Certificazione dei contratti di lavoro

In sintesi la disciplina della certificazione della generalità dei contratti di lavoro secondo la procedura volontaria

L’esperienza concreta ha dimostrato che numerose controversie insorgono per questioni attinenti la natura del rapporto.
Ad esempio, le parti formalizzano il rapporto come a tempo parziale e successivamente il lavoratore contesta invece la costituzione in concreto di un rapporto a tempo pieno.
La circostanza, ove rispondente a verità, può dipendere dal fatto che fin dall’inizio le parti hanno atteggiato il rapporto diversamente da come lo hanno qualificato ovvero perché a decorrere da una certa data il rapporto si è svolto secondo forme e modalità proprie di un’altra tipologia negoziale. Il D.Lgs. n. 276/2003, come modificato dal D.Lgs. n. 251/2004, verosimilmente in considerazione anche dell’introduzione di nuove e peculiari fattispecie lavorative, al fine espresso di ridurre il relativo contenzioso, ha contemplato la possibilità di ottenere la certificazione della generalità dei contratti di lavoro secondo la procedura volontaria contemplata dagli artt. 75-84 di cui si riporta in sintesi la disciplina.
La certificazione dei contratti di lavoro rientra nelle materie riservate alla potestà normativa dello Stato (Corte Cost. 28.1.2005, n. 50).

Contratti interessati alla procedura
A norma dell’art. 75 D.Lgs. n. 276/2003 sono assoggettabili alla procedura di volontaria certificazione tutti i contratti di lavoro, compresi quelli a progetto e i contratti di associazione in partecipazione.

Procedimento
Sono organi abilitati alla certificazione le Commissioni di certificazione istituite presso gli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale, le Direzioni provinciali del lavoro e le province, le Università pubbliche o private, comprese le Fondazioni universitarie registrate nell’albo di cui all’art. 76 istituito presso il Ministero del lavoro. La procedura di certificazione è volontaria e consegue obbligatoriamente a una istanza comune scritta delle parti del rapporto.
L’istanza di cui sopra deve essere presentata:
– nel caso di commissioni costituite presso le Direzioni provinciali del lavoro, alla Commissione nella cui circoscrizione si trova l’azienda o la sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore;
– nel caso di commissioni costituite presso gli enti bilaterali, alle Commissioni costituite dalle rispettive associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro.
Le procedure di certificazione sono disciplinate nell’atto di costituzione delle commissioni e debbono svolgersi nel rispetto dei codici di buone pratiche di cui all’art. 78 (stabiliti dal Ministro del lavoro con proprio decreto per l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economico-normativi) nonché nel rispetto dei seguenti principi:
– comunicazione della procedura alla Direzione provinciale del lavoro che provvederà a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei cui confronti la certificazione è destinata a produrre effetti;
– conclusione del procedimento entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza ovvero dal successivo ricevimento dei documenti che siano stati richiesti ad integrazione dell’istanza;
– motivazione dell’atto di certificazione che deve contenere l’indicazione del termine e dell’Autorità cui è possibile ricorrere;
– esplicita menzione nell’atto di certificazione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali e fiscali in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione.
L’istanza di certificazione può essere riproposta esclusivamente in base a motivi o in ragione di presupposti diversi.
Con D.M. 21.7.2004 e circolare n. 48/2004 il Ministero del lavoro ha dettato istruzioni operative in materia.
La legge finanziaria 2006 abilita alla certificazione, nei casi previsti, anche la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro ed i Consigli provinciali dei consulenti del lavoro (art. 1, c. 256, L. n. 266/2005).

Effetti dell’accertamento
Ai sensi dell’art. 79 gli effetti dell’accertamento permangono anche nei confronti dei terzi fino a quando non sia stato accolto con sentenza di merito uno dei ricorsi esperibili, dalle parti e dai terzi nella cui sfera giuridica l’atto è destinato a produrre effetti, ai sensi del successivo art. 80, salvi eventuali provvedimenti cautelari, e cioè a dire:
A) Il ricorso proposto innanzi al Tribunale del lavoro per contestare l’erronea qualificazione del contratto ovvero la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, ovvero per denunciare vizi (errore, violenza, dolo, incapacità) del consenso prestato.
L’accertamento giurisdizionale dell’erronea qualificazione ha effetto fin dal momento dalla conclusione del contratto. L’accertamento giurisdizionale della difformità tra il programma negoziale e quello effettivamente realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa.
Il ricorso deve essere presentato previo espletamento di un tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’art. 410, cod. proc. civ. innanzi alla Commissione di certificazione.
B) Il ricorso, proposto innanzi al Tribunale amministrativo nella cui giurisdizione ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, con il quale l’atto certificatorio può essere impugnato per violazione del procedimento ovvero per eccesso di potere.

Rinunce e transazioni
A norma dell’art. 82, le sedi di certificazione sono competenti a certificare le rinunzie e le transazioni di cui all’art. 2113, cod. civ., a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse.

Interposizione illecita e appalto genuino
Le procedure di certificazione possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione del contratto d’appalto di cui all’art. 1655 cod. civ., sia nella fase di attuazione del relativo programma negoziale, ai fini della distinzione concreta tra contratto di somministrazione, appalto genuino e interposizione illecita.
Per le finalità suesposte il Ministro del lavoro adotta con proprio decreto codici di buone pratiche ed indici presuntivi.

 


(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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