Attuare una conservazione dei dati più oculata

Sistemi di storage su disco più convenienti e software di virtualizzazione rendono più abbordabili le strategie di disaster recovery. La visione di Andrea Navalesi, amministratore di Sinergy

A parte il solito discorso della crisi che ha ridotto i budget delle aziende, in questo momento la cosa importante da notare nel settore dello storage è che si sta manifestando una maggior richiesta di flessibilità nelle soluzioni, sia in termini di prodotti, sia di servizi. E il 2010 potrebbe aprirsi come l’anno in cui le organizzazioni cominceranno a razionalizzare davvero la gestione dei propri dati, concentrandoli e gestendoli un po’ meglio, dato che ora i presupposti tecnologici ed economici per farlo ci sono tutti. Così si esprime sul tema Andrea Navalesi, amministratore di Sinergy, system integrator con competenze nel network enterprise storage (San, Nas, iScsi), nelle soluzioni di backup, di disaster recovery e business continuità, aggiungendo di riscontrare finalmente da parte delle aziende una discreta attenzione e un’analisi più oculata sui costi di gestione degli apparati e prodotti acquistati. Interesse, spiega, stimolato soprattutto dalla sempre maggior adozione delle tecnologie di virtualizzazione, che formano un trend in continuo sviluppo.

Si diceva delle condizioni favorevoli. Oggi sono concrete. Per le imprese adesso è possibile attuare una conservazione dei dati più razionale: «Ci sono i sistemi di backup su disco che costano finalmente di meno – afferma Navalesi – e poi anche le soluzioni per la business continuity, come i “metro cluster”, che sono più economiche. Quindi, penso che si possa iniziare veramente ad approcciare il backup e la sicurezza dei dati in maniera effettiva». E con ciò Navalesi intende che le organizzazioni ora devono cominciare a fare bene il backup e il disaster recovery, se possibile, adottando appunto le tecnologie metro cluster, soluzioni software integrate che permettono a responsabili It e amministratori di rete di eseguire in automatico il fail over, quindi la replica dei dati business critical, su un sito remoto, garantendo un elevato livello di disponibilità e ridondanza dell’infrastruttura di storage. Ma non solo. Alla sicurezza fisica dei dati deve raccordarsi anche quella logica. «Nel campo della security, certamente i sistemi di data loss prevention, cioè quei software che consentono di controllare chi fa uso dei dati, saranno un tema molto in voga quest’anno e sempre più legato allo storage, per poter assicurare una completa protezione delle informazioni».

Sistemi unificati e multi servizio

Fra le tecnologie emergenti vi sono sempre più le soluzioni che consentono di fornire flessibilità allo storage, sia tramite la virtualizzazione delle risorse, sia attraverso sistemi unificati di memorizzazione in grado di gestire servizi e applicazioni differenti. I sistemi di backup su disco sono poi sempre più richiesti, data la continua crescita del volume dei dati.

In particolare i disk array di ultima generazione sono anche in grado di eseguire algoritmi di deduplicazione che rendono possibile eliminare le informazioni raddoppiate.

«La deduplicazione – dice Navalesi – è una tecnologia che sta andando forte non solo nelle operazioni di backup secondario, ma anche per lo storage primario, realizzato su disco, nell’ambito dei file server». Resta poi sempre il backup su nastro, anche se oggi si tende a limitarne l’uso, utilizzandolo soprattutto per le operazioni di conservazione dei dati nel lungo periodo.

Ma parlando di servizi, quale eco stanno avendo le architetture di cloud storage?

A parte qualche rara richiesta di disaster recovery in outsourcing, che non costituisce di per sé una novità, Navalesi risponde di non riscontrare ancora per il modello cloud, inteso come Storage as a service, un chiaro impatto in questo settore. E ciò considerando anche la specifica natura dell’applicazione, che la rende difficile da implementare in ambienti It, in cui le organizzazioni si dimostrano ancora riluttanti nel collocare i propri dati fuori dai confini aziedali.

Il discorso, naturalmente, cambia quando si parla di private cloud.

Su un altro versante, quella che invece esiste è la richiesta da parte delle aziende di un utilizzo in outsourcing di servizi esterni in altri settori. Può trattarsi, ad esempio, dei servizi di antispam o di url filtering che Sinergy sta fornendo ad alcuni suoi utenti.

Questione di business impact

Ragionare per settori verticali di mercato e dire che un’area come il mondo finance risulta più sensibile alla conservazione e salvaguardia dei dati sarebbe abbastanza banale. Il vero dato di fondo, secondo Navalesi, è che in generale, per motivazioni economiche e di cultura It, in questo momento in Italia le varie organizzazioni non possiedono ancora una chiara percezione dell’entità dei rischi derivanti da una mancata politica di protezione e securizzazione delle informazioni.

Quando gli investimenti in storage si fanno, specie nelle medie aziende italiane, si tende poi a preferire approcci politicamente corretti che non aiutano a risolvere il problema: ci si limita, soprattutto, a raccomandare l’acquisto di soluzioni di backup dei dati, magari senza poi verificare se le applicazioni adottate consentano effettivamente di eseguire il restore di quelle informazioni. Senza la capacità di ripristino dei dati, le operazioni di backup risultano però vanificate. Ma perché le strategie di backup talvolta non sono vere strategie? «Ciò dipende da un problema di sensibilità del management aziendale che, ripeto, non ha ancora una chiara visione del business impact di certi eventi disastrosi nell’ambito It» sottolinea il nostro interlocutore. Di conseguenza, strategie come il disaster recovery, conclude Navalesi, restano ancora appannaggio di un numero limitato di aziende.

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