Cassa integrazione guadagni ordinaria

Come si applica la Cassa integrazione ordinaria, limiti di accesso e durata.

Campo di applicazione
L’intervento ordinario della Cassa integrazione può essere richiesto dalle aziende che operano nel settore industriale, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati (art. 1, D.Lgs.Lgt. 9 novembre 1945, n. 788), comprese le cooperative che svolgono attività similari a quelle industriali (art. 5, n. 2, D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869).
Sono escluse dal campo di applicazione dell’istituto:
– le aziende armatoriali di navigazione o ausiliarie dell’armamento, ferroviarie e di navigazione interna, esercenti autoservizi pubblici di linea; le aziende dello spettacolo; le aziende esercenti la piccola pesca e la pesca industriale; le cooperative di trasporto, facchinaggio e similari (D.P.R. n. 602/1970), limitatamente ai soci con rapporto di lavoro dipendente; le aziende industriali degli Enti pubblici (art. 3, D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869), salvo i casi in cui il capitale non sia più interamente pubblico (INPS circ. n. 63/2005);
– le aziende esercenti impianti di trasporto a fune (art. 2, c. 9, D.L. 1° ottobre 1996, n. 510);
– le aziende inquadrate in settori diversi dall’industria, come ad esempio le aziende artigiane e quelle del terziario.
Per le aziende industriali e artigiane operanti nel settore edile e dei materiali lapidei è predisposta una specifica forma di intervento. Anche il settore agricolo è soggetto a regolamentazioni particolari.

Lavoratori beneficiari
Sono destinatari dell’intervento della Cassa integrazione:
– gli operai, impiegati e quadri, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, a termine o a part-time dipendenti da imprese industriali;
– i lavoratori dipendenti da imprese industriali che siano addetti a lavorazioni accessorie (non industriali) connesse direttamente con l’attività delle aziende stesse (art. 5, n. 3, D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869);
– gli addetti alle lavorazioni stagionali e a quelle soggette a normali periodi di sospensione o di disoccupazione stagionale (art. 5, n. 4, D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869);
– i lavoratori a tempo indeterminato delle cooperative agricole e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici, propri o dei loro soci, ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicoltura e dall’allevamento di animali (art. 3, L. n. 240/1984).
Sono comunque esclusi dal beneficio: i dirigenti, gli apprendisti anche se assunti con contratto di apprendistato professionalizzante (ML risposta a interpello n. 32/2007), i lavoratori a domicilio, gli autisti addetti esclusivamente al servizio personale del datore di lavoro e della famiglia di quest’ultimo, il personale religioso.

Cause di intervento e durata
Giustificano l’intervento della Cig ordinaria contrazioni o sospensioni dell’attività produttiva dovute a situazioni temporanee di mercato ovvero ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori (art. 1, L. 20 maggio 1975, n. 164). Nel novero degli eventi transitori assumono particolare rilievo gli eventi oggettivamente non evitabili la cui presenza comporta l’esclusione dall’obbligo di versare il contributo addizionale previsto invece negli altri casi di intervento ordinario della cassa.
Al momento della presentazione della domanda di intervento della cassa integrazione, la ripresa dell’attività nell’unità produttiva interessata dalla contrazione o sospensione deve risultare certa, sulla base delle previsioni del datore di lavoro e delle risultanze della consultazione sindacale attuata ai sensi dell’art. 5, L. 20 maggio 1975, n. 164.

Durata
L’integrazione salariale è corrisposta fino ad un periodo massimo di 13 settimane consecutive (tre mesi).
In casi eccezionali tale periodo può essere prorogato trimestralmente fino ad un massimo complessivo di 52 settimane (12 mesi) (art. 6, L. 20 maggio 1975, n. 164).
Il criterio di computo dei limiti temporali di concessione del trattamento di integrazione salariale è stato recentemente reso più flessibile dall’Inps che non fa più riferimento alla settimana in cui si verifica la sospensione (per cui una sola giornata di sospensione comportava il computo dell’intera settimana) ma alle singole giornate di sospensione del lavoro. Dal 20 aprile 2009 pertanto si considera usufruita una settimana solo allorché la contrazione del lavoro abbia
interessato sei giorni anche non consecutivi, o cinque giorni in caso di settimana corta (circ. n. 58/2009).
Dopo aver fruito dell’intervento per 12 mesi consecutivi, l’azienda non può proporre una nuova domanda di intervento della cassa integrazione se non sono trascorse almeno 52 settimane dalla ripresa della normale attività produttiva.
L’integrazione salariale relativa a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 12 mesi in un biennio (52 settimane di integrazione nell’arco di 104 settimane a scorrimento).
Ai fini del calcolo dei limiti temporali suindicati non si considerano i casi di intervento determinati da eventi oggettivamente non evitabili.

