Buon compleanno, Ibm

Nacque da un merge di tre aziende, il 16 giugno del 1911, ma bisognò arrivare al 1924 perché diventasse International Business Machine. E oggi inizia il suo secondo secolo.

Sul sito internazionale campeggia la scritta: Today Ibm begins its 101st year, Oggi Ibm inizia il suo centounesimo anno.
Esattamente come ieri una nota ufficiale diramata dall’azienda ricordava che il 15 giugno coincideva con l’ultimo giorno del primo secolo di vita della società.

Ibm fissa la sua data di nascita il 16 giugno 1911, quando fu decisa la fusione di tre aziende: Tabulating Machine, International Time Recording e Computing Scale.
Il nome Ibm arrivò però qualche anno più tardi. Nel 1914, Thomas Watson, l’uomo considerato il padre fondatore della società, ne cambiò il nome in Computing-Tabulating-Recording, o Ctr, per poi approdare a International Business Machines nel 1924.

Ibm si è sempre posta come avamposto tecnologico e oggi vanta di detenere il numero più alto di brevetti di qualunque altra azienda.
Non solo, nel palmares di Ibm ci sono anche cinque premi Nobel per la fisica, assegnati al altrettanti suoi dipendenti.

Di se stessa la società celebra oggi la capacità di non arrendersi, interpretata dall’iconica figura di Watson, che non fermò la produzione nemmeno negli anni della Grande Depressione, così che Ibm fu la prima azienda davvero in grado di ripartire quando le condizioni economiche, e il sostegno statale, lo consentirono.

E fu il figlio di Watson, Tom Watson Junior, che nel 1964 mise tutto in gioco, l’intero capitale sociale dell’azienda, 5 miliardi di dollari dell’epoca, per sviluppare un nuovo sistema, quel System/360, che rese tutto il resto obsoleto.
Il miglior mainframe di tutti i tempi, lo definisce oggi l’azienda, che qualche anno più tardi tornò alla carica, inventando e definendo di fatto il mondo dei personal computer.
Mondo dal quale scelse di uscire nel 2005, quando decise di cedere le attività in questo comparto alla cinese Lenovo, convinta che il business model dei pc non si conciliasse più col suo.

E in effetti la storia di Ibm è lineare come il suo percorso: dalle schede perforate degli anni 30, fino alla decisione storica del 2003, quando l’azienda decise di spostare il suo focus tutto sui servizi.
E in questa storia ci sono dei capisaldi che hanno conquistato le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Da Deep Blue, il computer che alla fine degli anni Novanta sconfisse il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov, a Watson (non un nome a caso), che proprio quest’anno ha segnato la vittoria dell’intelligenza artificiale su quella umana nel corso del popolare gioco a quiz americano Jeopardy.

Oggi Ibm ha una capitalizzazione di 197 miliardi di dollari e si trova al quattordicesimo posto tra le aziende tecnologiche e ha chiuso lo scorso anno giusto sotto la cifra tonda: 99,9 miliardi di dollari di fatturato.
Del resto, l’anno del centenario è il 2011.

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