BlackBerry, ma quanto mi cambi?

Un’indagine condotta dai ricercatori dell’università Bocconi in collaborazione con la University of Maryland analizza come e quanto i dispositivi mobili cambino l’utilizzo del tempo e la gestione delle relazioni.

Che le tecnologie mobili abbiano cambiato e stiano cambiando l’utilizzo del tempo e la gestione delle relazioni è cosa che da tempo si dice.

Si dice, tuttavia, più sulla scorta di percezioni e di un forse un po’ confuso sentire che registra una sorta di cancellazione dell’alterità tra lo spazio e il tempo lavorativo e lo spazio e il tempo dedicati alla vita privata.

In quale misura e con quali modalità ciò avvenga è forse un po’ più vago.

A dare una connotazione dimensionale al fenomeno, ci hanno pensato alcuni ricercatori dell’Istituto di Organizzazione e di Sistemi informativi dell’Università Bocconi, in collaborazione con altri ricercatori della University of Maryland.

Il gruppo di lavoro ha tenuto sotto osservazione per un anno un panel di 350 utilizzatori di tecnologie mobili (nel caso specifico si è trattato di terminali BlackBerry) , tutti studenti MBA, di età compresa tra i 25 ei 35 anni, con circa 4 anni di esperienza lavorativa al loro attivo.

A dodici mesi di distanza (lo studio è tuttora in corso), il 52% degli interpellati ha dichiarato che l’utilizzo di un terminale mobile come il BlackBerry ha modificato le modalità di gestione del loro lavoro, mentre è leggermente superiore la percentuale di chi ritiene di aver modificato le modalità di gestione delle proprie relazioni sociali (54,9%).

Gli utenti, nell’insieme, dichiarano di sentirsi sempre “on call” e c’è un buon 87% di rispondenti che dichiara di aver verificato un aumento della produttività, soprattutto per quanto riguarda le attività di coordinamento con i colleghi e con i gruppi di lavoro e per quanto attiene i recuperi di efficienza.

Si parla di “porosità” degli spazi/tempi, nei quali attività lavorative e personali finiscono per fondersi: una condizione ideale, quando si parla di project management, anche se la ricerca dell’equilibrio tra i due poli non è esercizio semplice. Constatazione, quest’ultima, che sorge spontanea quando tra i dati presentati si legge che il 25% degli interpellati consulta oltre 20 al giorno l’email sul proprio BlackBerry.

Non a caso, si evoca anche la cosiddetta “attention disorder syndrome”. “Le decisioni importanti – spiega Massimo Magni, ricercatore dell’Università Bocconi – richiedono più attenzione e, se vogliamo,anche la capacità di spegnere la tecnologia. L’operare sempre in una condizione multitasking genera la sensazione di essere sempre in arretrato rispetto alle cose da fare. Inevitabile, in questo contesto, che scatti uno stato di ansia, con conseguente minore capacità di prendere decisioni importanti”.

Interessante è anche il tipo di relazione che si ingenera tra l’utente e il dispositivo. Non si parla in alcun modo di utenti passivi, anzi, tra i dati si scopre che il 69% degli intervistati trova divertente interagire con la tecnologia. Questo significa, tradotto in termini concreti, un atteggiamento esplorativo che permette non solo di scoprire nuove funzionalità integrate nel dispositivo, ma anche di integrarle nei propri processi operativi.

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