C’è anche un’America anti-offshore

Si moltiplicano negli Stati Uniti le iniziative per calmierare il ricorso all’offshore per ridurre i costi di lavoro

27 febbraio 2004 Prima o poi doveva accadere. E tutto sommato la
notizia non sorprende più di tanto.
Negli Stati Uniti sono ormai numerose le
organizzazioni che si stanno coalizzando per porre dei limiti, legali o
commerciali, all’emorragia di posti lavoro derivante dalla sempre più massiccia
adozione di politiche di outsourcing offshore.
E la politica, soprattutto in
epoca di primarie, ci va a nozze.
Capofila delle azioni anti-offshore è il
senatore Christopher Dodd, il quale non solo apertamente dichiara la necessità
di calmierare, se fermare non è possibile, il ricorso a questa misura, ma è
anche già riuscito a presentare il suo US Workers Protection Act,che
proibisce l’accesso a finanziamenti federali alle aziende che ricorrono
all’offshore.
Ma non solo. Dodd ha appoggiato una serie di altre misure, che
introducono maggiori controlli sui visti di soggiorno o che impongono
alle aziende che intendono trasferire parte delle loro attività all’estero
di dichiarare con tre mesi di anticipo il loro piani di licenziamento.
Ed è
ancora Dodd che troviamo alla guida di un’organizzazione anti offshore,
denominata The Jobs and Trade Network, alla quale hanno finora aderito 15 tra
associazioni di categoria e professionali.

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