Avvicinare l’It alle linee di business

Il lavoro in team è la chiave per allineare l’informatica con le unità operative. L’esperienza degli executive italiani.

Governance, leve strategiche, criticità, rapporti tra divisioni aziendali. Questi i temi su cui si sono espressi circa quaranta Cio, interpellati tramite survey, incontri, workshop e interviste dalla School of management del Politecnico di Milano, che ha studiato il governo delle decisioni per allineare Ict e strategie come insieme di relazioni con le linee di business e con quelle di staff.

Ne è emerso un quadro di unit che tendono all’autonomia, capaci di creare meccanismi di difesa e barriere alla comunicazione. L’optimum sarebbe, però, farle convergere verso una dimensione comune. Ed è proprio l’Information technology, secondo gli analisti del Politecnico, che dovrebbe incaricarsi di individuare il giusto mix tra obiettivi a livello di organizzazione e ruoli, tra processi, regole e strumenti (per lavorare sulla continuità in un periodo di costante cambiamento), persone e competenze.

Il giunto cardanico dell’It
L’Ict, quindi, deve avere chiaro che il suo compito è quello di sapere interpretare le esigenze dell’azienda e adattarsi velocemente al ruolo richiesto.
Il compromesso tra un’Information technology trasversale e una che si adatta alla struttura delle unit è individuato dal Politecnico nel costante movimento del pendolo, che gestisce opportunamente le leve disponibili che cambiano nel tempo. Una metafora che pone da un lato integrazione e differenza e dall’altro codifica e adattamento, in un alternarsi di momenti.

Per gli analisti della School of management può essere esplicativo riferirsi all’immagine del giunto cardanico, meccanismo complesso che, però, funziona e rende coerenti sistemi disallineati che tendono a oscillare differentemente.

Il paragone con questi sistemi fisici e meccanici è stato utilizzato anche da alcuni rappresentanti delle linee di business, che hanno animato la quarta edizione di Top Circle (comunità di manager dell’Ict italiana promossa congiuntamente da Hp e dalla School of management del Politecnico di Milano). Un’occasione per mettere a confronto i risultati dell’analisi con il vissuto quotidiano delle diverse linee di business, mettendo, proprio, in evidenza il punto di vista di alcune figure che in azienda interagiscono con l’It e i suoi uomini, pur occupandosi di aree diverse.

L’esperienza dei manager
Vincenzo Giannelli, Chief financial officer di Fiat Powertrain Technologies, in particolare, si definisce “giunto cardanico vivente”, esempio concreto di job rotation (che dalle analisi di Top Circle è risultato essere un aspetto molto richiesto) per essere passato dall’area finance ai sistemi informativi, salvo poi ritornare all’antico amore. «La relazione tra Ict e linee di business è univoca, nel senso che è la prima a doversi muovere, mentre con quelle di staff il legame è più intimo e biunivoco». Sicuramente un caso particolare il suo, ma che, per stessa ammissione di Giannelli, rende il dialogo più semplice. Una sorta di early involvement, approccio in Italia ancora poco praticato, per migliorare comunicazione e flessibilità.

E proprio su questo tema ha posto l’accento Francesco Festa, senior vice president purchasing & supply management di Alitalia: «Per creare valore aggiunto e abbinare qualità a giusto costo, il coinvolgimento iniziale dell’Ict nei progetti dovrà affermarsi sempre più. La metamorfosi del rapporto tra business e tecnologia dovrà fare leva anche su job rotation e team working. La cultura va condivisa e i muri abbattuti» è l’augurio di Festa, che ha commentato anche la figura del demand manager, «superman che riesce a disaccoppiare le esigenze infrastrutturali e di costi, ad esempio, con quelle di servizio e flessibilità».

Un ruolo che, però, per l’Ict potrebbe rappresentare un’arma a doppio taglio. Il rischio è, infatti, che questa figura di stampo tecnico, incaricata di cogliere al meglio le esigenze delle unit e riportarle alla direzione Ict, perda credibilità se non messa in grado di promettere e mantenere, gestire i progetti e presidiare la continuità. Ma l’allerta della School of management del Politecnico si spinge oltre, mettendo in guardia sulla possibilità che il demand manager diventi il vero intelocutore del business, rovinando l’equilibrio e sorpassando in velocità il Cio, che tanto sta facendo per affermare la propria importanza.

Di demand management ha parlato anche Guido Gusella, Chief claims officer di Zurich, che ha messo l’accento su come figure di questo tipo debbano essere poche ma valide e su come la job rotation rappresenti un’ottima palestra per migliorare i processi. Alla stessa stregua,

Gusella ha riconosciuto la necessità di un maggior coinvolgimento del business nei confronti dell’It, anche per definire le corrette priorità d’intervento. «La nostra azienda, che crede nelle decisioni collegiali, ha investito parecchio per creare nelle aree più prettamente strategiche quelle competenze che permettono una migliore comunicazione con l’It».

Un’esperienza simile a quella raccontata da Ilario Bulgheroni, responsabile supply network planning centrale di Ferrero, che ha raccontato della crescita vissuta negli ultimi anni dalla funzione logistica anche grazie alla partnership con l’Ict. «La sua trasversalità e il team working hanno concorso a rendere possibile la condivisione di obiettivi e vincoli e a creare una visione comune sui processi».

Ha invocato il team working anche Luciano Albanese, responsabile partner & alliances di Telecom Italia, sottolineando come sia necessario trasformarlo da teorico a pratico e coinvolgere l’It (che considera la colonna sonora del film aziendale) nelle operazioni di field direttamente dalle prime battute dei progetti. Al contempo, il demand manager deve conoscere perfettamente l’area in cui è inserito, far capire le esigenze del mercato in modo diretto e non rischiare di sbagliare le traduzioni.

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