ormai una realtà in 23 Paesi e ci sono commissioni di esperti che ci stanno lavorando da oltre due anni. La novità sta nel fatto che questa formula sta raccogliendo consensi sempre più vasti anche in Italia e che dallo scontro ideologico si passa alle proposte concrete e, come vedremo, alle soluzioni tecnologiche che li rendono attualibili.

Ma facciamo un passo indietro con l’aiuto di Juan Carlos De Martin del Politecnico di Torino che ha presentato a Smau gli ultimi risultati del gruppo di lavoro italiano sui Creative Commons e che ha spiegato la filosofia di questo nuovo modello di protezione delle opere dell’ingegno e della creatività.
”Il punto di partenza – spiega – sta nel fatto che tutti coloro che operano attraverso il web sono dei potenziali autori di opere creative in tanti settori: dal giornalismo alla narrativa, dalla fotografia alla musica, dalla cinematografia alla formazione. Il web è un luogo straordinario che consente la creazione, la pubblicazione e la condivisione di opere a costi (anche) bassissimi e in tempi velocissimi. Queste opere hanno un autore (o più autori) ai quali va riconosciuto il diritto di paternità dell’opera e di tutti i diritti correlati” .
E questo è il vero nodo della questione: come permettere all’autore di creare e come permettere a tutti coloro che vogliono godere di queste opere di farlo rispettando i diritti dell’autore?

Davanti a questo tema si sono confrontate e si confrontano tuttora due grandi scuole di pensiero, entrambe influenzate da una visione ideologica: i “conservatori” che invocano l’applicazione del copyright a tutte le opere indipendentemente dal media in cui sono realizzate e da quello con il quale vengono rese disponibili e i “rivoluzionari” convinti che le modalità di diffusione e di condivisione delle opere attraverso Internet sono tali da rendere del tutto inutile l’applicazione di qualsiasi forma di copyright.

Due posizioni che per ragioni opposte non riescono a soddisfare nello stesso tempo il bisogno di diffondere facilmente le nuove opere digitali (o concepite con media digitali) con il legittimo desiderio di proteggerle. Il “vecchio” copyright è rigido, oneroso e sempre più incompatibile con la fortissima domanda di diffusione di opere digitali attraverso il web. L’assoluta mancanza di ogni forma di garanzia dei propri diritti d’autore è una non-risposta al problema e scoraggia tutti coloro che legittimamente desiderano mantenere i propri diritti sulle proprie opere.

“I Creative Commons – spiega De Martin – sono stati definiti in vari modi: “Socialdemocratici”, “Riformisti” o anche e forse più efficacemente “Copyright dal volto umano” e sono in sostanza una formula che permette all’autore di definire il modello di copyright che ritiene più opportuno per la propria opera e per garantirne nello stesso la diffusione” .

In concreto i Creative Commons garantiscono all’autore il diritto inviolabile della titolarità dell’opera ma gli chiedono di rinunciare ad alcuni diritti. E’ l’autore stesso a definire la formula della licenza della sua opera all’interno di un “menù” di sei diverse opzioni.

“Sempre e comunque – spiega De Martin – si riconosce la titolarità dell’autore, il quale può però scegliere se concederne o meno l’uso commerciale. Il terzo livello riguarda la possibilità di concedere o proibire la realizzazione di opere derivate e dunque l’inviolabilità dell’opera stessa. Da questo punto deriva il quarto livello che consente all’autore di condividere con altri la stessa licenza o imporrà a coloro che avranno realizzato opere derivate di fare riferimento all’opera madre” .

Dal punto di vista concettuale la soluzione è molto semplice, ogni autore decide liberamente il livello di “protezione” della propria opera e conseguentemente la sua vita commerciale e la sua diffusione scegliendo tra le varie opzioni il profilo di licenza che ritiene più indicato. Il problema vero è come far conoscere il profilo di licenza scelto da un autore per la sua opera e come farlo rispettare. Il secondo tema è ben lontano dalla soluzione e in ogni caso va detto che i Creative Commons partono dal presupposto che non si possono utilizzare risorse tecniche che limitano all’accesso all’opera, mentre per quanto riguarda la riconoscibilità di un’opera protetta da Creative Commons la soluzione è una realtà concreta e si chiama Digital rights management.
“Stiamo parlando di una soluzione – precisa De Martin – basata sui digital code, una sorta di rappresentazione digitale della licenza scelta dall’utente nella forma di metadati embedded nelle opere stesse che vengono riconosciuti dai sistemi di “lettura” delle opere e comunicano al visitatore, al lettore, all’ascoltatore che si tratta di un’opera protetta dai Creative Commons fornendo informazioni sul tipo di utilizzo dell’opera che l’autore ha deciso di concedere”.

Si tratta in sostanza di una forma di licenza che fa parte dell’opera e che informa il fruitore dell’opera contestualmente al godimento dell’opera stessa. I tag informativi dei Digital rights management sono ad esempio riconosciuti dai motori di ricerca e questo permette di effettuare ricerche basate sul tipo di licenze Creative Commons rese disponibili dagli autori in specifici settori. Per gli autori e per tutti coloro che operano in varie forme nella produzione di opere sono già disponibili sistemi che consentono di automatizzare l’embedding dei tag relativi alle licenze e cominciano a diffondersi i “lettori” di opere capaci di leggere e comunicare la licenza definita dall’autore.

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