C’è un cloud italiano che cerca di darsi le regole

Con l’iniziativa CloudPeople.it Telecom Italia crea uno spazio di confronto sulla nuvola coinvolgendo le parti tecnologiche e manageriali.

Ma davvero il cloud fa paura?
È questo il tema affrontato nel corso di una tavola rotonda recentemente organizzata da Telecom Italia, in occasione della presentazione della sua ultima iniziativa CloudPeople.it.

Un’iniziativa che punta a creare uno spazio di incontro e di confronto per tutti coloro che per motivi di lavoro o per motivi di studio intendono seguire l’evoluzione della nuvola nel nostro Paese.

Sviluppato in collaborazione con Gartner e con Il Sole 24 Ore, CloudPeople si indirizza a professionisti dell’Ict, ricercatori, top manager, docenti universitari e si configura come magazine multimediale con forti connotazioni social (stretta è infatti l’interazione con Facebook, Twitter, LinkedIn o YouTube) nel quale vengono affrontati, con sistematicità, i temi legati all’innovazione, ovvero alla modalità con cui il cloud può cambiare il futuro, alla sicurezza, all’ottimizzazione.

Dunque, la presentazione di CloudPeople è stata l’occasione di fare il punto non tanto sullo stato della nuvola in Italia oggi, quanto sui timori reali o meno che siano, che aleggiano oggi intorno al nuovo modello.

La sicurezza, innanzi tutto
Così è toccato a Simone Battiferri, responsabile della divisione Top Clients di Telecom Italia, fare i primi distinguo.
“Bisogna distinguere tra sicurezza del dato e sicurezza dal punto di vista tecnologico”, è stata la premessa.
E dal punto di vista delle tecnologie la nuvola è sicura perché implica una riduzione degli interventi umani sulle infrastrutture, perché prevede un sistema con un numero inferiore di player, “perché si riduce l’incidenza del fattore umano, cui si imputano buona parte delle vulnerabilità”.

Concorda Antonio Apruzzese, direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni: ”Volenti o nolenti siamo proiettati verso un nuovo scenario. Ma è uno scenario che pone al centro dell’attenzione il dato, la sua tutela, la sua raccolta”.

Il dato è la molla delle azioni criminali, del crimine finanziario: ”dunque un sistema che mette al centro dell’attenzione il dato è di per sé garanzia di maggiori tutele e garanzie”.
Certo, dal punto di vista tecnico e delle indagini, si impongono modelli nuovi, che vadano oltre la computer forensic.
”Bisogna inventarsi qualcosa nella nuvola. Soprattutto, si crea la necessità di una globalizzazione delle normative, che faciliterebbe anche il coordinamento tra agenzie diverse”.

Nuvole e diritto
Sullo stesso punto si sofferma anche Guido Scorza, avvocato, specialista di tematiche legate al diritto su Internet e docente all’Università La Sapienza: “Le nuvole sono il nemico giurato del diritto. Il diritto nasce dove ci sono materiale, possesso e territorio, cose che nelle nuvole non ci sono. Tuttavia una cosa è certa: la nuvola non mette in discussione la titolarità del dato”.
Il vero punto è poter mettere in atto misure idonee alla tutela del dato stesso e del soggetto che ne detiene la titolarità.
Su questo punto sia Battiferri, sia Scorza finiscono per avere un’opinione comune.

Finché nei diversi paesi del mondo esisteranno legislazioni diverse a tutela della privacy e delle riservatezza, la scelta di un operatore nazionale rappresenta in questo momento un elemento di garanzia.
”Quando ci si affida a un soggetto straniero – spiega Scorza – il problema della differenza delle regole esiste. Poiché l’ombrello normativo di riferimento è sempre nazionale, è evidente che un interlocutore nazionale o europeo rappresenta una tutela maggiore”.
Per l’avvocato, in buona sostanza, ”non è vero che è indifferente sapere dove sono i dati. In
in presenza di un provvedimento del giudice l’esecuzione in Italia è più semplice che all’estero, sia in termini di tempi, sia in termini di modi, anche perché non sempre si può parlare di pratiche virtuose tra le diverse agenzie”
.

Non si torna indietro
Di processo irreversibile e indiscutibile parla Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente presso l’Università Bocconi di Milano e convinto, come gli partecipanti all’incontro, che l’accesso rappresenti oggi ciò che ieri era il possesso,: ”I dati pubblici devono stare nella nuvola. I dati delle imprese, i dati camerali sono già pubblici ed è bene che stiano sulla nuvola. Il cloud è un’opportunità. È l’occasione per fare filiera, perché vuol dire condividere, far coesistere il piccolo col grande”. .

Nella visione di Carnevale Maffé nella nuvola piccolo e grande condividono gli stessi processi e questa opportunità supera di gran lunga qualunque patema in termini di sicurezza.
”Il cloud deve essere visto come un crocevia, è il pellegrinaggio dei nostri processi di business e sulla nuvola si possono aprire nuovi temi di legalità”.
Magari per arrivare a quelle regole uniche transterritoriali e sovranazionali che Scorza e Apruzzese auspicano.

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