Chi frena la corsa verso Rfid?

L’esercito pare non abbia intenzione di liberare alcune frequenze, non più utilizzate, fondamentali per la radio frequency identification. Troppi ostacoli per l’innovazione.

Adesso ci si mette anche l’esercito a frenare l’innovazione.

Non bastavano le Pmi che non scuciono una lira per comprare gestionali o sistemi più evoluti, un sistema politico lentissimo che ci ha messo una vita per autorizzare il Wi-fi anche all’aperto quando tutta Europa si era già mossa da tempo in questo senso.
No, adesso è la volta dell’esercito che mette lo zampino nello sviluppo del WiMax e in quello della Radio frequency identification, le etichette intelligenti.

Nonostante alcune sperimentazioni per il WiMax siano già partite il ministro delle Comunicazioni Landolfi e quello della Difesa Martino stanno ancora trattando affinché le Forze armate lascino definitivamente libere le frequenze utilizzate dalla tecnologia wireless.

Ora però la trattativa dovrà allargarsi anche all’Rfid. Le etichette intelligenti per funzionare hanno bisogno infatti di alcune frequenze radio Uhf dal primo dopoguerra sotto il controllo dell’esercito. Soltanto che oggi queste frequenze pare non servano più a nulla, almeno all’esercito, che non ha però intenzione di cederle. “Abbiamo provato ad aprire un tavolo di discussione con il ministero ma senza successo – ha spiegato a Nova24, il settimanale del Sole 24 ore, Luigi Battezzati, responsabile dell’Osservatorio Rfid del Politecnico di Milano -. Come mai si è deciso di prendere una decisione che penalizza l’innovazione?”.

Difficile pensare che l’Esercito possa resistere molto contro l’innovazione di WiMax e Rfid. Certo è che probabilmente questo atteggiamento costerà all’Italia ancora del ritardo nell’applicazione di tecnologie sui quali in molto scommettono. E il bello è che l’Esercito tempo fa dimostrò una grande apertura ospitando nelle sale del Corpo d’armata la presentazione di un videogioco. Nell’occasione un rappresentante delle Forze armate disse che l’Esercito, vista la fine della leva obbligatoria, voleva anche attraverso i videogiochi cercare di stimolare nei ragazzi italiani la passione per la carriera militare. Cosa è rimasto di quella apertura alle nuove tecnologie?

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome