At&T ‘rinuncia’ ad altri 3.500 dipendenti

Il colosso statunitense ha annunciato l’intenzione di licenziare un ulteriore 5% della propria intera forza lavoro e di svalutare una serie di asset non più core

7 gennaio 2003 Si apre con 3.500 posti di lavoro in meno il nuovo anno di At&T. Il colosso della telefonia statunitense ha, infatti, reso nota l’intenzione di ridurre del 5% la propria intera forza lavoro, già messa a dura prova negli ultimi due anni dopo oltre 10mila licenziamenti. Lo scopo è quello di recuperare costi per 1,5 miliardi di dollari, obiettivo che dovrebbe essere raggiunto anche grazie alla decisione di svalutare alcuni asset per l’accesso a Internet veloce detenuti dalla società in America Latina. Decisione in linea con una crisi che continua a permeare il mercato delle Tlc e che, negli ultimi mesi, è andata riacutizzandosi visto il calo della domanda registrato nel segmento corporate, fetta preponderante del business di At&T. Basti pensare che lo scorso terzo trimestre dell’esercizio fiscale 2002 si è chiuso per il colosso statunitense con un fatturato in calo dell’8,3%, che ha toccato quota 12 miliardi di dollari. E ora, secondo gli analisti di Thomson First Call, le previsioni per l’ultimo quarter in corso parlano di vendite in picchiata che non dovrebbero superare i 9,2 miliardi, mentre sono 66 i centesimi di guadagno attesi per azione. Intanto, la stessa At&T ha reso nota l’intenzione di espandere la partnership stretta con Covad Communications Group per fornire servizi Dsl (Digital Subscriber Line) ai propri clienti, andando via via svalutando i propri asset acquistati nel 2001 dall’allora caduta in disgrazia Northpoint Communications.

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