Chiavette Usb per l’Abruzzo

L’Università de L’Aquila prova a ripartire e rilancia l’insegnamento a distanza. Con una richiesta d’aiuto.

La tecnologia che serve. Immediatamente percepibile nella sua utilità e nel suo essere “al servizio di”. Al servizio di qualcuno o di qualcosa. Simbolo e nello stesso tempo strumento concreto.

Accade a L’Aquila, in questi giorni che seguono il sisma del 6 aprile. Prove di ripartenza, negli uffici, nei negozi, laddove il terremoto ha risparmiato le strutture e laddove ha colpito pensantemente.

Prova a ripartire l’università, che poi è il cuore di questa cittadina che di studenti, fino a dieci giorni fa, arrivava ad ospitarne 30.000. E che oggi rischia di perderli, richiamati dalle sirene di università private che – chissà come in possesso dei loro dati – li invitano vi a sms, o attirati da atenei di altri capoluoghi, in grado oggi di offrire strutture e promettere il riconoscimento dei percorsi accademici fin qui attuati.

Perdere l’Università, per L’Aquila, sarebbe come perdere una parte fondamentale della sua identità. E allora il senato accademico si riunisce, si riuniscono i consigli di facoltà, si riattiva il sito, che diventa il fil rouge che collega gli studenti e gli insegnanti.
Ogni corso di laurea apre un proprio blog, sul quale gli studenti si ritrovano e raccontano non solo l’esperienza di quella notte, ma si coordinano, per gli studi, per gli esami, e anche per capire se vi sia stata o meno negligenza in chi non ha raccolto, a suo tempo, segnalazioni e allarmi.
Sulla home page, in evidenza, gli avvisi importanti:
Tutti i dati degli studenti (anagrafica, carriere, etc.) sono stati perfettamente recuperati, come anche la posta di tutto il personale dell’Ateneo. Tutti i servizi verranno rimessi on line al più presto.
Qualcuno ha messo in giro la voce che gli studenti devono inviare un SMS a personale dell’Ateneo con i loro dati (nome, cognome, matricola, ecc.). Questa richiesta non è mai stata emessa dall’Ateneo.

Alla radio, ieri sera, ha parlato il prorettore. L’Università vuole ripartire, ma pensa agli studenti fuori sede, a chi non ha più una casa dove tornare, a chi di tornare ha invece paura. Sono quindicimila, per lo meno.
La soluzione però c’è. Si chiama insegnamento a distanza. Videoconferenza. Telepresenza, anche. E spiega che i docenti potrebbero tenere le loro lezioni in una sede provvisoria, e che gli studenti potrebbero seguirle collegati con dei pc portatili.
Mancherebbero le connessioni e allora lancia l’appello ai gestori di telefonia e a chi abbia voglia di aiutare concretamente. Servirebbero chiavette. E traffico a basso costo.
Anche questo sarebbe ripartire. E noi volentieri rilanciamo.

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