Bea, Ibm & Co. al lavoro sugli standard Java

Le specifiche J2Ee 1.4 cambiano il quadro di riferimento in campo Web service. Tanto che si parla sempre più di integrazione.

26 novembre 2003

Bea e Ibm stanno lavorando insieme per sviluppare specifiche che sappiano garantire la portabilità del software Java fra i rispettivi application server, WebLogic e WebSphere. In una parola, questo significa integrazione.


Le specifiche in oggetto fanno riferimento a un modello comune di sviluppo Java (Service Data Objects), a un gestore del lavoro (Work Manager for Application Server) e a uno schedulatore (Timer for Application Server).


Il lavoro in essere è pubblicato, tramite un white paper, raggiungibile presso i siti Web di entrambe le società.


Si può tranquillamente afffermare che l’aire all’incontro “a Teano” dei due big degli application server è venuto dall’avvenuta ratifica delle specifiche J2Ee 1.4, che ha funzionato da stura per tutto il mercato delle applicazioni Java enterprise.


Non per nulla le specifiche in elaborazione sono state sottoposte congiuntamente da Bea e Ibm al Java Community Process (Jcp) per la ratifica in qualità di Api J2Ee.


Se l’approvazione arriverà (ma non esistono molti dubbi in proposito) l’implementazione delle specifiche produrrà un migliore livello di integrazione fra gli application server J2Ee presenti sul mercato. Ovvero, consentirà attività di Eai più immediate e, soprattutto, economiche.


Le attuali specifiche in vigore, infatti, provvedono a creare uno strato base di funzionalità, sul quale parecchi vendor installano Api addizionali oppure incorporano funzioni proprietarie per migliorare alcuni aspetti operativi dell’application server, come la performance pura o la sicurezza.


Se i tre gruppi di Api proposti da Bea e Ibm saranno ratificati, ciò significherà, per induzione, che anche lo strato base di J2Ee comprenderà maggiori funzioni standardizzate.


Parallelamente a ciò, esiste il problema dello sviluppo puro per J2Ee. Anche qui i due big stanno orientandosi alla semplificazione, con nel mirino un framework che sappia contestualizzare nell’ambito di influenza degli J2Ee Ejb (Enterprise Java Beans) la creazione di Web service.


Allo scopo, Bea, stavolta con Sun, sta cercando di persuadere vendor di tool di sviluppo, come Borland per costruire un framework capace di supportare tutti gli Ide (ambienti di sviluppo) allo stesso modo.


E non è la prima volta che, sul mercato, accade ciò. “Colpa” di J2Ee 1.4, evidentemente, se si torna sull’argomento.


Anche perché esiste già un progetto, Eclipse, che affronta il tema, però partendo da un ambito opensource. E non a caso Ibm ne supporta le attività, non solo per quanto riguarda Java, ma anche per C e C++.


Quel che di nuovo c’è, rispetto al passato, ha una sigla, Jsr 198 e un firmatario: Oracle. La “regina del database”, infatti, da poco meno di un mese ha presentato al Java Community Process un’Api Java per l’interoperabilità fra ambiti applicativi Eclipse e non-Eclipse. Tradotto in pratica, prendendo Oracle come esempio, l’Api proposta significherebbe che se uno sviluppatore non utilizza l’ambiente di Oracle, Jdeveloper, avrebbe comunque la garanzia che il proprio Ide interpreterebbe perfettamente il runtime Oracle. Mica poco. E, infatti, Sun ha subito appoggiato Jsr 198.


Sono tutti samaritani? Niente affatto: solo vendor che capiscono quanto l’interoperabilità, e prima ancora lo standard, possa fare di buono per il mercato It.

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