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Come utilizzare i chatbot nel manufacturing

La promessa dei chatbot è quella di semplificare il rapporto con la clientela proprio nelle fasi più critiche, in cui è necessario che qualcuno risponda alle domande e alle richieste di informazioni dei consumatori.

Se è un bot, può farlo in qualsiasi momento e basandosi sulle informazioni già conservate nei sistemi di CRM dell’azienda.

È uno scenario diffuso, già testato ampiamente nella pratica, e che ha collegato i chatbot essenzialmente al mondo retail e dei servizi.

In questi ambiti ci sono le applicazioni più evidenti e appaiono altrettanto evidenti le esigenze da soddisfare.

Ma i chatbot possono andare anche oltre e si cominciano ad esempio a delineare le applicazioni nel mondo, apparentemente molto distante, del manufacturing.

Un esempio di applicazione su cui si sta lavorando – e che non è affatto difficile da implementare – è legato alla manutenzione, in tutte le sue varie forme. L’idea di fondo è che dispositivi e ambienti saranno sempre più controllati da sensori e che le informazioni raccolte da questi ultimi saranno integrate in vari tipi di applicazioni.

Concettualmente non c’è alcun particolare ostacolo perché una di esse sia una forma di chatbot, che potrebbe quindi operare come un “addetto” in grado di controllare contemporaneamente tutti i parametri da monitorare.

Un chatbot del genere potrebbe dialogare con il personale della manutenzione, rispondendo a richieste presentate in linguaggio naturale ed evitando agli operatori di navigare per schermate e dashboard alla ricerca delle informazioni.

Meglio ancora, potrebbe operare in maniera preventiva avvisando via chat il personale sul campo del verificarsi probabile di determinati malfunzionamenti. Sono funzioni che già esistono, solo senza una interfaccia così amichevole.

I chatbot potrebbero rivestire un ruolo importante anche nella valutazione della qualità dei prodotti, sino ai casi estremi di un richiamo volontario di un particolare lotto di produzione.

Il vantaggio dei chatbot in questo senso sta nella quantità di dati che possono raccogliere direttamente dai clienti attraverso le loro conversazioni. Spesso non è semplice avere un feedback continuo da chi ha acquistato i nostri prodotti perché le segnalazioni arrivano solo in casi ritenuti critici.

Un chatbot è invece un canale di interazione molto più comodo e intuitivo, il che può spingere i consumatori a usarlo più spesso e quindi a comunicare più informazioni.

Dalla mole di dati raccolta diventa più facile capire se qualche prodotto ha difettosità fuori dalla norma e arrivare a definire un richiamo. Che potrebbe anche essere comunicato sempre via chatbot.

Alcune forme di chatbot hanno dimostrato una buona efficacia nelle applicazioni interne collegate alle risorse umane. Questo vale anche per il manufacturing, ovviamente. I chatbot sono stati utilizzati in vari ambiti di gestione HR, spaziando dal dare prime informazioni ai candidati per posizioni aperte, specie quelle temporanee in settori a spiccata stagionalità, alla gestione dei turni fino al ruolo di “risponditore esperto” per le domande dei dipendenti.

Infine, guardando in avanti, è probabile che il “conversational commerce” di cui tanto si parla in ambito consumer diventi un fenomeno rilevante anche nelle transazioni B2B. A quel punto anche gli ordini di prodotti e parti di ricambio in ambito manufacturing potrebbero essere portati avanti attraverso chatbot.

Un partner della supply chain potrebbe cioè semplificare i processi di acquisto rivolgendosi al chatbot del suo fornitore preferenziale. Oppure, come immaginano i sostenitori del conversational commerce, preferenziali diventeranno proprio quei fornitori che mettono a disposizione un proprio chatbot.

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