Aziende soggette a contrazioni ricorrenti della produzione
Per la valutazione della sussistenza delle cause di intervento della cig relativamente alle aziende appartenenti a particolari settori produttivi (es. calzaturiero), soggetti a soste stagionali ricorrenti, occorre tener conto dei seguenti aspetti (Inps circ. n. 93/1984 e n. 249/1990):
– tipologia produttiva propria dell’azienda in rapporto all’andamento del mercato interno e/o internazionale dei beni prodotti dall’azienda;
– organizzazione aziendale in relazione all’adeguatezza delle forze lavoro alla produzione, con particolare riferimento ai criteri di utilizzazione delle maestranze;
– eventuale ricorso alla Cig negli anni pregressi a prescindere dall’esatta corrispondenza – sotto il profilo cronologico – dei periodi di sospensione o contrazione dell’attività produttiva. In particolare deve essere valutata l’entità del ricorso in ciascun anno alle integrazioni salariali: non potendosi considerare transitorio un evento che si ripresenta nel tempo con dimensioni di consistente entità;
– raffronto del comportamento dell’azienda con quello di aziende similari sia nell’anno di presentazione delle domande di Cig che nei cinque anni precedenti. Per le imprese che abbiano iniziato l’attività da meno di cinque anni, la valutazione va condotta con rigore proporzionato alla minore durata dell’attività produttiva per cui la ricorrenza della sosta deve risultare con maggiore evidenza.
Nella valutazione vanno considerate, fino al 31 dicembre 2010, le cause di crisi imputabili a situazioni esterne all’azienda che comportino una ricaduta sui volumi produttivi, alla luce della lettera circolare 30 marzo 2009, n. 14/5251, diramata dal Ministero del lavoro (Inps circolare n. 117/2009); l’azienda richiedente dovrà produrre tutta la documentazione utile per dimostrare la mancanza di ordini o di commesse rispetto agli anni precedenti (Inps messaggio n. 28069/2009).

Procedura sindacale
Nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano indifferibile la contrazione o la sospensione dell’attività produttiva, l’imprenditore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, la durata prevedibile della contrazione o sospensione e il numero dei lavoratori interessati (art. 5, c. 1, L. 20.5.1975, n.
164).
Quando la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro è superiore a 16 ore settimanali, è possibile procedere ad un esame congiunto relativo alla ripresa d’attività e ai criteri di distribuzione dell’orario di lavoro; la richiesta di esame congiunto deve essere presentata entro 3 giorni dalla comunicazione della sospensione e la procedura deve esaurirsi entro i 5 giorni successivi.
Negli altri casi in cui la contrazione o la sospensione dell’attività non sia indifferibile, il datore di lavoro deve comunicare preventivamente alle rappresentanze sindacali aziendali, e, anche per il tramite dell’associazione territoriale degli industriali, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati.
Anche in questo caso, dopo la comunicazione agli organismi sindacali può seguire, su richiesta di una delle parti, un esame congiunto della situazione.
La procedura sindacale deve esaurirsi entro 25 giorni (entro 10 giorni, per le aziende fino a 50 dipendenti).
La legge non richiede l’indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, a differenza della disciplina dettata in materia di cassa integrazione straordinaria. La scelta dei singoli lavoratori sarebbe comunque censurabile, ad avviso della giurisprudenza, se operata in violazione dei parametri di buona fede, correttezza e non discriminazione al cui rispetto il datore di lavoro è tenuto a norma degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. (Cass. 6 dicembre
2006, n. 148).
All’atto della presentazione della richiesta di integrazione salariale il datore di lavoro deve comunicare di avere espletato la procedura sindacale.

