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BeeScanning: machine learning per difendere le api dai parassiti

Il machine learning e le reti neurali come strumenti per difendere le api dall’attacco dell’acaro Varroa, un parassita che colpisce gli alveari di tutto il mondo. È il progetto denominato BeeScanning di un apicoltore svedese, Bjorn Lagerman, che ha avuto l’idea di utilizzare uno strumento ormai in mano a chiunque (lo smartphone) come base tecnologica per valutare la presenza dell’acaro nelle colonie di api.

Il problema principale nella difesa contro l’acaro Varroa è scoprire subito la sua presenza nelle colonie. Non è un compito facile perché il parassita è piccolo e non è sempre evidente sul corpo delle api che ha raggiunto. A Lagerman è capitato di scoprire il Varroa in alcune foto che aveva scattato delle sue api e da questo evento personale ha pensato di “generalizzare” il rilevamento delle infestazioni scattando fotografie delle colonie.

Esaminare fotografie alla ricerca di dettagli specifici è un compito ideale per il machine learning, così Lagerman ha raccolto un gruppo di esperti che avevano già lavorato a sistemi per l’identificazione di dettagli specifici nelle immagini e nei video (loghi di aziende, in particolare) e ha fatto partire il progetto BeeScanning.

beescan2BeeScanning prevede che un apicoltore scatti diverse immagini delle sue colonie di api usando un’app specifica. Questa app sottopone le immagini a un algoritmo di machine learning che è in grado di identificare l’acaro Varroa direttamente o attraverso alcuni segnali specifici della sua presenza. Se il sistema ritiene che una infestazione sia in atto, avvisa l’apicoltore che può poi provvedere a un intervento immediato. Il processo è molto più veloce e accurato, secondo Lagerman, dell’analisi visiva diretta di centinaia di api in movimento.

Il progetto BeeScanning è nella sua primissima fase, quella fondamentale di addestramento dell’algoritmo di machine learning che deve “imparare” a riconoscere la presenza dell’acaro. Per questo il progetto è approdato su Kickstarter: serve un primo blocco di fondi (circa cinquemila euro) per raccogliere sufficienti immagini da dare in pasto alle reti neurali del sistema. La fase successiva di sviluppo è molto più onerosa (circa 320 mila euro) ma, secondo Lagerman, dovrebbe essere facilitata dall’accesso a fondi europei e dal contributo di aziende private.

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