Budget informatici tra riduzioni e investimenti

Un recente studio condotto da Accenture e Idc ha evidenziato i fattori che stanno condizionando la pianificazione delle maggiori aziende italiane

In Italia, entro la fine del 2006, il 40% dei budget in infrastruttura It registrerà una crescita media del 21%, mentre nel 24% dei casi decrementerà dello stesso 21%. È questo uno dei risultati più interessanti rilevati da una recente ricerca condotta da Accenture e Idc a livello mondiale, ma caratterizzata da sguardi di approfondimento locale. Secondo gli esiti del sondaggio, il calo negli investimenti si mostra con maggiore evidenza all’interno di realtà con oltre 10.000 dipendenti, mentre sono soprattutto le aziende con meno di 500 dipendenti o con un numero compreso tra i 1.000 e 9.999 a mettere a segno la crescita dei budget.


«A livello più generale – ha commentato Marco Bresciani, responsabile Infrastructure Consulting di Accenture Italia -, lo studio è riuscito a evidenziare i due fattori che stanno condizionando la pianificazione degli investimenti It all’interno delle imprese italiane: uno è la necessità di ridurre i costi, che rimane sempre un elemento forte, l’altro è quello di rispondere al livello di servizio che il business richiede. Questa seconda spinta rappresenta una novità quasi assoluta per il nostro mercato. Negli ultimi 4-5 anni, infatti, la necessità primaria era ridurre i costi e limitare gli investimenti. Da quest’anno, invece, garantire il giusto livello di servizio al business è diventato un elemento altrettanto importante, che va ad impattare in modo evidente sulle scelte delle spese infrastrutturali. I responsabili It si stanno, quindi, trovando a dover individuare il difficile punto d’equilibrio tra riduzione dei costi e investimenti strategici, consapevoli che la velocità con cui si muove il business non è quella con cui evolve l’infrastruttura, una componente per sua natura più statica. L’obiettivo teorico è arrivare a disporre di un’infrastruttura che costa poco, soprattutto a livello di gestione, ma che sia tecnologicamente aggiornata, senza mai eccedere le ristrettezze del budget». Limiti economici tutto sommato relativi, se si considera che la voce infrastruttura assorbe addirittura un terzo della spesa It complessiva.


Confrontando gli esiti italiani con quelli registrati nel resto del mondo, un risultato interessante emerge anche dal ruolo della Pubblica amministrazione. «In altri paesi – ha sottolineato Bresciani – la Cosa pubblica agisce da forte leva sugli investimenti It delle aziende. In Francia, Germania e Stati Uniti sono numerosi i casi di aggiornamento dei servizi o dei modelli procedurali delle Pa, che in questo modo spingono il mercato all’adeguamento. In Italia, invece, la Pubblica amministrazione svolge raramente questo ruolo di traino, lasciando alle imprese la sensazione che l’It sia più un costo che un investimento indispensabile per poter lavorare».


Le sfide dei Cio


In base ai risultati dello studio, cinque sono le maggiori preoccupazioni dei responsabili It italiani: l’incremento dei livelli di servizio al business, la sicurezza, il consolidamento dell’infrastruttura, la dimostrazione del valore dell’It al business e l’ottimizzazione d’uso degli asset esistenti.


«Premesso – ha continuato Bresciani – che le differenze registrate tra le varie industry sono tali da indurre a studi di settore più approfonditi, la necessità di incrementare i livelli di servizio al business sembra attraversare il mercato in modo assolutamente trasversale, anche se si rileva con più evidenza all’interno del settore finance».


Da tempo i Cio sono chiamati a dimostrare al business il valore delle infrastrutture che governano, inducendoli spesso a offrire soluzioni in grado di gettare ponti tra queste due dimensioni aziendali. In molti casi, però, il contributo tecnologico è solo accessorio. Un vero ponte tra It e business richiederebbe soprattutto un maggiore dialogo e un più stretto allineamento tra It e corporate governance.