Procedura amministrativa
Per essere ammesso al trattamento di integrazione salariale il datore di lavoro deve presentare alla sede competente dell’INPS apposita domanda nella quale devono essere indicati:
– la causa e la presumibile durata della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro;
– il numero dei lavoratori interessati e delle ore di effettivo lavoro;
– la regolare esecuzione delle procedure sindacali.
La domanda deve essere presentata – anche per via telematica – entro 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro, mediante il modello I.G.i. 15.
Se la domanda viene presentata in ritardo rispetto al termine suindicato, il trattamento d’integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori ad una settimana rispetto alla data di presentazione.
Non possono essere accolte, invece, domande presentate in via preventiva, ossia prima del verificarsi dell’evento (ad esempio, con 15 giorni di anticipo) o quando lo stesso non è ipotizzabile in via preventiva (Inps mess. n. 28916/2006).
Il datore di lavoro è tenuto al risarcimento dei danni nei confronti dei lavoratori che perdano l’indennità per omessa o ritardata richiesta di intervento della CIG.
La richiesta di intervento della cassa integrazione viene esaminata dalla Commissione provinciale istituta presso l’Inps che deve valutare, tra l’altro, la sussistenza del requisito della ripresa dell’attività produttiva. Al riguardo l’Istituto ha precisato che tale giudizio va espresso in via preventiva e non sulla base di quanto accaduto successivamente alla presentazione della domanda. Tale giudizio è il risultato di un apprezzamento sia delle particolari negative congiunture riguardanti le singole imprese, che del contesto economico-produttivo in cui le medesime si trovano ad operare, entrambi riferiti all’epoca in cui ha avuto inizio la contrazione dell’attività lavorativa. Secondo l’Istituto non rilevano, ai fini della valutazione del requisito di che trattasi, le circostanze sopravvenute al termine del periodo per il quale è stata chiesta l’integrazione salariale, se non quale conferma di una congiuntura aziendale preesistente alla richiesta dell’intervento (circ. n. 130/2003).
Con riferimento al caso in cui ad un periodo di Cig ordinaria segua senza soluzione di continuità la richiesta di Cig straordinaria, l’Inps – premesso che l’intervento ordinario di integrazione salariale e quello straordinario si basano su presupposti differenti, ben potendo la situazione su cui era fondata l’autorizzazione all’integrazione ordinaria essere mutata o essersi aggravata nel corso della sospensione – ha chiarito che è possibile accogliere l’istanza di Cig ordinaria, o ritenere legittima l’autorizzazione già concessa, anche se la ditta non ha ripreso l’attività produttiva prima del ricorso alla Cig straordinaria e indipendentemente dalla relativa causale (crisi, ristrutturazione, ecc.) (mess. n. 6990/2009).
Se la Commissione rigetta la domanda, il datore di lavoro può fare ricorso, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento, al Comitato amministratore della Gestione prestazioni temporanee  presso l’INPS (art. 9, L. 20.5.1975, n. 164).
Le imprese che si avvalgono dell’intervento della CIG sono tenute al versamento di un contributo addizionale, calcolato sull’ammontare dell’integrazione corrisposta. Il contributo non è dovuto se la sospensione o riduzione dell’attività sia stata determinata da eventi oggettivamente non evitabili (art. 12, c. 2, L. 20.5.1975, n. 164).
Il datore di lavoro che non ottenga l’autorizzazione all’intervento della cassa è tenuto alla corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, salva la prova (a carico del medesimo) della sussistenza di una situazione d’impossibilità sopravvenuta (art. 1256 cod. civ.) che può consistere nella non utilizzabilità della prestazione lavorativa per fatti non addebitabili allo stesso datore di lavoro; resta salvo, comunque, un eventuale accordo aziendale con cui l’imprenditore e le organizzazioni sindacali operanti nell’azienda pattuiscano una sospensione temporanea del rapporto di lavoro, che preveda la mancata prestazione lavorativa per un certo periodo, con in equivoco contestuale esonero del datore di lavoro dall’obbligazione retributiva indipendentemente dall’esito della richiesta di concessione dell’integrazione salariale (Cass. 19.8.2003, n. 12130); per l’efficacia di tale accordo è indispensabile che i lavoratori interessati abbiano conferito specificamente ai rappresentanti sindacali l’incarico di stipularlo, oppure che provvedano a ratificarne
l’operato (Cass. 12.9.2006, n. 19500).

