Blogosfere, quando il nanopublishing parla italiano

Nasce un network di informazione fatto da professionisti e non. Un’iniziativa di business che è anche il primo esempio di giornalismo partecipativo

A Smau si parlerà anche di citizen journalism con la presentazione (giovedì
20 ottobre, Pad. 14, sala Europa ore 17,30) del libro di Michele Mezza “Media senza mediatori” (Morlacchi editore, 14 euro) che descrive il cambiamento del mondo dei media di fronte “al processo di individualizzazione del consumo e della produzione di comunicazione”. La presentazione arriva quasi in
contemporanea con il lancio di un network italiano
di informazione on
line basato su blog professionali, monotematici, curati da esperti giornalisti,
ma anche e forse soprattutto, da persone che giornalisti non lo sono mai state.
E’ questo l’obiettivo di Blogosfere (www.blogosfere.it
) il progetto ideato da Marco Montemagno e Marco Antonio Masieri che intende dare spazio “anche ai giovani talenti che popolano la rete italiana”.



Il progetto
, che parte dall’idea di Internet come mezzo per valorizzare le competenze individuali, non prevede l’utilizzo dei blog nella versione “diario personale”, ma un network di siti gestiti da professionisti e illustri
sconosciuti che si occuperanno di hi tech, politica, attualità e altri
argomenti. Il team di Blogosfere si occuperà della parte tecnica, del marketing
e dell’aspetto commerciale del progetto, mentre gli esperti dovranno dedicarsi
solamente al loro blog. In Blogosfere, infatti, c’è
anche un obiettivo di business
. Il progetto
prevede che le entrate pubblicitarie siano divise fra il team che ha dato vita
al progetto e i singoli blogger. Un’idea che ha fatto storcere il naso a più di
una persona in rete che vede il blog come puro piacere e non come fonte di
reddito, ma che rappresenta la prima forma organizzata di giornalismo
partecipativo o nanopublishing.


Chiunque può presentare la propria candidatura presso il sito di Blogosfere che entro pochi giorni
dovrebbe mandare on line i primi blog, la punta più evidente di oltre un
centinaio di richieste arrivate nel giro di 48 ore dal lancio. L’iniziativa
rappresenta la versione italiana di progetti che hanno già riscosso un certo
successo all’estero come Weblogs che pubblica i contributi di
130 blogger ed è stato acquistato da Aol.


Accanto al nanopublishing di weblogs ci sono poi esperienze definite di
citizen journalism come  l’ormai famoso OhMyNews, un quotidiano coreano on line
scritto
soprattutto da cittadini reporter e il francese
agoravox.com. Il primo è un quotidiano on line coreano
(nel Paese l’accesso a Internet è molto diffuso) che oggi vanta anche
un’edizione cartacea settimanale al quale, secondo i dati pubblicati dal
sito www.giornalismopartecipativo.it
, ogni giorno sono inviati circa 150 storie dai cittadini-reporter pagati da due a venti dollari in base alla rilevanza dell’articolo. I lettori poi possono anche inviare delle donazioni che all’autore di una serie di “pezzo” molto critico sulla corte costituzionale
coreana hanno fruttato circa trentamila dollari Usa. Agoravox, invece, nasce in
Francia, punta a realizzare anche un’edizione in inglese, ha circa seicento
citizen reporter, oltre duemila articoli pubblicati e quasi centomila
visite mensili     


Anche il Los Angeles times, uno dei più importanti
quotidiani al mondo, ha provato la strada del citizen journalism ma ha dovuto
ripiegare in fretta sotto i colpi di una valanga di commenti corredati da foto
non proprio pubblicabili che hanno affossato il progetto. L’idea del giornalismo
di tutti non muore però con la debacle del quotidiano di Los Angeles. Secondo
Steve Outing, docente di giornalismo, rimane la strada percorrere
attraverso una serie di passaggi che vanno dall’apertura ai
commenti
fino alla presentazione dell’articolo ai
lettori prima della pubblicazione. Un’idea in parte raccolta anche dal magnate
dei media Rupert Murdoch che in un recente intervento ha
ipotizzato un maggiore coinvolgimento dei blogger nei giornali. In Italia ci
sono stati solo degli esempi spot che per il momento non hanno dato luogo a veri
esempio di citizen journalism. Nei giorni degli attentati di Londra,
Repubblica.it e Corriere.it hanno aperto le loro pagine ai contributi dei
lettori che da Londra potevano inviare notizie, testimonianze e foto.
Un’iniziativa a metà strada fra l’utilizzo della tecnologia per
reperire fonti presenti sui luoghi degli attentati e giornalismo partecipativo.

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