Cloud, totem tecnologico di una società liquida

Con David Howorth di Verizon Business proviamo a dare un senso alle cose: nell’It ci sarà sempre un Capex, la sicurezza è il solito tema e la mobility è da fare senza se e ma.

Il sociologo Zygmunt Bauman è il teorico della modernità liquida. Riduttivo parlarne qui e ora, ma il suo lavoro ha consentito di cogliere il senso delle trasformazioni odierne, inquadrandole in un contesto in cui c’è la prevalenza della fluidità, sociale ed economica insieme, con tutto ciò che ne consegue.

Crediamo di non mancare di rispetto al lavoro di Bauman se diciamo che il cloud, come precipitato dei modelli economici e tecnologici non si sottrae a questa interpretazione.

Di cloud e di che significato darne ne abbiamo quindi parlato con David Howorth, Regional Vice President, Cloud and It Services di Verizon Business Emea.

Howorth è testimone del nostro tempo di un indirizzo strategico e fattivo che Verizon ha intrapreso da qualche anno e che l’ha portata, come ultimo significativo passo, ad aprire con la consociata Terremark un datacenter ad Amsterdam, con cui le aziende europee ed italiane possono industrializzare il cloud.

D: Dirige una struttura che si chiama cloud e servizi It. Ma oggi cosa è cloud e cosa è servizio It? E soprattutto convergeranno?

H: Sì, effettivamente a tendere sono da vedere come un unicum. Il cloud è un modello It differente, che combina più fattori, dall’infrastruttura alla rete, dal network all’applicazione. La componente fondamentale che lo differenzia rispetto al precedente modo di intendere i servizi It è la flessibilità.

D: Ma in Europa esiste una vera rete che supporti il modello? O dobbiamo aspettare la Ngn, che tra l’altro, secondo la Bei, farla costerà 200 miliardi di euro?

H: L’It come servizio deve procedere per gradi, facendo i conti con la realtà che ha di fronte, altrimenti non funziona. Pensiamo ai progressi fatti negli ultimi due anni in termini di Iaas, Paas, Saas. Noi stiamo investendo nelle reti e continueremo a farlo.

D: Il cloud oggi è più influenzato da esigenze finanziarie, di gestione infrastrutturale o di sicurezza, con tutti i punti di domanda che questa si porta dietro?

H: Anche qui si tratta di un mix, liquido, di componenti, a partire da quello economico, certamente dirimente. Si instaura un costante dinamismo di risparmi da ottenere ed esigenze da coprire. Ma il punto da chiarire come si intende l’It: come un costo o come una leva di competizione? Dobbiamo rispondere a queste domande per avere una visione sull’intero ecosistema.

D: Quali sono gli elementi di sicurezza da tenere in considerazione in un progetto di passaggio al cloud?
H: Smitizziamo la questione sicurezza: le considerazioni non cambiano rispetto a quelle che solitamente si fanno o si dovrebbero fare quando ci si rivolge a una terza parte. Gli elementi da tenere in considerazione sono gli stessi, a cominciare dal data breach. Le valutazioni vanno fatte con la massima accuratezza, ma da sempre.

D: E se ci aggiungiamo anche la mobility, il quadro del cloud cresce di complessità?

H: Non tanto, o quanto meno non tanto quanto il valore che la mobility apporta, le grandi possibilità in più che dà. Pensiamo solamente alle iniziative di ampliamento della customer experience basate su mobile. Non è un dogma, ma realtà: oggi le informazioni devono essere disponibili quantunque, dovunque e comunque.

D: Il cloud è la fine del Capex per l’It?
H: No, una spesa in capitale ci sarà sempre. Questione di opzioni, di scelte infrastrutturali. Le aziende avranno sempre una quota di Capex, magari inferiore all’attuale.

D: Nell’ambiente cloud iniziative come quella di Amazon o Google vi sono d’ostacolo?

H: Meglio vedere le cose come opportunità di partnership. Portano innovazione e stimolano lo sviluppo di nuovi modelli. Noi facciamo infrastrutture per un cloud veramente business e diamo visibilità e certezze su dove sono i dati. E se c’è un problema il cliente vuole avere un contatto diretto e la soluzione in pochi minuti. Questo garantiamo.

D: È d’accordo nel dire che il cloud non è solamente per il quotidiano?

H: È una meravigliosa piattaforma per fare innovazione, per fare tutto.

D: In ambito storage che ruolo gioca?

H: Il cloud storage scardina le vecchie convinzioni, apre al disaster recovery economico, con replica automatica e grande flessibilità. Oggi si parla di big data, che vogliono dire che se non metti intelligenza nei tuoi data set rimani irrimediabilmente indietro. Anche qui, il cloud aiuta.

D: Dopo Amsterdam state pensando di ampliare la presenza di datacenter per il cloud in Europa, magari in Italia?

H: Continueremo a investire, dato che serviranno sempre più datacenter, per creare una rete globale sempre più efficiente. Quanto all’Italia, il centro di Pero, a Milano, è un’ottima struttura.

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