Rapporti tra giudizio ordinario e amministrativo
Per quanto riguarda le questioni processuali più rilevanti, relativamente alle posizioni soggettive tutelate, in materia di integrazione salariale, di recente la Cassazione ha chiarito che le situazioni di diritto soggettivo nascenti, a favore dei privati, dal provvedimento di ammissione dell’impresa alla cassa integrazione guadagni degradano, di nuovo, a posizioni di interesse legittimo – con conseguente devoluzione delle relative controversie al giudice amministrativo – qualora intervengano atti amministrativi di annullamento o di revoca di tale provvedimento, trattandosi di atti che sono espressione del potere discrezionale esercitato dall’amministrazione nell’ambito della tutela dell’interesse pubblico ad essa affidato; qualora il provvedimento di ritiro intervenga (come nella specie) nel corso di un giudizio che la parte privata abbia instaurato correttamente – in quanto titolare di un pregresso diritto soggettivo – dinanzi al giudice ordinario, viene a radicarsi la giurisdizione e la competenza a decidere la controversia da parte dello stesso giudice, ai sensi dell’art. 5 cod. proc. civ.; ove venga denunciata davanti al medesimo giudice l’illegittimità del provvedimento sopravvenuto, non può venire in questione l’istituto della disapplicazione, poiché ciò che, sostanzialmente, diviene oggetto di discussione è l’esercizio del potere di autotutela oggetto dell’azione del privato e non già la tutela di una sua posizione di diritto soggettivo tuttora perdurante ma la rimozione dell’atto amministrativo (di annullamento o di revoca), di modo che sia reintegrata, a tutti gli effetti, la posizione di diritto soggettivo (venuta meno) della quale era precedentemente titolare; in tale contesto, pertanto, il giudice ordinario non può dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, ma solo decidere sulla base della situazione attuale di fatto e di diritto (sopravvenuto annullamento o revoca del decreto di concessione della cig e, dunque, insussistenza in capo al privato delle posizioni di diritto soggettivo delle quali chiede la tutela sulla base del provvedimento autorizzativo), salva l’eventuale sospensione del processo, ex art. 295 cod. proc. civ., in caso di avvenuta impugnazione dell’atto di annullamento (o di revoca) dinanzi al giudice amministrativo (Cass. 6.2.2006, n. 2469). Si veda anche Cass., S.U., 10.8.2005, n. 16780, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice ordinario con riguardo ad una domanda relativa al riconoscimento del trattamento di cig proposta nei confronti dell’Inps da un lavoratore sulla scorta della delibera di concessione già adottata dalla Commissione provinciale dell’ente previdenziale, annullata solo successivamente nel corso del giudizio di primo grado, sul presupposto della configurazione come diritto soggettivo della posizione giuridica dedotta dal ricorrente al momento dell’introduzione del giudizio, in costanza di efficacia del provvedimento concessivo.

Ore integrabili, importo dell’integrazione e massimale

Ore integrabili
L’integrazione salariale spetta per le ore di lavoro non prestate, comprese tra le 0 ed il limite del normale orario settimanale contrattuale fino ad un massimo di 40 ore settimanali (art. 2, L. 20 maggio 1975, n. 164).
Un regime particolare è previsto per le festività che cadono nel periodo di cassa integrazione:
– se i lavoratori sono retribuiti in misura fissa mensile (o con paga mensilizzata, come avviene ad esempio dal 1° gennaio 2009 per gli operai dell’industria metalmeccanica), l’INPS paga anche le festività;
– se i lavoratori sono retribuiti ad ore, le festività del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno e tutte quelle che cadono nei primi 15 giorni di sospensione sono a carico del datore di lavoro; le rimanenti festività che cadono dopo i primi 15 giorni di sospensione sono a carico della CIG.
Occorre peraltro precisare che le ore relative alla festività infrasettimanale che ricorre nell’ambito di una settimana già lavorata ad orario ridotto devono considerarsi sempre non integrabili e quindi computate fra le ore lavorate nella settimana medesima.
Si chiarisce che per settimana di sospensione di attività si intende la settimana nella quale non viene prestata alcuna ora lavorativa da parte del lavoratore; per settimana di riduzione di orario si intende la settimana nella quale il lavoratore effettua alcune ore di prestazione lavorativa.
Pertanto nell’ipotesi in cui il lavoratore, ad esempio, venga sospeso dal lavoro a far tempo dal mercoledì tale settimana sarà da considerare a riduzione di orario (mess. Inps n. 13552/2009).
Per i periodi di malattia che intervengono durante la sospensione del lavoro con intervento della cassa integrazione il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali. Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si avranno due casi:
– se la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIGO dalla data di inizio della stessa;
– qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione (circ. Inps n. 82/2009).
La lavoratrice gestante che si trovi sospesa dal lavoro all’inizio del periodo di congedo di maternità è ammessa ad usufruire dell’indennità giornaliera di maternità purché tra l’inizio della sospensione e quello di detto periodo non siano decorsi più di 60 giorni. La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo 60 giorni dalla sospensione dal lavoro, si trovi in godimento del trattamento di integrazione salariale ha diritto, in luogo di tale trattamento, all’indennità giornaliera di maternità (art. 24, D.Lgs. n. 151/2001).
L’integrazione non spetta per le assenze che non danno luogo a retribuzione.
Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate (art. 8, c. 4, L. n. 160/1988). A tal fine lo stesso deve preventivamente comunicare all’Inps lo svolgimento dell’attività lavorativa; il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione comporta la decadenza dall’intero periodo di integrazione salariale, anche se derivante da più di un provvedimento di concessione (Inps, circ. 12 aprile 2007, n. 75).
L’indennità è anticipata dal datore di lavoro e portata a conguaglio con i contributi dovuti all’Inps; in alcuni casi può essere erogata direttamente dall’Istituto (mess. n. 33735/2005 e n. 29223/2009).

