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Blockchain per la identità digitale dei rifugiati

Un sesto della popolazione mondiale non ha un elemento fondamentale per prendere parte a qualsiasi aspetto sociale, politico ed economico della vita quotidiana: un documento ufficiale di identificazione.

Si tratta di oltre un miliardo di persone, tra cui molti rifugiati, che non hanno così accesso a servizi sociali o sanitari, non hanno la possibilità di aprire un conto in banca o di votare e sperimentano molte altre limitazioni per diritti che normalmente consideriamo fondamentali o scontati.

L’iniziativa ID2020 è nata per affrontare questo problema attraverso un sistema di identità digitale. Ora nel suo ambito Accenture, Microsoft e Avanade hanno proposto un sistema che usa blockchain per la gestione delle identità, sfruttando la sua natura di piattaforma che protegge l’integrità delle informazioni pur consentendone il libero accesso, conservandole in maniera decentralizzata.

Il prototipo del sistema di identificazione proposto da Accenture gira su Azure, anche per potervi accedere da ovunque nel globo, ma non memorizza centralmente le informazioni legate all’identità personale (le PII, Personally Identifiable Information). Queste sono invece conservate in altri sistemi di entità pubbliche o private e vengono raccolte quando l’utente deve mostrarle esplicitamente, ad esempio a un controllo di frontiera. Per accedere alle informazioni e mostrarle alle autorità basta un’app per smartphone.

Il fatto che le informazioni siano decentralizzate in sistemi distribuiti e l’accesso sia controllato dalla singola persona è una componente fondamentale del progetto. La gran parte delle persone prive di identificazione lo sono perché fuggono da regimi autoritari o sono rifugiati, quindi il rischio di un controllo unico – anche non voluto – sulle informazioni di certificazione delle identità andava evitato.

Il sistema basato su blockchain può essere collegato con un’altra soluzione di Accenture destinata all’identificazione personale. È la Unique Identity Service Platform, che gestisce le informazioni di identificazione biometrica e viene usata dall’Alto Commissario ONU per i Rifugiati per creare rapidamente una “identità digitale”. Sinora circa 1,3 milioni di rifugiati sono stati dotati di una identità digitale usando questo sistema.

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