Bluetooth, il sedicente re delle microonde

Se ne parla dal 1994 e i primi dispositivi cominciano a fare capolino tra l’entusiasmo e lo scetticismo che accompagnano ogni nuova tecnologia wireless. Promette di eliminare i cavi dalla nostra vita, ma quale sarà la sua sorte?

La separazione di ogni apparecchiatura digitale dal
vincolo imposto dai cablaggi e la riunificazione delle stesse sotto un grande
ombrello “radio” prende il nome da Harald Bluetooth, re vichingo e abile
negoziatore che unificò Danimarca e Norvegia alle soglie dell’anno mille,
portandole entrambe alla cristianità.


La sua storia era fino a poco tempo fa sconosciuta
all’esterno della Scandinavia e il monumento a lui dedicato nasce solo in tempi
recenti per opera di Ericsson; che lo ha eretto alla soglia della sua divisione
Mobile Communication, centro nevralgico di tutti gli sviluppi wireless della
Scandinavia. Questo ci dà una misura di quanto questo progetto nasca dalla
volontà del colosso svedese di “convertire” tutto il mondo tecnologico
civilizzato alla propria visione, così come l’antico sovrano fece con i
Vichinghi.


La tecnologia prima del
mercato


Si tratta di un esercizio squisitamente
tecnologico, vale a dire il sistema è stato sviluppato in tutte le sue
specifiche e funzionalità prima che esistesse una reale richiesta del mercato.
Una genesi simile a quella dello sfortunato protocollo WAP, anch’esso nato
dall’iniziativa di Ericsson, con la collaborazione importante di Nokia e
Motorola. Nel caso di Bluetooth si aggiungono anche altri attori importanti:
3Com, Ibm, Intel, Lucent, Microsoft e migliaia di altri sostenitori più
piccoli.


Il cuore da cui il nucleo di Bluetooth si “irradia”
in Europa e negli Stati Uniti, è proprio la Mobile Communication di Ericsson. In
origine un semplice accampamento di baraccamenti provvisori dove sono stati
inventati i primi telefoni cellulari di produzione svedese, e oggi un
impressionante complesso industriale attorno al quale si riuniscono numerose
startup orientate al mercato della mobilità, e verso cui converge l’intera
attività di Lund, una ridente cittadina universitaria della Svezia meridionale,
a mezz’ora di treno da Copenaghen.


È proprio grazie alla prossimità fisica
dell’università che si è potuta creare questa “mobile valley” immersa nella
campagna, molto simile al distretto industriale a nord di Helsinki che raccoglie
software house e integratori di sistema attorno alla sede centrale di Nokia.


Lund evangelizza, Helsinki
vende


In entrambe le località si trova un impressionante
condensato di tecnologia mobile, ma parlando con la gente di questi tempi si
percepisce un approccio diametralmente diverso, espressione delle rispettive
culture e del modo in cui queste affrontano le difficoltà improvvisamente
piovute nella mecca della mobilità.


I finlandesi seguono il loro classico approccio
levantino da commercianti e stanno spingendo soluzioni che ottimizzano mercati
già ben sviluppati, come ad esempio il mondo Sms, e si guardano bene
dall’imboccare con decisione sentieri ancora poco battuti. Gli svedesi viceversa
cercano di colonizzare territori ancora inesplorati, favorendo e, a volte anche
forzando, l’affermazione di nuovi standard, proprio come nel caso di Bluetooth.


Chi avrà fortuna? Le innegabili difficoltà in cui
Ericsson versa in questi mesi, nate proprio dal mondo dei telefoni cellulari,
stanno insinuando nel colosso i primi dubbi sulla propria invincibilità.
Bluetooth è un progetto gigantesco, la cui fortuna dipende dal supporto di una
vastissima schiera di produttori, molti dei quali hanno in effetti aderito, ma
pochi dei quali hanno finora effettivamente consegnato soluzioni
funzionanti.


Per giunta, cominciano a spuntare detrattori
all’interno della stessa Scandinavia. Di recente mi è capitato di parlare con
una startup norvegese, Birdstep, che propone soluzioni di mobilità locale
perfette per un  impiego di Bluetooth. Il giudizio è stato
inequivocabile:  Bluetooth non funziona ancora. Lo hanno provato e hanno
deciso di costruire la loro intera piattaforma sulle Wlan (wireless Lan), già
ben consolidate e soprattutto disponibili ora.


La regola dei cinque
anni


A questo si aggiunge la regola ormai accettata che
ogni nuova tecnologia wireless impiega cinque anni prima di raggiungere
diffusione e massa critica interessanti. È successo per le wireless Lan, per gli
Sms, e succederà probabilmente anche per Bluetooth. Ricordiamoci infine che
soluzioni di wireless radio per mondo dei computer già esistono per mouse e
tastiere e che il precedente standard destinato a liberarci da tutti i fili,
l’Irda, non è mai decollato, nemmeno dopo i fatidici cinque anni. Insomma, diamo
tempo al tempo e riparliamone tra un annetto. Nel mentre, chi vuole mettere alla
prova la nuova tecnologia Bluetooth può cercare sul mercato uno degli auricolari
prodotti da Ericsson o Philips. Sempre a condizione di voler spendere per
l’auricolare più di quel che costa il telefonino, o
quasi.

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