Business Tv: cogliere l’anima dell’azienda

In origine fu Mediolanum, poi le altre. Regole e procedure per non fallire

La prima è stata quella della Mediolanum di Ennio Doris. L’imprenditore della banca intorno a te (uno fra i pochi se non l’unico a essere socio di Silvio Berlusconi) che traccia il cerchio sulla spiaggia ha aperto la sua Business tv (Btv) nell’89. Da allora ne sono nate molte altre, spesso con persone che in Mediolanum hanno fatto la loro prima esperienza con questo tipo di comunicazione.


Da allora è cresciuta anche la cultura televisiva del Paese. Non siamo più imbarazzati davanti alle telecamere e la manina che saluta oggi fa un po’ tenerezza. Difficilmente oggi riusciremmo a vedere un tizio in prima fila seduto alla Domenica Sportiva che saluta e manda baci a casa come successe molti anni fa.


Così anche le aziende hanno scoperto questo tipo di comunicazione che nell’accezione dell’Osservatorio Bocconi è un Tv realizzata da una impresa per creare valore. Dietro questa definizione si nascondono differenti tipologie. C’è la Btv per i dipendenti, quella intermedia per dialogare con un i rivenditori, la brand tv per il pubblico, la Business & brand per parlare con dipendenti e pubblico, quella instore da piazzare nei negozi o per parlare ai dipendenti delle banche, la mobile che nel caso di Luxottica viaggia sulle chiavette Usb.
Momento di svolta fondamentale per questo tipo di comunicazione, racconta Giampaolo Colletti (Business brand tv Technogym) è il 1993 quando Ibm tramite il suo ceo da il via a un profondo cambiamento strategico annunciandolo proprio tramite la Tv aziendale.


Da allora di strada ne è stata fatta parecchia con Diesel che la utilizza per mostrare le sue sfilate e Costa Crociere che parla ai dipendenti, 15.000 persone di ottanta Paesi che la possono vedere nelle loro cabine sulle navi dove sono imbarcati per circa nove mesi l’anno.


“Si tratta di una comunicazione abitualmente top down” aggiunge Colletti che con l’osservatorio Ask della Bocconi ha rilevato come anche per la Btv sia arrivato il momento del Web 2.0. Maggiore protagonismo da parte degli utenti che si combina con il secondo trend che offre aspetti interessanti per le aziende di minori dimensioni.
E’ la Btv low cost, quella di Berto Salotti che mette i filmati dei suoi divani in rete e che sfrutta appieno la rivoluzione tecnologica con il calo del costo dell’hardware, le videocamere, e l’esplosione di fenomeni come Youtube. L’esempio è quello di pinbox.tv che a Pordenone trasmette con un investimento annuo di ventimila euro.


Sei, aggiunge Colletti, sono le parole chiave per una buona presentazione.
Semplicità del messaggio, concretezza, un pizzico di sopresa nella comunicazione, emozionalità, credibilità e avere storie da raccontare.


Per arrivare a costruire una buona Btv sono poi sette le fasi da attraversare. La prima consiste nel cogliere l’anima dell’impresa, un punto di partenza fondamentale. Poi bisogna realizzare un patto con le figure leader dell’azienda, interne ed esterne, definire le modalità produttive (chi fa cosa e se si lavora internamente o esternamente), puntando su un approccio multipiattaforma anche verso pubblici differenti nell’ambito però di una coerente strategia di comunicazione. Per partire bisogna anche pianificare un’offerta che non deve essere per forza quotidiana, c’è chi la fa mensile e chi cambia ogni tre mesi.
Costruire relazioni oltre lo schermo e cercare di avere feedback qualitativi e quantitativi sono gli ultimi passaggi per una buona Btv.
Ma non ci sono ricette all’interno di queste ampie indicazioni ognuno può muoversi a piacimento, l’importante, Ricorda Colletti, è che in azienda ci sia l’humus, un terreno fertile per nascere questa esperienza.

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