Come la discovery sta cambiando la business intelligence

La Bi è in mezzo a una rivoluzione. Massimo San Giuseppe, responsabile di QlikTech Italy ci spiega come fare profitti con un approccio diverso alla conoscenza aziendale nell’era dei big data.

QlikTech Italy è la realtà che nel nostro paese raccoglie l’eredità di QlikView.
Sempre diretta da Massimo San Giuseppe in qualità di Acting Managing director, la nuova compagine societaria, che di fatto è la filiale italiana di QlikTech, porta sul mercato nazionale le soluzioni di Business intelligence evoluta, meglio nota ora come Business discovery.

Cosa significhi farlo in questo momento storico ce lo facciamo spiegare direttamente da San Giuseppe.

D: Partiamo dal mercato nazionale della Business intelligence: aprire adesso una filiale significa che il settore è in salute?
S: Sì, nonostante la crisi ci sono alcune aree di crescita, in particolare nell’area dei big data e dei Business analytics di nuova generazione. Secondo gli ultimi dati Assintel, a fronte di un mercato Ict che dovrebbe chiudere l’anno con una contrazione del 4% rispetto al 2012, la spesa per i sistemi e le soluzioni di Data discovery e di Business intelligence è accreditata di una crescita media del 22% anno su anno. Con l’acquisizione, ci aspettiamo di proseguire lo sviluppo del nostro modello di business, sviluppando il canale di vendita italiano e consentendo a QlikTech di aumentare la propria presenza nel mercato europeo.

D: Vista da un’altra prospettiva: da quali progetti di Business intelligence è fatto il mercato italiano oggi?

S: In questo momento è in corso una vera e propria rivoluzione nel mondo della Bi. Ci sono alcuni driver che più di tutti guidano la maggior parte dei progetti: tra questi, sicuramente, il tema della Discovery, ovvero la diffusione di strumenti di analisi dei dati in modalità Bi self service che rendono l’utente finale più autonomo nell’esplorazione delle informazioni, poi l’importanza delle soluzioni di mobilty e, non da ultimo, il tema dei big data. Nel mezzo di questa rivoluzione emerge anche un ripensamento forte delle tematiche di reporting che coinvolge soprattutto le piattaforme meno innovative.

D: Quali relazioni deve instaurare un’azienda con un fornitore di soluzioni analitiche per far sì che siano proficue? In altri termini, quali sono i soggetti da coinvolgere?

S: Le soluzioni analitiche non sono più appannaggio esclusivo del reparto It, oggi i progetti di maggior successo sono quelli che al loro interno raggiungono un equilibrio tra il coinvolgimento dell’It e del business, che è il driver principale dell’innovazione. La nostra piattaforma di Business discovery fornisce un nuovo modello per il processo decisionale, in cui i responsabili It e gli analisti aziendali possono creare rapidamente applicazioni che costituiscano la fonte comune per le informazioni che interessano la maggior parte degli utenti, consentendo loro successivamente di ampliarle e modificarle in funzione dei cambiamenti del business.
La tendenza è di consente ai responsabili It e al loro staff di avere più tempo da dedicare ad attività di maggiore valore, quali la governance, la qualità e la sicurezza dei dati.

D: Sul mercato sta prendendo piede la definizione “tecnologie di Big Data”. Le pare corretta per esprimere un contesto così articolato? Ha altre definizioni da proporre?

S: Si, crediamo che il termine corretto sia Business Discovery. La definizione “tecnologie di Big Data” è una semplificazione alla domanda rivolta dai dirigenti aziendali e dai professionisti It che li supportano: “È possibile rendere i Big Data utili per gli utenti aziendali?”.
Il termine “Big Data” è legato, più che altro, alla potenza di elaborazione dei dati, al volume a alla varietà dei dati ma non si riferisce alla velocità né al valore dell’informazione, quindi ai risultati finali in termini di business.
Con la Business Discovery il valore dei Big Data può essere messo a disposizione degli utenti aziendali presentando in modo intelligente solo ciò che è rilevante e contestuale al problema analizzato.
La nostra visione è business oriented, in contrasto a un dibattito attuale che tende a concentrarsi sull’aumento delle performance senza aggiungere valore all’informazione.

D: Da Business intelligence a Business discovery: lo stato dell’arte delle vostre soluzioni sta creando un nuovo mercato o sta adeguandosi a una trasformazione in atto?

S: Come hanno evidenziato gli analisti di Gartner, QlikTech è stata pioniera di un nuovo mercato, quello che noi chiamiamo Business discovery, e che gli analisti definiscono Data discovery.
Quest’anno inoltre, abbiamo osservato che nel report “Business Intelligence and Analytics Platform Magic Quadrant” di Gartner, ogni fornitore che è nel quadrante dei Leader ha un’offerta di self-service Bi; ciò significa che la categoria in cui siamo stati pionieri ha trasformato l’intero settore Bi.
Siamo sempre stati una forza dirompente nel settore della Bi e gli anni di innovazione nella creazione di questa categoria offrono un vantaggio competitivo su cui vogliamo continuare a fare leva: QlikView.Next, la nostra piattaforma di nuova generazione che sarà rilasciata nel corso del 2014, è infatti stata progettata per ampliare ancora di più il focus volto a colmare il divario tra le soluzioni di visualizzazione o dashboard e le complesse piattaforme di Bi associate a modalità di business incentrate sui report.

D: In passato l’industria tecnologica ha lavorato per portare la Business intelligence su più tavoli, in parte riuscendovi. La Business discovery parte da qui o da un altro punto?

S: La Business discovery parte dal risultato per l’utente, dalla necessità di velocità, l’obiettivo è dotare le aziende di strumenti in grado di adattarsi all’evoluzione dei mercati. Attraverso la nostra tecnologia vogliamo stravolgere il meccanismo per cui è l’utente che deve passare dal reparto It per raggiungere l’informazione; crediamo si possa lavorare in un contesto in cui è la tecnologia che abilita l’utente, non il contrario. L’unica richiesta da fare al reparto It è un dato certificato; una volta che è certificata l’informazione, la tecnologia ti abilita a utilizzarla.

D: Come si porta il metodo Natural Analytics a tutte quelle aziende che sin qui hanno, a torto o a ragione, creato un sistema invece ben poco naturale di gestione dei dati?

S: In realtà è molto semplice, non servono grandi stravolgimenti. L’utente non ha bisogno di nuove informazioni e i tempi sono brevi; il cost-of-ownership è contenuto e il time-to-value è altrettanto basso. Insomma, anche il processo di introduzione è naturale.

D: I partner che vi appoggiano in questo andamento come debbono comportarsi? Quali competenze devono mettere in campo?

S: Le competenze, per nostra fortuna, non cambiano. Chiediamo di modificare l’atteggiamento, spesso technology oriented, a vantaggio di un approccio che segua le esigenze del business. Stiamo lavorando in modo completamente diverso: pochi anni fa il reparto It imponeva le soluzioni dall’alto, oggi dobbiamo ascoltare le esigenze dell’utente e in fase di progettazione di una soluzione, valutare attentamente le possibili evoluzione del mercato e dell’azienda, per favorire la scalabilità e proteggere gli investimenti fatti dai clienti.

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