«Garantire il livello di servizio verso il business – ha sottolineato il responsabile – è un processo basato su due componenti. La prima impone che l’It abbia un’organizzazione e degli strumenti in grado di misurare le proprie azioni per poter intervenire in maniera flessibile. L’altra, che riguarda chi gestisce la parte di operation, richiede, invece, l’implementazione di soluzioni che permettano di valutare l’impatto delle proprie azioni sul business. Mi riferisco all’area del Business service management, un segmento ancora emergente in Italia, dove, invece, si preferisce parlare ancora di asset management e It service management».


In base alle risposte, infatti, il 28% delle aziende dispone di tool di Asset management e il 21% di soluzioni di Itsm, mentre solo il 12% ha già implementato strumenti di Bsm. «Da noi – ha continuato Bresciani – la spesa It è ancora percepita come un costo e non come leva di business, una mancanza di consapevolezza riconducibile a un’economia prevalentemente basata su piccole e medie imprese. Per poter essere analizzato, comunque, il dato deve essere articolato sulle diverse industry: nelle grandi banche e nelle telco, per esempio, c’è maggior coscienza della necessità di questi strumenti per elevare i livelli di servizio al business, mentre nelle aziende medio-grandi, ancora caratterizzate da un capitalismo di tipo familiare, dipende da quanto è illuminato il titolare».


Sicurezza e Soa


Tra le tante sfide che il responsabile It si trova a dover fronteggiare, le minacce alla sicurezza e la protezione dei dati continuano a confermarsi al vertice delle preoccupazioni aziendali. Il 58% degli intervistati riferisce che gli attacchi stanno diventando più frequenti e più sofisticati, identificando i maggiori pericoli soprattutto nello spamming, nelle intrusioni esterne e nelle attività di hacking.


A fronte di queste preoccupazioni, il 55% dei rispondenti dichiara di essersi già mosso sul fronte della protezione dei dati critici, mentre il 45% sostiene di essere ancora espugnabile.


«In linea generale – ha sottolineato Bresciani – ci sono componenti implementate in tutte le aziende, come la gestione della sicurezza perimetrale, l’aggiornamento degli antivirus, le patch ai sistemi informativi. Aspetti più sofisticati sono, invece, meno diffusi e d’altra parte, va considerato che il tema è complesso e non solo tecnologico. Anche in questo caso, poi, vanno sottolineate le differenze tra industry». Inutile dire che banche e assicurazioni si dimostrano i segmenti più propensi alla spesa in sicurezza, viste anche le normative cui sono chiamate ad adeguarsi. Tra i risultati dell’indagine è interessante anche notare come, a dispetto delle preoccupazioni che la sicurezza suscita in azienda e della buona percentuale di budget che assorbe, il tema non compare tra le priorità di intervento dei Cio, pur non trovandosi comunque in coda, come accade, invece, per le Soa. Una posizione che, anche nel caso della Service oriented architecture, cambia notevolmente, analizzando le risposte delle aziende da oltre 1 miliardo di euro di fatturato.


«In questo momento – ha concluso il responsabile – le architetture orientate ai servizi sono valutate soprattutto per quanto concerne l’impatto sui processi e sulle applicazioni. Le conseguenze sulle infrastrutture rappresentano, invece, un’area su cui non c’è ancora un sufficiente livello di comprensione. In questo senso, anche le Soa stanno seguendo il processo di diffusione tipico di tutte le innovazioni tecnologiche. Da parte nostra, possiamo solo dire che il Cto di Accenture preconizza per le architetture orientate ai servizi un impatto paragonabile a quello di Internet».


Le caratteristiche del campione intervistato


L’indagine Accenture/Idc è stata condotta tra marzo e aprile 2006 su oltre 780 responsabili It di tutto il mondo (Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Germania e Giappone). Alla survey l’Italia ha partecipato con 100 nominativi appartenenti a realtà con un fatturato minimo di 500 milioni di euro e per la metà con oltre 500 dipendenti. Le industry sotto cui sono state ripartite le aziende intervistate sono cinque: telco, finance, product (area manifatturiera, automotive, Gdo, sanità, travel & trasportation), Pa e risorse (energia, petrolio, distribuzione).

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