Importo dell’integrazione
L’integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione che i lavoratori avrebbero percepito in caso di normale svolgimento dell’attività (art. 2, L. 20 maggio 1975, n. 164).
Concorrono alla base di calcolo dell’integrazione tutti gli elementi retributivi corrisposti con carattere di continuità per l’orario di lavoro ordinario nel limite massimo di 40 ore settimanali: la retribuzione base e le altre voci fisse (come superminimi, indennità di mensa, di cassa, ecc.), gli aumenti retributivi e gli scatti di anzianità che maturano successivamente all’inizio del periodo di integrazione. Oltre agli elementi corrisposti alla fine di ogni periodo di paga, rientrano nella retribuzione integrabile le voci che maturano e vengono erogate con periodicità ultramensile (come i ratei di tredicesima relativi ai periodi di intervento della cassa integrazione) e le indennità riconducibili alla durata del vincolo contrattuale tra le parti, come il premio di fedeltà o di anzianità previsto dal contratto collettivo o individuale di lavoro (Cass. 14 gennaio 2005, n. 635).
Rimangono invece esclusi dalla base di calcolo dell’integrazione gli importi erogati a titolo di lavoro straordinario e le quote da accantonare per trattamento di fine rapporto che restano a carico del datore di lavoro.
Per calcolare l’integrazione salariale si divide la retribuzione globale che si sarebbe dovuta erogare nella settimana in cui si è verificata la contrazione o sospensione lavorativa per un divisore pari al normale orario di lavoro settimanale. Il risultato di tale divisione, ridotto all’80% e moltiplicato per le ore d’integrazione autorizzate costituisce l’importo lordo dell’integrazione, da cui si ricava il netto da erogare applicando al lordo la trattenuta a carico del dipendente corrispondente all’aliquota contributiva degli apprendisti.
L’integrazione salariale non può superare il tetto massimo mensile, soggetto a rivalutazione annuale (dal 1° gennaio 2008 la rivalutazione è pari al 100% della variazione annuale dell’indice Istat: cfr. art. 1, c. 27, L. n. 247/2007) e differenziato in funzione dell’entità della retribuzione di riferimento, indicato nelle tabelle che seguono.
L’importo del massimale deve essere confrontato mese per mese con quello dell’integrazione come sopra calcolata. A tal fine il massimale viene ragguagliato ad ora dividendone l’importo per il numero delle ore lavorative ricadenti nel mese considerato; il risultato così ottenuto viene poi moltiplicato per le ore di lavoro, perse nello stesso mese, per le quali è legittimamente consentito l’intervento della cassa integrazione (circ. Inps n. 12/1982.

Anno 2009

Retribuzione mensile di riferimento (*)

Importo massimo mensile dell’integrazione salariale (**)

Al lordo del contributo apprendisti

Al netto del contributo apprendisti

– fino a euro 1.917,48

886,31

834,55

– superiore a tale importo

1.065,26

1.003,05

(*) Si ottiene sommando alla retribuzione mensile corrente i ratei delle mensilità aggiuntive.
(**) Inps circ. n. 11/2009

Anno 2010

Retribuzione mensile di riferimento (*)

Importo massimo mensile dell’integrazione salariale (**)

Al lordo del contributo apprendisti

Al netto del contributo apprendisti

– fino a euro

 

 

– superiore a tale importo

 

 

(*) Si ottiene sommando alla retribuzione mensile corrente i ratei delle mensilità aggiuntive.
(**) Inps circ. n.

Sanzioni

Fattispecie

Sanzione

Compimento di atti preordinati a procurare indebitamente a sé o ad altri la corresponsione di integrazioni salariali
(art. 16, c. 3, D.Lgs.Lgt. n. 788/1945)

Multa da € 103 a € 516
(art. 16, c. 3, D.Lgs.Lgt. n. 788/1945)

Fonti: D.Lgs.Lgt. 788/1945, D.Lgs.C.P.S. 869/1947, L. 164/1975, L. 223/1991, D.L. 148/1993
conv. L. 236/1993

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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