Ciao roaming: la «pazza idea» iberica

Unire l’Europa significa anche farlo con le comunicazioni mobili. In Portogallo e Spagna si fa largo l’ipotesi di usufruire della stessa tariffa, che si chiami o si inviino dati o li si riceva via cellulare, nel proprio Paese d’origine come all’estero.

La notizia che Spagna e Portogallo hanno messo in agenda la possibilità di eliminare il sovraccosto del roaming per favorire gli scambi bilaterali, apre un interessante fronte di discussione. La probabile svolta iberica (il tema dovrebbe essere trattato nel prossimo incontro tra il presidente del Portogallo Jose Socrates e il premier spagnolo Luis Zapatero) diventa una sorta di metafora degli obiettivi che la Commissione sta perseguendo in chiave Agenda Digitale.

Grazie all’iniziativa della Ue rispetto al 2005 il costo del roaming è già sceso del 73% e i benefici si vedono sia sul fronte del traffico dati che su quello delle semplici chiamate.
Da luglio 2009 è iniziato un processo che entro luglio 2011 deve portare i prezzi massimi del roaming a 35 centesimi al minuto per le chiamate effettuate e a 11 centesimi al minuto per le chiamate ricevute all’estero.

L’anno prossimo, in fase di verifica intermedia, andrà di nuovo valutata dalla Commisione la maniera per raggiungere l’obiettivo di azzerare o quasi l’impatto del roaming entro il 2015.
Ebbene, da questo punto di vista l’esperienza iberica pare indicare uno dei possibili percorsi. La compatibilità tra le aree di copertura dei due Paesi è evidente: è molto probabile che attualmente risulti addirittura come una sorta di forzatura la distinzione commerciale di due aree che sono contigue da tutti i punti di vista. Ed è palese che un progresso di questo tipo avvantaggerebbe entrambe le economie in senso molto più ampio.

La strada potrebbe essere quella di incoraggiare lo stesso tipo di sviluppi a cominciare dagli altri territori morfologicamente già uniti, in quelli linguisticamente simili, dove è già presente un inevitabile spill over del segnale dei vari operatori di diversa nazionalità. Il passo ancora successivo potrebbe riguardare le aree economicamente omogenee e che magari hanno in comune una tradizione storica di traffici e di scambi.

Per gli operatori di Tlc chiamati in causa in questi sviluppi non paiono sussistere possibilità di resistere e contrastare l’indicazione, nata a livello europeo i base al principio di sussidiarietà, perché altrimenti i regolamentatori nazionali non avrebbero potuto incidere sulle scelte degli operatori stranieri. La Corte di Giustizia europea poi, ha già bocciato un ricorso che andava nel merito della decisione della Commissione. Bruxelles ora sta vegliando molto puntualmente sull’atteggiamento virtuoso dei player nei singoli mercati attraverso il controllo delle authority nazionali e del Berec.

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