Conoscere il “Cio pensiero” per capire le previsioni d’investimento nell’It

I vendor ultimamente stanno cercando di scoprire, con indagini commissionate su più fronti tecnologici, quali sono le aree che maggiormente possono interessare i budget 2005 dedicati ai sistemi informativi. I risultati emersi da due diverse ricerche di Veritas e di Mercury.

In un momento in cui in Europa tutti cercano di interpretare i segnali che vengono dalle aziende utenti per capire se ci sono significativi movimenti di ripresa negli investimenti It, fioriscono da parte dei vendor le indagini tese a scoprire attraverso il "Cio pensiero", qual è l’approccio verso specifiche problematiche dell’It e quindi quali possono essere le aree prioritarie su cui investire.


In questa sezione raggruppiamo due indagini presentate di recente: la prima è stata condotta dalla società Dynamic Markets (ma commissionata da Veritas), che ha indagato sulle strategie adottate in ambito disaster recovery presso 1.259 professionisti It di altrettante società distribuite nei maggiori paesi mondiali, tra i quali l’Italia. La seconda (si veda box) è della società Economist Intelligence che, per conto di Mercury, ha chiesto a 758 senior It di aziende medie e grandi a livello mondiale, quali saranno le loro priorità di spesa per il 2005, puntando l’attenzione su tre temi, quali l’outsourcing, la complessità degli ambienti It e la compliance. Entrambe le indagini hanno messo a fuoco, nello specifico, i risultati emersi dalle interviste ai Cio italiani, confrontandoli con quelli del resto dell’Europa occidentale.


Dalla ricerca di Veritas sul disaster recovery (Dr), è risultato che in Italia ben il 91% dei Cio interpellati deve rivedere i propri piani in merito, in quanto il 48% ha ammesso di essere stato costretto a rivedere la propria strategia in seguito a un attacco di virus e un altro 43% in seguito al verificarsi di un evento disastroso. Senza un piano preciso di Dr, il 76% del campione ha dichiarato di sentirsi particolarmente esposto, per cui ne riconosce l’importanza.


E una conferma di una maggior attenzione verso il Dr viene dal fatto che è decisamente calato, rispetto alla precedente edizione, il numero di aziende che ha subìto downtime non previsti negli ultimi 12 mesi, il 28%, contro il 46% del 2003, dato che testimonia una certa presa di coscienza sul problema. Su queste voci, in generale, l’Italia ha evidenziato una mentalità maggiormente proattiva rispetto alla media europea. In pratica, dopo un problema, le aziende italiane hanno la capacità di reagire velocemente. Tuttavia, alla domanda in quanto tempo, dopo un evento disastroso come un incendio, l’azienda è in grado di ripristinare almeno le attività di base, un 52% ha risposto di non averne idea e solo il 28% ha dichiarato entro le 12 ore, mentre il 20% ha risposto un giorno o più.

La verifica del piano di Dr


L’indagine ha anche chiesto ogni quanto tempo viene fatta la verifica dell’efficienza del piano di Dr: solo il 13% ha risposto ogni mese, contro un 17% che ha dichiarato ogni tre mesi, un 20% che lo fa ogni sei e un 37% solo ogni anno, adducendo come scusa di non avere risorse professionali (37%), budget (31%) o altri progetti prioritari (20%). Un’altra risposta significativa è quella che riguarda l’integrazione tra il piano di Dr e quello di business continuity: solo il 30% del campione ha pensato di integrarli, contro un 48% che non lo ha fatto. Infine, un dato che fa cadere le braccia è quello relativo alla domanda in quale luogo le aziende implementano le procedure di disaster recovery: ben il 70% ha risposto di farlo all’interno dello stesso data center principale (era l’84% nel 2003), per cui essendo tutto nello stesso stabile, in caso di incendio… povera azienda!

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